Maddalena
La corriera che faceva servizio fra il capoluogo e Ittiri si arrampicava con fatica evidente sui
tornanti polverosi di Fenugeda.
Il paesaggio attorno, in quel grigio novembre del ‘41, era severo: i monti glabri e nudi di
Casillones e di Pianu Marras, punteggiati solo di rade pinnette di pastori, incombevano sulla
stretta valle del Riu Minore, quasi a soffocarla. Solo qualche gregge al pascolo testimoniava la
presenza di vita.
Nella corriera, una giovane donna, poco più che adolescente, guardava con sgomento quel
paesaggio, così diverso da quello ameno della sua Gallura, sulle cui colline dolcemente ondulate,
boschi di sughero curatissimi si alternavano a vigne e frutteti.
Aveva lasciato poco prima dell’alba il suo villaggio, Nuchis, in groppa al cavallo che il
padre aveva sellato per poterla condurre a Tempio, in tempo per prendere la corriera che partendo
alle sette del mattino, dopo lunghi giri e fermate in innumerevoli paesi dell’Anglona, arrivava
nelle prime ore del pomeriggio a Sassari.
Non era stata una decisione facile quella di partire per una destinazione così lontana. Fino a
quel momento non s’era mai spostata dal suo villaggio se non per andare in non più di due - tre
occasioni a Tempio. E per questo le discussioni con suo padre erano state numerose: come poteva,
diceva il vecchio, una ragazza mai uscita di casa, senza esperienza, affrontare da sola le incognite
d’un viaggio così lungo? Ma Maddalena -così si chiamava la ragazza- aveva una ragione
inoppugnabile: da poco l’ostetrica del paese le aveva confermato quello che lei aveva già capito:
stava per diventare mamma e a tutti i costi voleva comunicarlo di persona al marito, richiamato
alle armi sin dallo scoppio della guerra, nel ‘40, e destinato a Ittiri, dov’erano accasermate due
compagnie dell’esercito.
S’era sposata infatti quattro mesi prima, in un giorno afoso d’agosto, lei diciottenne con un
trentaduenne, suo lontanissimo parente, che per il matrimonio aveva ottenuto due giorni soli di
permesso. Poi si erano dovuti lasciare. Non c’era stato manco il tempo di conoscersi, di prendere
confidenza l’un con l’altro: e infatti lei dava ancora timidamente del voi al marito. Del resto le
nozze non erano state nemmeno precedute da un vero e proprio fidanzamento. Un giorno una
comune parente era venuta dai genitori a chiedere la mano della ragazza per quel lontano cugino
Nicola, orfano di madre, che alcuni anni prima se n’era andato in Africa, inseguendo il sogno
mussoliniano di costruirsi un futuro sull’altra sponda del Mediterraneo e che adesso, come tanti
altri, ritornava deluso, richiamato agli obblighi che la guerra imponeva a tutti i giovani.
Maddalena, che come quasi tutte le ragazze del villaggio, aveva ammirato quel giovane
taciturno, schivo, capelli ed occhi chiari, dotato d’una naturale eleganza che lo distingueva fra tutti
e in cuor suo ne aveva sognato e sperato le attenzioni pur senza nulla palesare, vide compirsi il
miracolo e accettò felice la proposta di matrimonio, che fu fissato per il mese successivo,
nell’agosto del ’41.
Ora la corriera affrontava le curve di Monte Rasu, sollevando nuvole di polvere. All’interno,
non bastando i posti a sedere, s’era riempito di gente anche lo stretto corridoio. L’insieme dei
passeggeri, a parte due sole donne in costume sedute ai primi posti, era costituito da soli uomini.
