La Cannedu Ittiri

Tratto da: "Quel Calcio nel cuore... La Cannedu Ittiri", di Antonio Maria Masia- Editrice Democratica Sarda- 2010.

(Nota: Per motivi di spazio, non figurano le foto presenti nel testo originale dell'opera a cui rimandiamo per una lettura più completa.

Ce ne scusiamo con l'autore e con i lettori).

Antonio Maria Masia

Quel Calcio nel cuore

...la Cannedu Ittiri

Tand’ in su Padru, fatt’a su pallone,

e carignados dae ‘entu serenu,

in cor’ haimis bisos chena frenu,

e amigos fumis, tott’a cumone

……

Dedicato a Doddore Sechi, a Pino Delogu, a Giulio Cesare Mura, a Nanni Moretti , a Marcello Del Prete, a Vittorio Caria, Michele Caria, a Giommaria Orani, e ai bambini.

Diritti ceduti all’Avis di Ittiri, sezione Giommaria Carenti.

Prefazione di Costanzo Spineo.

Postfazione di Tonino Orani (Sindaco di Ittiri) e di Giovannino Manus (Presidente dell’Avis)

Prefazione

Le passioni di una vita, l’esperienza ventennale sui campi sportivi e la caparbietà: questi gli ingredienti basilari che hanno dato il via al progetto di Antonio Masia, ad una filosofia che guida il gruppo di amici e di tifosi spinti sempre dagli stessi ideali di serietà, onestà, attaccamento a Ittiri.

Ittiri, la casa di gente laboriosa e orgogliosa. La storia del calcio ittirese è il risultato di un lavoro di èquipe, in cui si condividono le conoscenze, le intuizioni, l’amore per il proprio paese. E’ forte, radicato il rapporto tra ittiresi e la squadra di calcio. Impegno, dedizione, concretezza sono fondamentali nella crescita del paese e della squadra, in una visione comune del mondo, del lavoro, dello sport.

Valori che si trovano con forza nelle mani e nella mente di un dirigente storico come Antonio Masia, sempre pronto a puntare la rotta verso i nuovi orizzonti del futuro. In questo libro, invece, si guarda indietro, “costruisce il passato” con cura maniacale, ricordando uomini, situazioni, aneddoti, soprannomi: una ricerca ben riuscita, alla quale ho accettato volentieri di aggiungere un mio contributo di giornalista amico di Ittiri.

Amicizia: ho conosciuto e frequentato Antonio a Sassari, io ero redattore capo della Nuova Sardegna, lui alla Comit di piazza d’Italia. Ci siamo “annusati” e subito piaciuti. Anche le nostre mogli, Carla e Toia, legarono all’istante.

British: un uomo…all’antica, con inculcati sani principi basati sull’onestà, sulla correttezza. Uno stile british nell’abbigliamento e nel modo di proporsi. Altro che provincialismo, quasi come chi nasce e vive a Belgrave, il quartiere snob di Londra.

Calciatore: decisamente scarso; dirigente? Ambizioso, a volte polemico, oculato. Accorto a dare la giusta visibilità alla sua attività.

Carriera: brillante, costante, ammirevole. “Un sardo tenace, capace, intelligente” mi disse un giorno a Milano un dirigente di vertice della Cariplo, poi Intesa. Stimato dai colleghi, anche da quelli da lui poco frequentati al di fuori del lavoro.

Certosino: pazienza, precisione, ricerca accurata anche nei dettagli. Sul lavoro un caterpillar.Bravo ad individuare gli obiettivi in carriera, e soprattutto a raggiungerli. Sempre come un frate certosino.

Dolore: la gravissima perdita del primo figlio Pietro. Lo incontrai ad Olbia, non riuscivo a trovare e pronunciare neppure le classiche parole di circostanza. Il silenzio, lungo e doloroso, cementò la nostra amicizia. L’arrivo del secondo Pietro alleviò il dolore, ma non lo cancellò mai del tutto. Giustamente.

Stupore: negli occhi lo stupore, come di un bambino appena premiato dai genitori per un compito ben riuscito a scuola o per un dono ricevuto a Natale. Portai Gigi Riva nella casa di Antonio a Pisa, dopo una partita del Cagliari contro la squadra locale. Antonio sembrava elettrizzato dalla presenza di “Rombo di tuono”, offrì thè, pasticcini, soprattutto papassini. Come a dimostrare ancora una volta la sua sardità.

Insistente. Persona senza difetti?. Alt, eccone uno: insistente. Ma forse dipende dal fatto che non vorrebbe mai congedarsi da chi gli siede di fronte. A momenti anche ripetitivo?

Toia: la moglie, una santa donna, credo decisamente sia la sua fortuna. Lo ha aiutato a crescere come uomo, a diventare un ottimo marito, un genitore scrupoloso.

Sardità: il suo fiore all’occhiello, la suia fierezza. Che condivido al cento per cento.

Costanzo Spineo

Premessa

La storia dei primi anni della CANNEDU - POLISPORTIVA ITTIRI raccontata da uno dei suoi protagonisti, che ne fu fondatore e Presidente per 8 campionati (uno CSI – Centro Sportivo Italiano e sette FIGC- Federazione Italiana Gioco Calcio)

A distanza di 44 anni dalla fondazione della Polisportiva Ittiri (“concepita” sul finire del 1965 e “battezzata” nella primavera del 1966 con il nome di Associazione Sportiva Cannedu Ittiri, e i colori sociali bianco-verde) sento l’esigenza di raccontare quei primi anni a beneficio della chiarezza e della corretta informazione di quanti vorranno interessarsi alla vicenda.

Sin qui ogni tanto accennata, su qualche giornale locale, ma con alcuni errori, marcate confusioni ed evidenti omissioni, certamente involontarie.

Lo faccio riprendendo ed ampliando un “lavoro” da me iniziato nel giugno del 1985, con allegata documentazione giornalistica e foto d’epoca.

In quella occasione, ed in coincidenza con l’evento tragico e violento (alcuni morti e tanti feriti a causa di una rissa fra tifosi) verificatosi alla stadio Heysel di Bruxelles nel corso della partita di finale della coppa dei Campioni Juventus – Liverpool, d’impulso sentii il bisogno di raccontare la “storia”, degli inizi della Polisportiva, dedicando al mio e idealmente a tutti i bambini del mondo il ricordo di quella che sentivo una mia (ma non solo mia perchè da condividere con altri amici) “creatura”.

Quasi a voler dire loro (ai bambini): fate in modo che certe tragedie, a causa di un insano modo di manifestare la propria passione sportiva, non abbiano più a ripetersi.

E per l’appunto, su sentiti e sinceri principi di tolleranza, di moderazione, di collaborazione, su presupposti di amore per la pratica sportiva da offrire ai giovani del paese, una società di carattere polisportivo fu fondata e gestita.

La Cannedu-Ittiri nasceva infatti per i giovani, per far disputare loro, come ha da subito fatto, diversi livelli di campionati di calcio, allievi, juniores e primavera compresi, con l’obiettivo di allargare la sua attività anche ad altri settori dello sport e della cultura.

La dedica in origine ai bambini di allora, oggi la estendo doverosamente ed affettuosamente a tutti quegli amici, giocatori tecnici e dirigenti che nel frattempo sono scomparsi.

Di alcuni di loro, per il rapporto di fraterna amicizia intercorso, serberò un ricordo indelebile: Vittorio Caria, Michele Caria, Giommaria Orani, Marcello Del Prete, Pino Delogu, Salvatore (Doddore) Sechi, Nanni Moretti, Giulio Cesare Mura.

Di loro parlerò spesso nel corso di questo racconto.

E’ con evidente emozione, ma anche con tanta attenzione, che nell’85, ho iniziato a sfogliare carte, foto e articoli di giornali già vecchie allora di circa 20 anni e a fare appello alla memoria, per ricostruire con precisione quanto di significativo s’era verificato nell’ambito calcistico e sportivo ittirese.

Accingersi all’impresa volle dire allora, come ora, fare un tuffo nel mare dei ricordi, nell’85 un po’ più ravvicinati alle origini, oggi lontanissimi. Voleva dire e vuol dire rivedere al rallentatore o rapidamente episodi, situazioni e volti che ormai appartengono definitivamente al mondo delle memorie.

