Il pensiero ha bisogno di amici

Di Dante Balbo

Giacomo B. Contri, protagonista della serie video THINK realizzata da Caritas Ticino, disponibile su Youtube, presenta la sua Società Amici del Pensiero

Esiste una “società”, una realtà giuridica, con una sua legge, che Giacomo Contri, il suo promotore, raccoglitore ha chia­mato Società amici del Pensiero.

Lo studioso, che affronta la psico­analisi come il caso particolare e privilegiato di una legge universale che chiama “il pensiero di natu­ra”, afferma che, da che mondo è mondo, ogni atto umano rientra nella categoria o di amicizia del pensiero, o di indifferenza, o, infi­ne, di ostilità ad esso.

Ma che cosa è il pensiero, come lo si può definire?

Purtroppo, nel corso della storia, gli amici del pensiero sono stati pochi, nemmeno i filosofi, che per definizione, sono “amanti della sa­pienza”, come suggerirebbe il loro nome, hanno compreso la radice di questa attività umana. Il colpe­vole, se uno ce n’è stato, è Plato­ne, l’iniziatore di un pensiero che si è infiltrato nella cultura occidentale e l’ha ammalata, spiegando il pen­siero come il tentativo di compren­dere il rapporto fra i nomi e le cose da essi rappresentate.

Se il problema è di etichette, allora è giustificato il relativismo contem­poraneo, cioè la verità è soggetti­va, perché dipende dal nome che io darò a una certa cosa.

Per Giacomo Contri e per Freud pri­ma di lui, il pensiero invece è relativo alle azioni e al giudizio su di esse.

Il linguaggio cioè non è necessario che si arrovelli sulla definizione delle cose, ma può manifestare un giudi­zio sulle azioni. In altre parole riguar­da i rapporti fra le persone, la grati­tudine o l’accusa in caso di danno

Questo ha una prima conseguen­za importante: il pensiero non è una questione di studi o di scuo­le. Questa competenza, se non è limitata dalla nostra malattia, ce l’abbiamo tutti.

Pensare in termini di azioni e non di definizioni rimette a posto il con­cetto di verità, perché permette un giudizio su ciò che io faccio o che gli altri fanno a me.

Mi viene in mente, a proposito di quanto dice Giacomo Contri, come questo sia traducibile nel di­battito quotidiano.

Penso ad esempio alla discussio­ne sul concetto di interruzione vo­lontaria di gravidanza, che alcuni si ostinano a chiamare aborto. In una visione platonica, il problema è mettersi d’accordo sulla defini­zione di bambino, quando comin­cia, quando finisce, quanto sia bambino un embrione e così via.

In una concezione del pensiero come giudizio sulle azioni, ogni interruzione volontaria di gravi­danza, appunto, interrompe una cosa iniziata, decide che non avrà termine un processo che avrebbe condotto ad una nuova vita e que­sto è un danno per la vita interrot­ta innanzitutto, che non ha nessun potere di impedirlo, ma anche nei confronti della società intera, che da questa vita interrotta non potrà aver alcun beneficio.

A Giacomo Contri non piace mol­to il concetto di espressione del pensiero, preferisce il verbo nutri­re, per parlare del pensiero, come si nutre un conto in banca, cioè attraverso tutte quelle attività pro­duttive che lo fanno crescere.

Il pensiero libero è allora quello in cui non si impedisce a nulla di es­sere iniziativa per produrre ricchez­za, prima ancora che ricchezza in denaro, ricchezza di pensiero.

E che il pensiero sia concreto lo di­mostra il principio giuridico di omici­dio, più grave se premeditato, cioè, prima ancora che l’azione concreta di uccidere, vale l’averlo pensato.

La carità allora, prima che un’azio­ne concreta è un pensiero, anzi, per Giacomo Contri, in realtà, pen­siero e carità, che poi è equivalen­te ad amore, sono sinonimi.

Purtroppo sempre più amore coin­cide con innamoramento, un feno­meno in cui non esiste né pensiero, né relazione e perdersi negli occhi dell’altro o dell’altra, di fatto descrive correttamente proprio questa assen­za, cioè dell’altro-a e dei suoi occhi non ci interessa proprio niente.

Quella che Giacomo Contri promuo­ve, lancia sul mercato, è una Società, cioè uno spazio di cooperazione in cui si ritrovino coloro che si permet­tono di pensare, come dice nell’Inci­pit della sua rubrica “Think”, si fanno venire in mente qualcosa.

Dalla rivista della Caritas Ticino Caritas Insieme, aprile 2011