Maddalena, avendo perso tempo alla ricerca della corriera giusta, quando era arrivata aveva
trovato tutti i posti occupati e perciò s’era dovuta anche lei fermare nel corridoio. Alla sua
sensibilità non era sfuggita la differenza fra la rudezza un po’goffa tutta logudorese dei suoi nuovi
compagni di viaggio e la innata signorilità tutta gallurese delle persone che abitualmente
frequentava nel suo villaggio. Questo l’aveva turbata non poco, anche perché si sentiva osservata
in maniera insistente e sfacciata, in particolare da due giovinastri, poco più che imberbi.
Maddalena era una ragazza abbastanza alta, un viso dai lineamenti dolci e regolari e due grandi
occhi castani molto espressivi. La grande timidezza e gli scarsi rapporti al di fuori del suo
ambiente la facevano spesso arrossire o chinare la testa quasi per nascondersi. Tuttavia quel
giorno non le impedirono di reagire con un visibile sussulto ad un urto intenzionale dei due
giovinastri. Il gesto dei giovinastri e della ragazza fu notato da un uomo dall’apparente età di
quarant’anni, un mugnaio, che a differenza di tutti gli altri che avevano in testa la classica ciccìa,
indossava un cappello moderno e che sino a quel momento era rimasto in silenzio, assorto nei suoi
pensieri. L’uomo scattò in piedi e con indignazione apostrofò con parole dure i due giovinastri che
non osarono rispondere.
Quindi offrì il suo posto alla giovane donna che imbarazzatissima per quanto succedeva,
dopo aver rifiutato un paio di volte, finì per accettare.
Fu perciò naturale per Maddalena rivolgersi al suo salvatore poco prima che arrivassero in
paese per chiedere se c’era la possibilità di trovare un albergo per trascorrere la notte. L’uomo
rispose che a Ittiri questa possibilità non c’era, ma che una sua sorella aveva una casa in grado di
ospitarla.
Fu così che Maddalena, con Nicola che l’aspettava all’arrivo della corriera, si avviò con
l’uomo verso la casa che l’avrebbe ospitata.
Era quest’ultima alla periferia del paese, in una strada che si restringeva per diventare subito
viottolo nell’aperta campagna .
Era la casa tipica dei contadini appena agiati. Una casa che riservava l’ampia sala d’ingresso
anche a magazzino per le derrate e il cui cuore era rappresentato dalla grande cucina,un ambiente
piuttosto vasto, dove erano sistemati i fornelli in muratura, il forno del pane, una vasca per lavare
e un grande caminetto.Un lungo tavolo in semplice abete, sa mesa, serviva sia per la
consumazione dei pasti, sia per preparare il pane, sia come scrivania per i ragazzi che
frequentavano la scuola. Dal soffitto in legno pendevano per buona parte dei mesi freddi, salsicce
e pancetta, nonché grappoli d’uva.Era l’unico ambiente caldo della casa e fungeva, oltre che da
cucina e da luogo di lavoro per la padrona di casa e di studio per i ragazzi, anche da soggiorno.
C’erano poi due stanze da letto e una stanza destinata ad accogliere gli ospiti, dov’erano sistemati
i mobili di maggior pregio e su due appositi piedistalli la statua del Cristo e quella della Madonna.
Alle pareti di tutte le stanze , una grande quantità di quadri devozionali.
Fu in questa casa che venne accompagnata Maddalena, assieme a Nicola, il marito.
La sorella del mugnaio, Margherita, una placida donna di 45 anni, non alta e piuttosto
rotondetta, dai lineamenti fini, gli occhi di un insolito verde dai quali traspariva una controllata
curiosità, un perenne sorriso malinconico sulle labbra che ne faceva intuire la bontà d’animo, i
capelli divisi a metà da una solco, sa ìa, e poi raccolti dietro la nuca in su mogno, accolse gli ospiti
con grande semplicità e disponibilità, come se li attendesse. Era stata educata dal padre, un
agricoltore intelligente e intraprendente, di proverbiale generosità, al culto dell’accoglienza.