Non tutto fu bello in quel tempo lontano, ci furono gioie grandi ed esaltanti ma anche profonde delusioni, lacerazioni e scontri durissimi anche fra amici fraterni e conoscenti.

Nascevano solidarietà, preziose sinergie e nuove amicizie, occasionali o durature. Si “perdevano” amici ( temporaneamente, mai una perdita definitiva), si creavano e si sviluppavano progetti e passioni. Ma si era dominati tutti da una grande e sincera voglia di fare, da una forte volontà di costruire e consolidare finalmente qualcosa di duraturo e condiviso per noi stessi, per i ragazzi, per il paese, nell’ambito dello sport in genere e del calcio in particolare.

Un furore, un’ambizione che scaturiva da un fuoco interiore, da motivazioni emozionali, da un modo spirituale di relazionarsi con quel calcio.

Era, nei nostri cuori, quel tipo di pallone ancora irregolare, quasi artigianale, quel tipo di calcio romantico e poetico, tutto generosità, volontà, passione, spirito di bandiera. Era quel calcio che ci aveva conquistati, appena ragazzi, e che ci faceva sognare….

Poi non sempre nella realtà tutto filò come quel sogno avrebbe voluto e desiderato.

E non mancarono infatti delusioni e rancori.

Ma ora, a tanta distanza, i ricordi sono comunque sereni e dolci, appena velati da quella piccola amarezza derivante da alcune omissioni di cui prima ho fatto cenno.

Sereni e dolci perché il tempo ha il misterioso potere di farci apparire piene di fascino tutte le cose antiche, anche quelle non liete. In fondo è nella natura umana compiacersi, anche con tenerezza, delle cose che furono, anche le più piccole, anche quelle apparentemente meno importanti.

Quello sportivo fu un momento fondamentale nella mia vita, avevo meno 21 anni, quando ebbe inizio questa avventura, ai primi del 1966 , da due anni lavoravo in Banca Commerciale a Sassari, e di lì a poco a novembre, in coincidenza con una classica Ittiri-Fertilia, avrei perso per sempre mio padre. L’impegno sportivo, che m’ero assunto in prima persona, unitamente a quello professionale, mi compensarono in parte della grave perdita.

Fu un momento importante anche per diversi altri cari amici e conoscenti con i quali ho avuto modo di condividere esperienze, emozioni, piccoli e grandi impegni di natura organizzativa, economica e relazionale, nonché indimenticabili polemiche che inevitabilmente finivano per coinvolgere l’ambiente e tante altri sportivi o meno.

Foglio dopo foglio ecco il film di quegli anni così lontani nel tempo, ma così vicini e cari nel cuore e nei pensieri .

E, come per tutti, abbandonarsi ai ricordi significa infilarsi mani e piedi nel dolceamaro mondo della malinconia.

Ma…….. ne vale la pena.

Cap. 1°

alle origini del calcio a Ittiri - Gli albori

Quel giorno ancora caldo dei primi di settembre del 1974 mi recai a Sassari a far visita a tiu ( zio di mia moglie) Nenardu (Leonardo) Gambella, che voleva parlarmi.

Gran personaggio per Ittiri.

Era stato per due consiliature (dal 1953 al 1959) Sindaco, partito comunista italiano, benvoluto ed ammirato dalla sua gente, ma anche dalla parte avversa, che gli si strinse affettuosamente intorno quando perse prematuramente la moglie, con a carico due bambini.

Ricordo con impressione quel funerale, tantissima gente, un mare di corone di fiori, decine di bandiere rosse, falce e martello, dell’allora PCI, sfilare lungo il corso e sino al cimitero. Moltiplicato mille, diecimila, centomila avrei riprovato quell’effetto emotivo al funerale di Enrico Berlinguer a Roma nel 1984: in un fiume di popolo e di rosso accompagnammo quel Signore onesto e tenace al rito solenne e collettivo di piazza San Giovanni.

Zio Leonardo era stato anche e veniva ricordato come fondatore e dirigente nel 1951 di una delle due squadre calcistiche più amate da noi ragazzini, che le avevamo viste all’opera.

La prima nata nel 1951, quella di cui lui era il tesoriere, di matrice laica, di sinistra, fu chiamata “Rinascita”, la seconda nata nel 1952 di matrice cattolica di destra, “Unione Sportiva Ittiri” fondata, in evidente contrapposizione alla prima, e di fatto condotta dall’allora giovanissimo vice della nostra Parrochia, San Pietro in Vincoli, il torralbese don Michele Merella (1952). Poi parroco dal 1958 fino alla sua scomparsa (1982).

Personalità forte e decisa che da subito si inserisce nel contesto sociale e politico del paese, “scontrandosi”, come era di costume al tempo, con i “rossi” ed incrociando ed anche determinando le prospettive politiche di alcuni giovani democristiani che poi diventeranno personaggi politici o economici di rilievo. Fra i quali Giuseppe o Beppe – per noi allora era Peppe - Pisanu, diventato prima importante politico di livello nazionale e poi Ministro degli Interni e Lorenzo (Larentu) Idda, professore universitario, assurto alla carica di Presidente della Camera di Commercio e del Banco di Sardegna.

All’epoca la fortissima passione politica, ricca di principi ed ideali, si traduceva a volte in una sorta di scontro ideologico e operativo, alla “Giovannino Guareschi”, in un contesto sociale come quello ittirese fortemente divaricato, a metà fra democristiani e comunisti, che da sempre per un pugno di voti si contendevano l’amministrazione del Comune.

Ad un certo punto, dopo gli affettuosi convenevoli, zio Leonardo, mi disse in maniera quasi solenne, ma con una certa soddisfazione da parte sua : a tie chi ses su Presidente ‘e sa Cannedu (avevamo per la verità appena deliberato di chiamarci Polisportiva Ittiri, come dirò più avanti) ti regalo custa buscitta ‘e pedde, (veramente finta pelle), “inoghe ch’est s’istoria ei sas fotografias de sa Rinascita, faghende bonu prou aggiunse col fare sereno di chi affida al futuro e in buone mani qualcosa di prezioso che fino ad allora aveva gelosamente custodito.

Da quel momento, finalmente, con quei rari e importanti documenti, avevo modo di far coincidere i vaghi ricordi di un bambino, all’epoca della “Rinascita” contro “Ittiri”, di 7- 8 anni, con la realtà. Da quelle carte sbiadite era possibile, grazie al dono ricevuto, dare nomi e cognomi e “paralumenes” (sopranomi, molto diffusi in paese ed in grado opportunamente di distinguere fra omonimi) ai pionieri del calcio ittirese.

Finalmente fissavo attraverso quelle foto in bianco e nero, non proprio chiarissime, accompagnate alcune da pochi e opachi negativi, i volti di calciatori “mitici” ai quali provavo a restituire alcune caratteristiche tecniche, così come erano state fissate dalla tradizione, spesso attraverso battute e aggettivazioni che s’erano fissate nella memoria singola e collettiva.

Che non sbaglia quasi mai!

I dribbling ubriacanti di Tràtrà (Antonio Bogliani) e del fratello Salvatore (Loddorinu), l’impostazione geometrica del classico Antonio Cuccureddu, l’estro di Muschina (Baldinu) la classe di Farriceddu (Antonio Farris), la volontà di Paiapone (Antonio Carboni), la potenza di Cattina, che poi con piacere ho rivisto a La Maddalena dove si era ritirato da anziano, le spericolatezze del portiere titolare Cicciu Tedde, che ritroveremo attaccante nell’US Ittiri contro la Rinascita, il coraggio di Austinu l’altro portiere (Agostino Cadoni). Molto bravo Giovanni Andrea Mureddu (Diddia sta per Andrea, ma attenzione occorre pronunciare la parola all’ittirese e cioè puntando la punta della lingua sul palato) che ebbe la possibilità di giocare anche per la Libertas, come si verificò per Cicciu Tedde e seppure in maniera del tutto sporadica e simpatisissima anche a Franco Simula, simbolo dell’Ittiri. Ne parlerò più avanti

E nella foto che segue, più sfocata, forse possiamo riconoscere: Antonio Casidddu (Rossina), Pietro Sussarellu (Faggiolu), Bachisio Silai (Cellinu), Francesco Orani (Cicciu Bollai), Giovanni Pinna, Antonio Cossu (Titti), Baingio Fredda (Pinna-pesci), Pischedda, Dessupoiu, Gianni Ortu, Benito Cocco, Giommaria Baldinu, Pascale Dore (Ciabattinu), Cuccureddu, Cattina, i fratelli Bogliani ….. insieme forse a giocatori e dirigenti di altra squadra ospite probabilmente a conclusione o inizio di un incontro….

Nelle foto osserviamo ancora un giovane Avv. Sciarrotta, segretario, e il Presidente della squadra che competeva con onore e seguito di tifosi nei tornei territoriali UISP (Unione Italiana Sport Popolari), Salvatore Lorelli, poi diventato importante figura politica del partito comunista, e dirigenti come Leonardo Gambella.

Dai documenti e da testimonianze rileviamo che fra i dirigenti più attivi militavano Baingio Oggiano, anche lui futuro Sindaco comunista dal 1970 al 1975, con il quale ho avuto durante la mia presidenza un duro e ricordato scontro a proposito dell’utilizzo del campo di calcio, Piero Farris, Salvatore Fiori, e Giovanni Antonio Fusco.

E le immagini, appena intuite, del vecchio e glorioso “su Padru” (o sa Pista) ancora ci emozionano!

Lo stesso effetto ci deriva da una documentazione che attesta la contabilità rudimentale, ma precisa sin nei minimi particolari, della gestione dell’annata 51 e 52, comprese alcune cambiali firmate a nome Leonardo Gambella, per l’acquisto delle attrezzature, a favore della ditta Cordaro e Crillissi di Sassari. Ritengo coinvolgente, per l’eventuale lettore di queste note accompagnarle con alcune immagini del “bilancio” che a conclusione della stagione, al 13.5.52 registrava Entrate per Lire 65.765 e uscite per Lire 162.592 (di cui oltre L.60.000 per spese attrezzatura squadra). Per la sistemazione dell’evidente disavanzo, circa 100.000 lire, in buona misura derivato dagli investimenti iniziali, forse non bastarono le diverse “questue” in paese alla ricerca di denaro e grano o altre derrate, e i continui contributi dei dirigenti.

Questo ed altri disavanzi trascinati per alcuni anni hanno probabilmente, unitamente ad altre cause e concause, portato alla chiusura di quell’esperienza.

Sono cifre e dati che oggi ci fanno sorridere di tenerezza, ma che ci ricordano con affetto l’impegno e lo sforzo e la partecipazione corale di quei “pionieri” che vestivano, come una seconda pelle, una maglia verde con due strisce orizzontali bianca e rossa sul davanti.

E noi riprenderemo questi colori a parte il rosso, che lasciavamo confinato al ricordo “politico”.

Di quell’attività ecco qualche interessante e significativo documento, a partire da quello che potremmo assumere come “fondativo” inviato dall’ Unione Italiana Sport Popolare, sede centrale di Roma, alla sezione del PCI di Ittiri in data 30 giugno 1951, e che dimostra come fosse forte, allora, il tentativo della politica di introdursi nella pratica sportiva al fine di orientare, canalizzare “educare”…il popolo.

Come sempre del resto, da Olimpia in poi, e come in alternativa faceva l’organizzazione cattolica: il CSI Centro Sportivo Italiano.

Roma , 30 giugno 1951

Prot. N. 5012/0

Alla Sezione del Partito Comunista Italiano

Ittiri

Cari amici,

è per noi un piacere apprendere dalla vostra lettera che avete intenzione di fare dello sport e creare a questo scopo una società. Questa vostra determinazione è importante perché permetterà di creare nella zona un centro di vita sportiva che si svilupperà e che darà vita a decine e decine di gare ed iniziative sportive.

Per raggiungere tale scopo è necessario però che la stessa società sia larga, aperta a tutti, e tutti gli sportivi atleti appassionati devono essere interessati alla sua costituzione. Per questo crediamo che alla creazione ufficiale della società debbano essere chiamati tutti coloro che nel paese amano lo sport.

In una assemblea perciò di atleti sportivi giovani ed anziani i promotori dovranno presentare una lista di candidati per formare il consiglio direttivo della società che da questa assemblea dovrà essere eletto. Ciò è indispensabile affinché la società abbia una vita democratica seria e perché sia legata a tutta la cittadinanza.

Essenzialmente nel consiglio devono essere: Il Presidente, l’Amministratore, il responsabile o i responsabili delle varie specialità sportive. E’ bene che già all’inizio vi orientiate a dare il massimo sviluppo a tutti gli sport, al calcio al ciclismo ma in particolare all’atletica e a tutti quegli sport che sono meno sviluppati, ma che perché sono meno costosi possono raggruppare ed interessare un gran numero di giovani ed appassionati. Nello stesso tempo la società deve prendere iniziative, le più varie; deve preoccuparsi dei giochi tradizionali della zona, di organizzare gite, scampagnate, etc perché effettivamente essa diventi un centro di attività sportiva e ricreativa capace di interessare tutto il paese. E’ ugualmente indispensabile che vi siano stretti legami con tutte le organizzazioni democratiche perché da parte di queste vi sia un aiuto anche organizzativo i premi etc. e perché ci si possa inserire nelle loro manifestazioni. Tutto ciò vi permetterà di prendere numerose iniziative, di allargare la vostra influenza e di tendere poi alla costituzione di un comitato UIS mandamentale o di zona che diriga e coordini tutte queste attività, che promuova soprattutto la costituzione di nuovi gruppi sportivi, il lancio di gare tra paese e paese organizzazione ed organizzazione etc.

In tale modo i legami con lo stesso Consiglio Nazionale potranno diventare più stabili e quindi più facile l’inserimento della vostra società nelle campagne e nelle iniziative che vengono lanciate dall’UIS in collaborazione con le altre organizzazioni, come il Palio Amici dell’Unità, con la Rassegna Sportiva Femminile etc.

A tale proposito vi inviamo con pacco a parte del materiale dal quale potrete certamente trarre notevole aiuto nell’inizio del vostro lavoro.

Per quanto riguarda il procedimento dell’affiliazione è il seguente:

1°) riempite i tre moduli allegati e ritornateli a noi per la vidimazione; da parte nostra appena vidimati provvederemo a rinviarveli con pagamento contro-assegno. Lo stesso procedimento dovete seguire per i cartellini di calcio.

Qualora incontriate difficoltà e per tutto quanto può esservi utile vi preghiamo di rivolgervi direttamente a noi.

Saluti fraterni e auguri di buon lavoro.

p.il Consiglio Nazionale

La Commissione Organizzazione (E. Saccani)

Tutte da leggere e da riflettere, con curiosità e partecipazione le quattro pagine della contabilità della 1° stagione dal 22-5-51 al 13-5-52:

Una delle cambiali per l’acquisto dell’attrezzattura sportiva a firma diretta e personale del Tesoriere Gambella Leonardo. Non tutte le cambiali furono onorate a scadenza e per l’ultima fu necessario persino l’intervento di una lettera dal legale. Ma alla fine tutto fu saldato, interessi di mora compresi.

C’era ed occorre ricordarla, con lo stesso affetto e considerazione, anch’essa impegnata in sacrifici e dedizione, la squadra della Parrocchia, L’Unione Sportiva Ittiri, che nasce nel 1952 ad opera, come detto, del nuovo viceparroco don Michele Merella (1928 - 1982) appena arrivato alla parrocchia di San Pietro in Vincoli. L’US Ittiri partecipa a campionati organizzati dal C.S.I.e con le sue magliette azzurre e pantaloncini bianchi si contrappone anche cromaticamente, alla già esistente Rinascita costituita ai primi del 1951: i “rossi” comunisti infatti vestivano dapprima magliette rosse e poi verdi, con al petto due evidenti strisce orizzontali una bianca ed una rossa.

Dall’articolo “un prete, un campo e…..”LIBERTA’” di Franco Simula (all’interno della rivista “Ittiri - una passeggiata dal 1900 al 2000”) ecco alcuni stralci significativi, (i puntini nella trascrizione stanno per degli omissis).