Come se conoscesse quei giovani chissà da quanto tempo, li invitò a sedersi attorno al fuoco
del camino, nella grande cucina. Nicola affettava una certa indifferenza, ma Maddalena non
riusciva a nascondere il suo imbarazzo e si stringeva al marito, quasi a cercarne protezione. Ma
Margherita , ragguagliata dal fratello sui motivi della visita, col suo fare premuroso, la sua calda
umanità, non tardò a mettere a proprio agio anche la giovane ospite: potevano stare quanto voleva,
disse; mancava sia il marito, ch’era stato inopinatamente richiamato alle armi a 52 anni, sia il
figlio maggiore, ch’era in seminario.Con lei erano rimasti solo i tre ragazzi più piccoli: uno di 16,
che, nonostante la giovane età, aveva dovuto sostituire il padre nel lavoro dei campi, uno di 13 e
l’altro di appena sette anni. C’era quindi posto in casa, gli ospiti potevano stare nella camera
matrimoniale. Lei poteva benissimo sistemarsi sull’ottomana del salotto buono.
Intanto andava apparecchiando il tavolo con quanto aveva preparato per la famiglia ed
aggiungendovi delle olive e delle uova.
Finita la cena, i due sposini andarono a riposare nella camera matrimoniale.
Nicola aveva infatti ottenuto il permesso di trascorrere fuori della caserma quella notte.
Dopo tanti mesi di separazione, ritrovarono finalmente la loro intimità, anche se per quella sola
notte.
L’indomani, di buon mattino, Nicola lasciò la giovane sposa e raggiunse la caserma dov’era
sistemata la sua Compagnia. Maddalena, rimasta sola, fu presa dallo sconforto. Mancava appena
due giorni dalla casa materna (dov’era rimasta anche dopo il matrimonio, dato che s’era sposata
quando Nicola era già militare) e già ne sentiva la nostalgia. Avvertiva acuta la mancanza di quella
grande cucina gallurese, col grande camino in granito , nel quale il fuoco ardeva sin dagli inizi di
ottobre, data l’altitudine del luogo, piena della presenza dei suoi genitori e delle sue tre sorelle; di
quel villaggio piccolo dove tutti ci si conosceva e che lei non aveva mai lasciato.Per far tacere la
nostalgia si mise a riassettare alacremente la camera e poi scese al pianterreno, nella grande cucina
dov’era già Margherita coi due ragazzi più piccoli.
Questi ultimi, che non l’avevano potuta vedere la sera precedente perché erano già a letto, se
ne rimasero accanto al fuoco, intimiditi dalla nuova presenza.
Maddalena si avvicinò a loro: constatare la timidezza dei ragazzi, le consentiva di alleviare il
morso della propria.………..
Erano passati già tre mesi da quella sera di novembre in cui aveva messo piede in quella
casa. Ai due giorni previsti, dietro insistenza di Margherita, se n’erano aggiunti altri 5; e poi altri
ancora. Margherita, infatti, s’era subito affezionata a quella ragazza che aveva l’età esatta del suo
figlio seminarista e che veniva a colmare il bisogno acutamente sentito d’una figlia femmina che il
destino non le aveva concesso. E Maddalena corrispondeva perfettamente all’identikit di figlia che
s’era formata nella mente: semplice, disponibile, riservata, ricambiava l’affetto e le premure di cui
era oggetto e si era subito inserita nel clima di calore umano avvolgente, ma discreto e privo di
invadenze che Margherita aveva saputo creare nella casa. Perciò, dopo aver consultato Nicola, al
quale non era parsa vera la possibilità di avere la moglie vicina più di quanto avesse mai sperato,
approfittò del breve permesso ottenuto da un compaesano e commilitone del marito che rientrava
nel suo villaggio per farsi recapitare dei capi d’abbigliamento che non erano stati previsti alla
partenza.
A Natale era rientrato con un permesso di due giorni Pietro, il marito di Margherita.