.…..Don Merella, qualche settimana prima di morire mi aveva manifestato il proposito di ricostituire un gruppo disposto a riprendere a scrivere su Ittiri attraverso il settimanale Libertà, ma soprattutto mi aveva sorpreso particolarmente l’intenzione di ricostituire una squadra di calcio giovanile. Proprio una squadra di calcio come aveva fatto nel 1952 da giovane viceparroco quando appena arrivato, lui che non si intendeva di calcio e che non aveva mai praticato uno sport, , voleva utilizzare lo sport per coinvolgere i giovani con i quali aveva saputo creare un gruppo affiatato che ancora oggi si incontra per gradevoli rimpatriate benché segnate dalla malinconia per gli amici scomparsi. La squadra di calcio costituì appunto un grande momento di aggregazione rivelatosi nel tempo come sperimentazione di un prezioso laboratorio pedagogico e formativo. …….. don Merella manifestò il suo progetto all’arcivescovo dell’epoca Mons. A. Mazzotti, dal quale ricevette non solo l’incoraggiamento con buone parole ma anche una somma considerevole e comunque sufficiente ad acquistare l’attrezzatura minima per iniziare l’attività. Venne costituita una società , la Unione Sportiva Ittiri , con un gruppo dirigente autonomo rispetto alle cariche attribuite all’interno dell’associazionismo cattolico e la squadra cominciò la propria attività partecipando a tornei organizzati in ambito territoriale dal centro sportivo italiano (C.S.I. La squadra iniziò utilizzando il campo sportivo comunale, che ad un certo punto venne negato perché un’altra squadra, la Rinascita, di matrice comunista, aveva chiesto di utilizzare il campo comunale, l’unico di cui allora il paese disponeva. Evidentemente era possibile consentire l’utilizzo del campo a due squadre che non partecipavano a campionati molto impegnativi, ma le vibranti passioni politiche dell’epoca e le contrapposizioni ideologiche molto vive avevano finito col trasferire gli scontri anche su un livello neutro come avrebbe dovuto essere quello sportivo. Come forma di dissuasione ci era stato proposto un canone d’affitto altissimo che don Merella e il gruppo avevano deciso di accettare nonostante rappresentasse un onere molto impegnativo, quasi proibitivo. Quando però ritenevamo di essere riusciti a superare le difficoltà annunciando al sindaco comunista l’accettazione del canone di affitto, arrivò la seconda doccia fredda: il campo era stato concesso in affitto all’altra squadra per lo stesso canone. La delusione fu cocente……….Tutti i sogni sembravano ormai svaniti per effetto di una decisione autoritaria che aveva voluto tenere in considerazione le richieste e le esigenze di una sola parte politica. …… Don Merella suggerì la soluzione: il campo dovevamo costruircelo da soli….venne preso in affitto un pezzo di terreno adiacente ad uno dei lati del cimitero, al canone di affitto di due quintali di grano all’anno, raccolti questuando con un asinello per le vie del paese. Lavorando sodo per oltre un mese ripulimmo il campo dalle erbacce, eliminando qualche escrescenza del terreno, e dopo aver costruito un vespaio di drenaggio per l’acqua lungo le linee diagonali del campo, completammo l’opera spianando il terreno con un pesante rullo trainato da un giogo di buoi…… Col passare del tempo le passioni si stemperarono e su quel campo ospitammo la “Rinascita” per un derby….. La squadra sopravisse ancora per qualche anno sino a quando potè contare sul contributo atletico dei giovani che l’avevano fortemente voluta.; quando poi alcuni di essi emigrarono e nel contempo andò facendosi strada una concezione diversa di società improntata su criteri

manageriali, la sua attività cessò definitivamente e il parco giocatori e le attrezzature che possedeva furono trasferite a quella che divenne poi la Società Sportiva “CANNEDU”. …..(Franco Simula)

(a questo punto una doverosa e necessaria precisazione: il “trasferimento” di cui parla Franco alla Cannedu non riguarda evidentemente l’AS Ittiri nata nel 52, ma logicamente la nuova US Ittiri del 1963 di cui si dirà più avanti, chiamandola, per dovere di chiarezza, con l’appellativo “due”, n.d.a.)

Anche su questo versante, UISP da una parte e dall’altra CSI, due benemerite organizzazioni di livello nazionale a sostegno morale e materiale dello sport si fronteggiano nell’ambito locale, contendendosi giovani e sportivi, sullo spunto di due visioni diverse della società e della politica.

Fra gli “Azzurri” ricordo con affetto e rispetto (per averci poi giocato insieme, cercando di imitarne inutilmente i gesti atletici) lo stile impeccabile e l’ordine di Franco Simula, la visione di Giovanni Andrea Mureddu (Diddia), le funamboliche corse sull’ala destra di Giommaria Nieddu (Lotronto), l’essenzialità di Totoi Manca, la grande volontà di Zambo (Leonardo Carta) e poi Matteo Tedde, Ico Manca, Giommaria Onida, Doddore Deruda ( Berritedda), Pietro Simula, Cicciu Tedde (che aveva iniziato con la Rinascita, giocatore eclettico e di valore ricoprì sia il ruolo di portiere e sia quello di attaccante), Peppe/Beppe Pisanu, Pietro Solinas e i sassaresi, Moretti, Casu e Cannas. Due dei “forestieri”, Nanni Moretti e Antonio Casu (Casgittu) li ritroveremo più avanti in diversi ruoli, nella nostra Cannedu e Polisportiva.

Ed a proposito di Franco, lui stesso ricorda, sempre con ironia e sorriso, di come anche lui, la bandiera della squadra della Chiesa, ebbe la (s )ventura di scendere in campo con la maglia dei “rossi”. Per mezza partita, solo per mezza partita, in quella che definisce una partita col diavolo:

Il pallone. Una passione irrefrenabile. Una passione che a 16-18 anni ti pervade e diventa pensiero dominante, ossessivo, che non si placa se non sul campo da gioco,dal quale, dopo ore di corsa ,di stacchi aerei, di scatti brucianti, di richiami ai compagni, di sudore, di fatica finalmente rientravi a casa soddisfatto. Stanco ma soddisfatto. La passione era così forte e propulsiva che ti spingeva ad andare oltre ogni limitazione e ogni censura di carattere ideologico.

Anche il campo da gioco allora era un problema: mancavano gli spazi in grado di ospitare tutti i giovani che volevano praticare uno sport, e quelli che lo praticavano dovevano accontentarsi di un rettangolo in terra battuta che era l'unico spazio disponibile costruito qualche decennio prima dal regime fascista per la formazione atletica dei giovani. I campi verdi con l'erbetta facevano parte delle cronache raccontate dai radiocronisti dell'epoca. E conseguentemente scattavano decisioni di parte che favorivano alcuni e danneggiavano altri; ma chi sentiva dentro il “sacro” fuoco, superava qualsiasi ostacolo.

A metà degli anni cinquanta - in un clima politico caratterizzato dalla contrapposizione fra comunisti e cattolici- a Ittiri giocavano due squadre che si contendevano la platea dei tifosi:una era la squadra della RINASCITA che faceva capo all'UISP ed era sponsorizzata dall'allora Sindaco socialcomunista Leonardo Gambella; l'altra era l'U.S. ITTIRI voluta dal giovane vice parroco del paese don Michele Merella. Allora a Ittiri due squadre di calcio erano forse troppe, tanto è vero che periodicamente qualcuna delle due perdeva dei “pezzi” o perchè i titolari (non sempre si riusciva a racimolare 11 titolari stabili) andavano a lavorare fuori paese o perchè addirittura erano costretti ad emigrare in paesi stranieri. Non di rado accadeva quindi che le due compagini si trovassero a dover gestire organici ridotti e che si rendesse necessario chiedere rinforzi agli “avversari” soprattutto se questi attraversavano un periodo di magra.

In una di queste circostanze di inattività della mia squadra- l' ”U.S.Ittiri”- a me e ad altri due amici fra i migliori della squadra, venne rivolto l'invito di giocare fra i colori della formazione avversaria All'inizio la notizia venne appresa dagli amici con noncuranza e anche con un po' di invidia perché i dirigenti della Rinascita -accantonando un po' dell'orgoglio di squadra che caratterizzava quei tempi da Peppone e Don Camillo- avevano deciso di rinforzare la formazione chiedendo il contributo atletico di alcuni fra i migliori dell'altra compagine. La notizia, però, non aveva lasciato indifferente il vice parroco che, per quanto dipendeva da Lui, era deciso fortemente ad impedire una tale inaccettabile “contaminazione”. Naturalmente il vice parroco fece in modo di contattarmi immediatamente per cercare di farmi capire quale cattivo esempio avrei dato alla comunità dell'Azione Cattolica che sostanzialmente aveva sponsorizzato la squadra di cui ero “l'alfiere”. Il richiamo del pallone era fortissimo, la mia disponibilità ad accettare l'invito alla rinuncia,nessuna.

Niente, d'altronde,era stato detto agli altri due che assieme a me stavano “tradendo” i colori della squadra, chi doveva dare l'esempio di attaccamento alla squadra e alla ideologia che l'aveva ispirata ero soprattutto io. Questo forte richiamo, rivolto esclusivamente a me, era giustificato dal fatto che la mia famiglia -dal punto di vista dell'osservanza religiosa- era molto conosciuta nel paese e quindi io non potevo incautamente espormi ad essere “usato” dagli avversari.

Ma io, pur di giocare a pallone ero disposto a giocare col diavolo.

Il giorno della vigilia dovetti subire nuovi assalti di dissuasione che -però- interiormente ero sempre meno disposto ad accettare. Arrivò finalmente il giorno della partita: io ero sempre più determinato a indossare la maglietta della Rinascita ed entrare in campo. Sino a qualche momento prima dell'inizio mi erano arrivati messaggi di invito alla rinuncia che a tratti assumevano il sapore della minaccia. Ore 15 inizio della partita. Io entrai in campo convinto ormai che la decisione fosse irreversibile e che per 90 minuti avrei potuto dare sfogo alla mia grande passione senza condizionamenti di chiese e di partiti.

Ma la partita per me non durò 90 minuti.

Il vice parroco -informato in tempo reale di quel che stava capitando- andò immediatamente dai miei genitori per informarli del turpe “tradimento” che stavo consumando contro i principi ai quali la famiglia si era sempre ispirata: e tutto per una “banale” partita di calcio. Per me quella partita non era né banale né trascurabile: era la mia passione, in quel momento della mia vita era tutto.

“Vostro figlio sta giocando coi comunisti e voi non fate niente per impedirglielo”

L'intervento di don Merella non rimase inascoltato. Mio padre uscì di casa “caricato” per bene e si diresse al campo deciso ad interrompere in qualsiasi modo la mia intollerabile ribellione. Arrivato al campo, mio padre entrò direttamente sul rettangolo di gioco per invitarmi a uscire immediatamente dal campo. Il ventiquattresimo uomo in campo aveva destato grande meraviglia fra gli spettatori e fra i giocatori che non riuscivano a capire il motivo di questa imprevista e strana invasione di campo in un momento in cui l'incontro si svolgeva su un piano di estrema correttezza. L'approccio non fu né facile né di breve durata perchè tutte le volte che mio padre stava per avvicinarsi a me,l'azione del gioco si spostava da un'altra parte del campo e io, all'inseguimento del pallone, rendevo vani i suoi tentativi di approccio.

Considerando,inoltre, che mio padre era uno dei miei “tifosi” più convinti, appariva chiaro che lui aveva dovuto svolgere questo mandato contro la sua volontà. Però...Però occorreva mettere riparo in qualche modo alla “vergogna” di cui avevo ricoperto la famiglia. Finalmente mio padre riuscì ad avvicinarsi a me per impormi di abbandonare immediatamente il campo da gioco. “Vieni fuori” mi intimò. Riuscii a ottenere la compromissoria concessione che avrei smesso di giocare alla fine del primo tempo. E così andò. Dopo soli 45 minuti, alcuni dei quali pieni d'angoscia, si concluse la mia partita che, forse,avrebbe potuto designarmi come “il migliore” fra i giocatori delle due squadre.

E invece tutto andò a rovescio.

Nell'ambito sportivo era svanita per una discutibile presa di posizione l'opportunità di dimostrare alla generalità dei tifosi di sapermi battere lealmente in una gara sportiva prescindendo dai colori delle magliette.

Nell'ambito familiare andò anche peggio. La sera, infatti, rientrato a casa, sembrava che ci fosse il morto: visi lunghi e tristi mi avevano accolto invece dei complimenti di incoraggiamento. Una partita di calcio ( anzi: mezza partita) era stata sufficiente a mandare in crisi una famiglia e i suoi rapporti con le istituzioni religiose: insomma un dramma.

Per me tutto era stato molto più semplice: era stato l'appagamento di un desiderio straripante, riconducibile ad una grande passione che era il gioco del calcio. Tutto qui: senza ideologismi o settarismi di alcun genere.

L’ US Ittiri, indisponibile il campo ufficiale de “su Padru” utilizzato (o “politicamente” poi riservato come afferma Franco nel suo articolo – ma, attenzione, Rinascita nasce prima, n.d.a) dai “Rossi”, realizza, con grande sforzo, non senza strascichi polemici e conflitti, il suo campo. Lo fa raccogliendo piccoli contributi in denaro e natura, su un terreno in affitto, un campo più piccolo e certamente meno coinvolgente a ridosso de “ su campusantu”.

E lì, su quello spazio ancora visibile in paese, ricordo sempre con emozione, correvano i miei 11 anni, una indimenticabile, combatutissima “amichevole” (si fa per dire) sul finire del 1955 fra le nostre due squadre, conclusa con un salomonico pareggio 4-4.

Ecco la trascrizione dell’articolo sull’evento del 22.11.55, realizzato grazie all’opera di “un apposito comitato”, e conservato con orgoglio da uno dei suoi protagonisti, Cicciu Tedde. Pensate c’ra voluto “un apposito comitato” per superare momentaneamente le fraterne barriere.

La partita: un’incredibile altalena di risultati e…. identico punteggio che avrà la famosissima gara mondiale, in Messico, Italia-Germania del 1970.

Pareggiano ad Ittiri le squadre locali

Ittiri. Dopo vari approcci, finalmente, per l’intervento di un apposito comitato si è giunti all’atteso incontro delle due locali squadre di calcio; esisteva una rivalità sorda e sentita, per cui la partita fu combattuta con velocità ed accanimento. Il pubblico dei tifosi ha salutato con forti applausi l’entrata in campo degli undici azzurri dell’Ittiri unitamente ai componenti la squadra “Rinascita”. S’inizia con un gioco veloce, improntato di tecnica, specie da parte degli azzurri, i quali dominano per tutto il primo tempo, imponendo agli avversari il loro stile. Segna per primo su rigore Franco Simula ,reazione dell’avversario, portandosi subito in pareggio per merito di Silai; al 20° gli azzurri si avvantaggiano per merito di Tedde; al 30° minuto un tiro di Sussarellu dà il pareggio per la Rinascita; azione veloce e pronta degli azzurri che si portano ancora in vantaggio per merito di Manca Antonio, per cui il primo tempo viene aggiudicato agli azzurri per 3-2.

All’inizio del secondo tempo, un autogol porta in pareggio la Rinascita, che rincuoratasi un po’ trova modo di avvantaggiarsi con tiro di Sussarellu; la contentezza dura poco, perché viene stroncata da un tiro in rete di Tedde, per chiudere così in pareggio. Gioco cavalleresco e veloce, ottimo il gioco di Franco Simula: il migliore in campo; hanno dato prova di buon gioco anche Mureddu, Nieddu, Salaris e i due fratelli Manca, tutti della squadra azzurri d’Ittiri. Arbitrava il Dr. Salvatore Carboni che con polso fermo ha saputo contenere nei giusti limiti ed imparzialità la disputatissima partita, un plauso al merito al mar.llo Oppo ed al brigadiere Scarpone e a tutti i militi dell’Arma, che, con la loro presenza, hanno fatto sì che tutto si svolgesse nel modo più ordinato. Anche il pubblico si è dimostrato disciplinato, maturo sportivamente; le squadre sono scese in campo con la migliore formazione.

Azzurri Ittiri : Carta, Simula Franco, Manca Antonio, Simula Pietro, Salaris, Mureddu, Nieddu, Sanna, Tedde, Manca Ico, Pisanu.