Quel Natale del ‘41 lo festeggiarono così tutti assieme perché anche Nicola aveva avuto il
permesso di allontanarsi dalla caserma sia per la vigilia e sia per il giorno della festa. Andarono
tutti ad assistere alla mezza di mezzanotte nella chiesa dei frati francescani e poi l’indomani si
riunirono attorno al tavolo imbandito con l’agnello arrosto e il vino buono di Baddigios. Dopo
pranzo i ragazzi assistettero ad una scena che poi ricordarono a lungo: Nicola aveva insistito
perché Pietro accettasse una sigaretta: Pietro, che non era fumatore, l’accettò per cortesia verso
l’ospite, ma, non sapendo fumare, con le sue aspirate maldestre destò l’ilarità dei ragazzi che, ad
un certo punto videro la sigaretta, di cui Pietro s’era dimenticato, bruciargli le dita.
Oltre che a Margherita, Maddalena s’era legata profondamente ai due ragazzi, nei quali
trovava soddisfazione il desiderio di fratelli mai avuti e i ragazzi in analogo desiderio d’una
sorella. In particolare s’era affezionata al più piccolo, che nascondeva la sua timidezza con una
ostentata turbolenza che lo portava, spesso, ad essere coinvolto in zuffe con i compagni di gioco.
Maddalena ne aveva intuito la fragilità e sensibilità e per questo, le non rare volte in cui
bisticciava col fratello prendeva le sue parti. Con lui chiacchierava come se si trovasse con un
coetaneo. Con lui usciva spesso nel pomeriggio invernale inoltrandosi nel sentiero che portava
nell’aperta campagna. Raccoglievano finocchietti selvatici, scherzavano. Non di rado si recavano
nel vicino Montesile, il colle che sovrastava il paese, e qualche volta ne raggiungevano la non
eccelsa vetta dalla quale il bambino indicava alla giovane donna i punti più importanti di Ittiri: le
quattro chiese, le scuole,l’asilo, la caserma dov’era alloggiato Nicola, il municipio.
Una volta il piccolo la condusse sino alle fonti di Casavece, dov’erano sistemati i lavatoi. E
in un pomeriggio di sole la accompagnò sino a Sa Cariasa, una sorgente che sgorgava dalla viva
roccia e che era al riparo di un noce e di un fico giganteschi. Il luogo, posto ai piedi d’una balza
ricchissima di vegetazione, era d’una suggestione unica ed il bambino lo conosceva bene perché
più d’una volta vi si era recato con i compagni di giochi a cercare nidi o a raccogliere fichi o noci.
Ma vi si era recato spesso anche da solo, sopratutto d’estate, perché quella sorgente, posta così
com’era al riparo della balza e protetta dalla vegetazione, gli forniva l’ambiente ideale per le
scorribande della sua fantasia in luoghi lontani e misteriosi, popolati di fate e di gnomi. Era quello,
anche, il luogo dove s’erano visti e parlati per la prima volta i genitori: un giovane aitante, dal viso
quasi corrucciato per nascondere un’innata bontà d’animo ed una eccessiva disponibilità a cedere
al sentimento e alla commozione, s’era fermato alla sorgente per far dissetare il cavallo
all’abbeveratoio che la fonte alimentava, incontrandovi Margherita che attingeva dell’acqua per
portarsela all’oliveto, poco lontano, dove doveva raccogliere le olive.
Se non ci fosse stato il pudore e il riserbo di Margherita (l’unica che coi figli avesse una
volta accennato al fatto), sarebbe parso l’incipit zuccheroso di un romanzo rosa.
Il bambino anche quel giorno con Maddalena si sedette sulla rozza lastra di trachite rossa
che limitava il minuscolo laghetto formato dalla sorgente. In un silenzio quasi stupefatto,
interrotto solo dal lieve tonfo di qualche foglia che cadeva, il bambino e la donna stavano assorti,
quasi timorosi, l’uno vicino all’altra, quando sugli occhi di Maddalena cominciarono ad apparire
le prime lacrime, che diventarono via via sempre più copiose. Il bambino si smarrì per un attimo,
ma poi buttò le braccia al collo di quella giovane donna abbracciandola forte.