Rinascita: Cadoni, Baldinu, Carboni, Pinna, Farris, Bogliani 1°, Cuccureddu, Bogliani 2°, Sussarellu, Casiddu, Silai.

Si spera in una fusione.

Ma niente da fare. I contrasti politici ideologici al tempo, come abbiamo visto, sono forti e duri a morire. Le sponde rimangono distanti e “l’apposito comitato evidentemente non riesce più nel miracolo!

Ed anziché fusione sarà la fine. Le controparti vengono praticamente e rispettivamente messe fuori gioco da insanabili rivalità e da difficoltà economiche e organizzative.

Il calcio vero ed organizzato, quello concepito per la disputa di campionati attraverso società costituite e riconosciute, chiude ufficialmente e definitivamente baracca per almeno 7 anni dal 56 al 63.

Peccato!

Ancora una volta a Ittiri ci si spaccava in due, anche sullo sport, ed anziché fare fronte comune ci si perdeva in sterili polemiche e conflitti irriducibili.

Passavano gli anni e in “Su Padru” il degrado era evidente, crescevano erbacce di ogni tipo e venivano giù ammuffiti e tarlati persino i legni delle porte, realizzati, come evidente in contabilità, dalla “Rinascita” con l’apporto di artigiani locali (legname da Pietro Serra, viti, lenza, mano d’opera e confezionamento del falegname, “su mastru ‘e ascia”, Giommaria Sias) . Così pure il terreno degli “Azzurri”, “non più campo di calcio, era stato accantonato ed era tornato ad essere pascolo per le mucche” (da Franco Simula).

Risultato: per noi ragazzi non c’era altro svago in giro, nessuna altra possibilità per svolgere attività sportiva.

Che non fosse il ciclismo.

Perché, per fortuna, proprio negli anni dell’ecclissi del calcio in paese nasce (1957) la Società Ciclistica “Cannedu”, ad opera di un grande sindaco (dal 61 al 69, dal 79 all’83, dall’86 all’89) della Democrazia Cristiana, Ambrogio Mura, poi prezioso amico della Cannedu e Polisportiva calcio.

Quel ciclismo, forte di alcuni indimenticabili e valorosi atleti dai nomi evocativi, Bita-Bita ( Antonio Idda), Ciccindè (Francesco Tavera), Pittanu (Giovanni Simula), e poi il più bravo di tutti Totoi Manca, regala a tutti gli ittiresi passione, entusiasmo e orgoglio, per diverse prestigiose e ripetute vittorie in campo regionale. Totoi Manca parteciperà con dignità anche ad un giro d’Italia. Successivamente lasciato il ciclismo da professionista, mieterà, da under 40, diversi successi, per poi finire, suscitando un cordoglio fortissimo ed unanime , sulla strada Ittiri Alghero travolto da un camion, a “cavallo” della sua inseparabile e amata bicicletta da corsa.

Un grande atleta, un’ottima persona, un caro amico.

Da quel prezioso regalo di zio Leonardo, da quella borsa di finta pelle marrone, e dalle ricerche successive tante domande.

Una in particolare: chi erano, Rossi e Azzurri? Si riuscirà a dare a tutti il proprio nome e cognome, il proprio ruolo, le specifiche caratteristiche tecniche, umane e di qualità? Forse non è più possibile, per carenza di dati e di testimonianze attendibili.

Magari è bello così, così vuole il mito.

Erano comunque giovani di forte determinazione e di grande disponibilità al sacrificio, atleti seppure sui generis rispetto ai canoni di qualche decennio dopo, nel senso che mancavano di tutto quell’apparato tecnico e di mezzi che avranno successivamente i ragazzi impegnati nello sport di qualsiasi livello. I nostri “eroi” tenaci e temprati dalle difficoltà quotidiane, esprimevano nel gesto calcistico passione vera e volontà di ferro, di riscatto personale e sociale attraverso l’atto sportivo, disposti a non poche rinuncie personali rispetto al loro lavoro ordinario, prevalentemente di contadini o di operai o artigiani.

Allenamenti durissimi, anche notturni e risarcimenti quasi irrilevanti (minimo rimborsi ai forestieri: ogni tanto, leggiamo, 100 Lire a Cattina !).

Pura passione, e indomabile voglia di correre dietro al pallone era il fuoco e la molla del loro agire sportivo. Come altri dopo alcuni anni.

A quei ragazzi “Rossi” ed “Azzurri” dobbiamo essere riconoscenti perché ricominciarono in condizioni difficili e di nocivi contrasti politici e con pochissimi mezzi a far rivivere in paese la gioia del calcio. La genuinità dello sport come prima di loro, tanti anni addietro, altri avevano fatto.

Altri ben più antichi pionieri che ovviamente non ho conosciuto in attività, ma dei quali sentivo parlare e dei quali è giusto e doveroso che riporti qualche cenno storico, così come mi è stato possibile, attraverso le testimonianze documentate da Tore Masia, (atleta e calciatore di cui parleremo più avanti) nella sua meritevole ricostruzione “Cento anni di sport a Ittiri.

Siamo intorno ai primi anni 30 quando assieme al campo sportivo prima chiamato “Sa Pista” (penso in dipendenza del fatto che lì, al tempo del Fascio e dello sport “educativo e formativo” di massa, vi si svolgevano anche della gare di atletica e di corsa) e poi “su Padru”, nasce una squadra di calcio che si misura con i paesi vicini, Usini, Thiesi, Alghero. I nomi dei giocatori noti e tramandati sono pochi e solo in minima parte ci danno l’idea di quel gruppo calcistico primario.

Ecco lo stralcio da “Ittiri 100 anni di sport” :

Il campo sportivo viene inaugurato nel 1933 con una partita amichevole fra le squadre di Ittiri e Usini terminata con la vittoria degli ospiti per 1-0. Questa la storica formazione ittirese in campo nel 1932 Vittorio Carboni- Antonio Careddu- Francesco Lupinu- Giommaria Pisanu- Cassese- Raffaele Pirisi- Sebastiano Virdis- Attilio Pagliaro- Bruno Spina- Ambrogio Secchi- Antonio Masia.

Di questi primi calciatori ho conosciuto il mio omonimo, titolare di una delle principali macellerie nella centrale piazza Umberto di Ittiri e zio del Salvatore Masia con il quale tratteremo, molto più avanti, la fusione Ittiri- Sprint. Così pure ricordo, Giommaria Pisanu (Piccianu, come Masia anche lui titolare di macelleria), che abbiamo trovato prima finanziatore temporaneo e generoso (L. 15.000) della Rinascita, e Attilio Pagliaro, che frequentavo, specie per l’acquisto di ferramenteria necessaria per il campo sportivo ai tempi della Cannedu Calcio, quando il figliolo Lello diventava importante giocatore della nostra Cannedu.

Attilio mi parlava spesso, con orgoglio, di quella formazione di cui giovanissimo aveva fatto parte, definendola una ottima squadra.

Poi ci furono le guerre colonialiste italo-fasciste “alla conquista dell’impero” in Africa, quella “di esportazione”, in soccorso di Franco, in Spagna e poi la seconda grande guerra mondiale, e con tali avvenimenti il calcio non sopravisse. Salvo pare un certa modesta ripresa con un po’ di attività agonistica verso il 46/47, per poi di nuovo sparire, per motivi economici, fino ai primi del 51.

Quando, come detto prima, il calcio rinasce ad opera dei dirigenti del Partito Comunista, con il nome beneaugurante di “ Polisportiva Rinascita”. Seguita l’anno dopo dalla cattolica e azzurra Unione Sportiva Ittiri.

Cap 2°

– Gli antefatti alla Fondazione – I primi risvegli – La nuova Unione Sportiva Ittiri (due) e i suoi tre anni di attività FIGC (1963/64, 1964/65 e 1965/66)

Riprendiamo dalla scomparsa di Rinascita e U.S. Ittiri, e dal degrado del terreno sportivo de “su Padru” ormai ridotto ad un campo sterrato, qua e là ricoperto da erbacce, con minime e confuse tracce di vecchie e decrepite porte. E quella che era la naturale tribuna, “sa rocchitta”, uno spuntone di roccia trachitica desolatamente vuota!