Quando il tempo non lo consentiva si stava invece a casa, attorno al camino della grande
cucina.In queste occasioni quasi sempre erano presenti la mamma e la sorella di Margherita, che
abitavano nella casa accanto e che avevano finito anche loro per affezionarsi alla giovane ospite.
Maddalena aiutava il più piccolo a fare i suoi compiti di seconda elementare e talvolta si divertiva
a mettere in imbarazzo la cultura del maggiore, che si sentiva quasi studente perché frequentava il
secondo anno d’avviamento professionale, con domande come: “Pesa di più un chilo di sale o uno
di crusca?”. “Uno di sale!”, rispondeva pronto il ragazzo, e giù un colpo di mestolo sulla zucca
accompagnato da una risata canzonatoria. Ma insegnava anche ai ragazzi e a Margherita, che
interrompeva il suo lavoro per ascoltarla, le canzoni galluresi o raccontava dei suoi luoghi, della
sua famiglia.
Il giorno della partenza, sempre rimandato per le pressioni di Margherita, alla fine arrivò.
La notte precedente nessuno andò a letto, tranne il maggiore dei fratelli che l’indomani di
buon’ora, come tutti i giorni, si sarebbe dovuto recare a lavorare in campagna. Il più piccolo dei
bambini avrebbe ricordato per tutta la vita quei fazzoletti bianchi che Margherita e Maddalena,
quasi furtivamente ma in continuazione, si passavano sugli occhi....…
Tanti anni erano passati da quel giorno!
Ora quel bambino, diventato ormai vecchio, guardava quella donna cui la morte aveva ridato
al viso la dolcezza che le sofferenze di otto lunghissimi anni di malattia avevano spesso offuscato.
Era riapparso in lui quello stesso struggente dolore che, dopo la partenza di Maddalena, per
settimane e settimane l’aveva tenuto chiuso in sé stesso, schivando ogni compagnia, rifiutandosi
decisamente di andare a scuola, trascorrendo il suo tempo disteso nel pagliaio, sulla porta del
quale aveva scritto tremante il nome della giovane alla quale s’era tanto legato: Maddalena. La
madre se n’era tanto preoccupata ch’era persino ricorsa al medico di famiglia il quale le aveva
detto che il figlio era vittima di un trauma dovuto alla separazione.
Quel dolore, rimosso da più di sessant’anni, ritornava ora davanti alla bara di quella donna,
ch’era diventata sua suocera quarant’anni prima, dopo che per quasi vent’anni non s’erano potuti
incontrare e durante i quali Maddalena, coerente pur senza bigotterie con la sua fede religiosa, con
i suoi principi, aveva dato alla luce altri sei figli, oltre a quello che attendeva quando parti da Ittiri.
Sette figli tirati su con fatiche e rinunce, date le modeste condizioni economiche, ai quali lasciava
l’esempio d’una vita vissuta con sommessa abnegazione, con umile ma dignitosa disponibilità, nel
rispetto dei valori umani che contano; sette figli che ora la piangevano muti e quel bambino di
sessant’anni prima che ripercorreva con indicibile nostalgia e un nodo nella gola i sentieri di
Montesile, quando, mano nella mano, le chiedeva: “Quando sarò grande, mi vuoi per marito?”. E
lei sorridendo rispondeva: “Ci si sposa solo una volta. E io sono già sposata. Ma chissà, forse
potrai avere una mia figlia come moglie!” O ricordava gli ultimi tempi della sofferenza, quando
per strapparle un sorriso, le diceva con voce che si sforzava di far apparire tranquilla: “Pesa più un
chilo di sale o un chilo di crusca, Maddale’?”.
Michelangelo Delogu