Al silenzio ufficiale del calcio, ancora buono l’interesse per il ciclismo, rispondono timidamente nel 1961 la voglia e la passione enorme di alcuni ragazzini e di qualche ancora giovane ex Rinascita e US Ittiri.

Nei loro cuori stava crescendo la fiamma per quel calcio, per quel pallone.

Insieme a chi scrive , Doddore Sechi, Leonardo Uras (Nannozzu) Giulio Cesare Mura, Pino Delogu, Andrea Tala ( Diddia), Simone Tavera, Andreuccio Lonis, Totoi Scanu, Angheleddu Scanu, Doddore Delogu, Doddore Deriu, e qualche volta due grandi amici, calcisticamente però irrilevanti e senza futuro nel settore (non che tanti di quelli prima citati ne avessero di luminoso!) Gianni Virdis (su fizu ‘e su daziariu) e Antonio Cossu (Polifemo per la sua statura, su fizu ‘ e tia Rosa, la nostra amata bidella alle scuole Medie). Ed altri…

Un gruppetto di amici, insieme ad altri, che non ricordo, correvamo a perdifiato i nostri quattordici-diciasett’anni anni su quel terreno non adeguatamente tracciato e piuttosto irregolare e con strutture assolutamente inadatte ed insufficienti per ottenere e raggiungere una pratica calcistica strutturata e presentabile .

Rammento spogliatoi rudimentali sulla parte sud del campo (dove poi li ritroveremo) e, mi pare, una vecchia struttura in degrado: forse i primissimi spogliatoi, sul lato destro del terreno entrando da via IV Novembre, i cui residui murari finirono probabilmente dentro le gradinate, che anni dopo nasceranno per nostro merito ed iniziativa.

Ore ed ore a correre e sudare ( ma dove e come erano le docce? Non ricordo!) immaginando, sognando partite organizzate e tornei competitivi. Si giocava anche a dispetto delle disposizioni dei genitori, alcuni di nascosto, riparando poi scarpette e palloni dai nonni (come succedeva a me) o parenti, residenti nei pressi del campo.

Ci facevano preziosa e incoraggiante compagnia l’immutata volontà e desiderio di ripresa di alcuni meno ragazzi, già protagonisti dello scontro amichevole Rinascita-Ittiri del 55, ma ancora in grado di giocare , come Franco Simula, Titoi Sechi il fratello di Doddore, Paolino Della Chiesa, Matteo Tedde, Nannozzu ….

Con questo gruppo iniziale, (naturalmente, ripeto, ne facevano parte altri amici che fatico a ricordare) iniziammo di nuovo, a nostre spese, a ritrovarci al campo per partite fra di noi, per divertirci dietro palloni di cuoio cuciti, a conclusione della sbocco della camera d’aria, con lo spago e non sempre perfettamente rotondi.

Con sacrificio ripristinammo il tracciato del campo, e aiutati da artigiani falegnami rifacemmo i legni delle porte e iniziammo anche qualche improvvisata trasferta nei centri vicini.

Ricordo alcune partite amichevoli, visto che non eravamo inquadrati come una vera e propria società, sempre a nostre spese in trasferta a Romana, a Banari e a Usini, Thiesi. Mi piace in particolare fra gli altri sottolineare la continuità e la signorilità di gioco di Franco Simula, al quale ovviamente affidavamo il ruolo di capitano e con il quale non dimentico mai uno scontro fisico, di testa, per me molto doloroso, su un pallone alto verso la nostra porta, lui stopper io terzino destro. L’impeto e la resistenza allo sforzo di Doddore Sechi (“Celentano”, per via di una certa somiglianza).

Le corse cariche di generosità e furore agonistico e i dribbling imprevedibili e ubriacanti di Giulio Cesare Mura (“cavallo pazzo”, parafrasando intorno al nome di un grande e mitico capo indiano ).

Le parate ardite ed efficaci di Andrea (Diddia) Tala, malgrado disponesse purtroppo , di un solo occhio, perso l’altro da bambino a causa dello scoppio di alcuni residui bellici che registrò purtroppo la morte di alcuni comuni compagnetti di giochi e feriti vari.

Che impressione in paese quell’episodio, in carrela ‘e “Pedru ’Edola”, dove i miei genitori stavano realizzando la casa, al quale solo per un fortunato caso quel giorno non ero presente.

Di quel gruppo spontaneo, cellula prima della vera e duratura rinascita del calcio a Ittiri sottolineo ancora lo stile elegante di Nannozzu e soprattutto la grande abilità, la classe e capacità di realizzatore di quello che è stato uno dei migliori calciatori ittiresi che abbia conosciuto, l’indimenticabile Pino Delogu. Probabilmente il migliore. Ma non vorrei fare torto a giocatori di elevata qualità quali Peppe Saba, Lello Pagliaro, Angelo Cossu, Peppineddu Cossu, Totoi Puggioni, “campioni” o contemporanei a Pino o che verranno subito dopo e di cui parleremo più avanti.

Questo è stato il primo passo, il primo sussulto per una ripresa del calcio: un gruppo che spontaneamente di fatto comincia, e dà l’avvio a qualcosa di duraturo. Naturalmente si vinceva ed a volte si perdeva di brutto.

Di lì a poco, nel 62, il gruppetto si indebolisce per l’indisponibilità di alcuni fra i più bravi e di questo fatto ne risentiranno i risultati e l’atttività.

Doddore Sechi, si trasferisce a Milano per fare il muratore, lavoro duro ed a quei tempi ancora privo di adeguate regole sindacali e Pino Delogu a Roma perché arruolato in Finanza. Doddore, che dal suo lavoro attingerà lo stimolo per fare in seguito politica e attivo sindacalismo, in pratica rimarrà in Continente, in via continuativa per diverso tempo perché prosegue, a causa del servizio di leva, a Novara, nel 63. Rientrerà a Ittiri finito il militare, giusto in tempo per partecipare alla fondazione della Cannedu. Pino, anche lui rientrerà, lasciata la Finanza, e riprenderà autorevolmente il suo ruolo di “bomber” con l’inizio della nostra Cannedu, ai primi del 66.

Entrambi questi carissimi amici, scomparsi nel compianto generale, in alcune delle lettere che incrociavamo ogni 4/5 giorni, tempistica equivalente al ritmo odierno delle e-mail, accennano con grande nostalgia al loro essere lontano da Ittiri e dal calcio.

Pino, Roma 1.1.62 : Carissimo Antonio….qui a Roma godo di ottima salute…la nostra compagnia è piena di giovani che partecipano ad ogni specie di sport ed anche al calcio. Ce ne sono alcuni che se li avessimo avuti quando giocavamo insieme avremmo fatto faville. Ma fortunatamente anche qui c’è una squadra di calcio della quale faccio parte nel mio ruolo consueto. Sono tutti degli ottimi elementi “escluso io” s’intende. L’altro giorno sono stato all’Olimpico per vedere la partita Roma-Padova, vinta dai romani per 3-1 ed ho così potuto ammirare da vicino i nostri “Angelillo e Lojacono”. Ne sono rimasto contento. Così mi hai scritto che a Ittiri avete fatto una partita con l’Usini. Sono veramente dispiaciuto di non essere stato presente fra voi, pazienza. Una sola cosa vi raccomando: preparatevi bene, perché vedi i risultati certe volte non rispecchiano l’andamento della partita, come tu mi scrivi è capitato contro l’Usini. Poi non dire fesserie che ci mancava l’uomo migliore, se la squadra ingrana farete molte cose, anche senza il mio pur modesto aiuto. Cercate di rinforzarvi specialmente nella mediana; al posto di Scanu e Andreuccio innestateci qualche altro elemento; tu mi dirai, e come? Al campo gente che ha molta voglia di giocare al football ne veniva e spero ne venga parecchia anche adesso, quindi ci vuol poco sceglierne qualche d’uno, abbastanza “sveglio” più di quei due, e fate in modo innanzi tutto di prepararvi atleticamente e correre, e correre, perché qui da noi ci sono degli istruttori che prima di averci fatto toccare un pallone ce l’hanno fatto desiderare. Quindi mi raccomando, fate che quando vengo in licenza ci sia uno “squadrone”, intesi?.........

Ecco il nostro bober in verisone “fiamme gialle” .

Doddore – Milano 11 luglio 1962: carissimo Antonio, appena letta la tua lettera mi sono messo a tavolino, a risponderti………tra parentesi posso dirti che mi dispiace molto che non siate riusciti a mettere su la squadra……Mi piacerebbe tanto venire a casa a Ferragosto, o magari a San Maurizio, ma temo proprio che sarà impossibile perché dobbiamo fare tanto di quel lavoro che non possiamo permetterci di abbandonarlo neppure per brevi periodi di qualche settimana. Perciò penso che fino a Natale non se ne farà niente, e magari allora potrò trattenermi in paese un po’ di più perché qui nei mesi invernali si lavora pochino per via del freddo e del gelo che non permette assolutamente di usare il cemento. Ed io fino ad allora dovrò accontentarmi di pensarci con tutte le mie forze e di desiderare di rivedervi con altrettanta forza. Eh! Se non ci fosse qui il Milan a tenermi un po’ allegro. Io penso che per passare presto il tempo dovrei ricevere notizie dal paese almeno ogni due giorni, che mi tenessero un po’ su col morale, ecco. Invece………….

DoddoreMilano 28-7-1962, Carissimo Antonio, ho ricevuto ieri la tua lettera ed oggi quella di Gianni Virdis. Stasera quindi dovrò sbrigare molto lavoro a tavolino perché devo rispondere anche a casa, a Vittorio Caria…….. Gianni mi chiede se gioco al calcio e poi mi racconta un mucchio di balle fra cui la nostalgia degli ittiresi per la mia mancanza dai campi di gioco, e le difficoltà che incontreranno gli organizzatori di partite al momento di dovermi sostituire. Aggiunge anche che se ancora non gioco al Milan questo si deve esclusivamente al fatto che i vari Maldini, David, Trebbi, Radice, Trappatoni, etc, hanno paura della mia concorrenza e fanno perciò in modo di essere sempre in forma e di conservare così il loro posto in squadra. Insomma Rocco, Viani, Rizzoli, e tutti i tifosi milanisti mi devono qualcosa. Ma spero che tu non prenderai tutto questo sul serio e soprattutto non lo racconterai a nessuno, perché almeno per quanto riguarda la mia sostituzione, un signor terzino a Ittiri è pur sempre rimasto. Caso mai problematico sarà sostituire te, …………

Nel 1962 a Ittiri c’è di fatto una squadra per iniziativa di un gruppo di ragazzi, ma non c’è ancora una società, non c’è un campionato ufficiale.

Che ci sarà di lì a poco, per il torneo 1963/64

La ripresa ed il ritorno di interesse per il calcio, ormai alla fine il tempo glorioso del ciclismo per il naturale esaurimento dei suoi campioni, non qualitativamente rimpiazzati da nuove leve, si consolida in forma ufficiale quando, nel settembre del 1963 ritorna in pista don Merella che, coadiuvato dal suo vice il buon don Salvatore Spina di Cossoine, attraverso alcuni ex giocatori ed ex dirigenti della sua vecchia creatura parrocchiale bianco azzurra, già contrapposta, come abbiamo visto, ai “Rossi” della Rinascita, ricostituisce l’Unione Sportiva Ittiri, con gli stessi colori: azzurro e bianco. Società che per chiarezza espositiva indichiamo nel seguito del racconto come la US Ittiri (due)

La squadra viene iscritta al campionato FIGC di 2° categoria. I dirigenti sono i fratelli Manca, Antonio e Ico, Franco Simula e Matteo Tedde, Doddore Deruda (Bertuledda) che ormai non giocano più, Baingio Casiddu, e Doddore Sanna .

La sede è presso un ampio salone nella disponibilità della Parrocchia in via Azuni. La squadra si basa sul nucleo dei giovani “volontari” di cui abbiamo detto prima, tranne purtroppo Pino Delogu e Doddore Sechi perchè impegnati fuori Sardegna, il primo come detto a Roma in Finanza ed il secondo a Novara per la leva.

Io “parto” come capitano, incarico che poi passerà definitivamente a Peppe Saba. Ancora senza lavoro, appena finiti nel luglio 63 gli studi superiori di ragioneria , dispongo di molto tempo per allenarmi e correre a più non posso, supplendo così con l’agonismo e la volontà ad una tecnica non proprio raffinata. Non riesco in verità ad evitare in una partita due sciagurate autoreti all’amico portiere Diddia Tala; autoreti che mi accompagneranno negativamente ed anche spiritosamente per lungo tempo.

Tanti sono i compagni di squadra alcuni molto bravi e tecnicamente dotati. Senza distinzioni di valore: Leonardo Fadda, Doddore Deriu, Doddore Delogu (Purgatoriu), frades Simula Michelanghelu e Doddore, Totoi Scanu, Luisi Sanna, Andrea Tala, i “bambini” Lello Pagliaru e Tore Masia ( detto speedy gonzales per la sua velocità), Marcellino Scanu, Peppe Saba (Beicapelli), Giulio Cesare Mura, Leonardo Fiori (molti anni dopo sindaco di Ittiri dal 1998 al 2004 ), Giovanni Manca, Anghelu Cossu, Franco Calvia, Michelino Gadau, Salvatore Trini, Piero Fadda, Antonio Spina il fratello di don Salvatore, Leonardo Biosa, Gavino Dau e Gavino Lucariello da Sassari. Sicuramente dimentico qualcuno a cui chiedo venia permanente.

Sulla panchina si avvicendano Totoi Manca, e Pietro Bulla di Cagliari, (che introdussi io, avendolo come “amico di pensione” a Sassari, dove a febbraio del 64 avevo iniziato a lavorare in Banca Commerciale) e Gaetano Lubino di Sassari.

A causa del lavoro (e meno male) nonchè degli ormai scarsi e sporadici allenamenti si appalesavano evidenti i miei limiti tecnici e fu inevitabile il conseguente declino della mia “carriera” di calciatore, peraltro senza speranze sin dall’inizio. Nel corso del campionato 65/66 fui peraltro ceduto all’Usinese, ma anche da quelle parti il mio apporto pur apprezzato per l’impegno e la serietà non incise più di tanto.

A proposito di quei tre campionati dell’Ittiri due 63/64, 64/65 e 65/66, i cui piazzamenti senza infamia e senza lode trovano spazio nel tabulato riassuntivo, a conclusione della storia, debbo sottolineare il significato e l’importanza della iniziativa della Chiesa. Attraverso il suo parroco, con il quale di lì a poco e poi successivamente negli anni, mi sarei ritrovato in quasi permanente conflitto, a volte anche con una certa durezza, era stata possibile la ripresa ufficiale dell’attività calcistica e l’iscrizione finalmente ad un regolare campionato FIGC.

I risultati tecnici non furono esaltanti ma il convoglio calcistico ittirese era finalmente ripartito su basi organizzate e istituzionalizzate.

Un pugno di ragazzi “calciatori da se” ed un gruppo di dirigenti, in parte anche loro già calciatori, finalmente si incontravano e nasceva una società: l’US Ittiri (due).

Voglio rivivere con emozione alcuni aspetti di quell’inizio della stagione 63/64 ancora attraverso le lettere di Doddore Sechi, intrise di controllata, ma intensa malinconia per la costretta lontananza da Ittiri e dalla squadra.

La sua capacità di scrittura e di intelligente lettura delle situazioni, la sua voglia di ricevere notizie e di comunicare, la sua verve polemica innata, la sua incrollabile fede “milanista”, l’ironia e l’autoironia sono coinvolgenti e attuali, tali da farci sentire con più rammarico la sua scomparsa.

Doddore – Novara 10 ottobre 63, Carissimo Antonio, oggi ho ricevuto la tua lettera e tanto per riprendere le vecchie abitudini ho deciso di risponderti subito. …….. Poi un’altra questione, tanto per cambiare argomento: hai parlato di calcio, di partita persa per 7 a 2, però non mi hai detto come era composta la squadra; la formazione insomma non ho certo saputo com’era; e siccome a queste cose io ci tengo, voglio un rapporto dettagliato della situazione calcistica ittirese. Non ti preoccupare per le scarpe: ormai il loro dovere l’avevano fatto ed avevano diritto al loro eterno riposo. Presto ritornerò e non rimarrò certo senza scarpe: tanto più che a quanto pare avete bisogno di una mano in difesa: se no le autoreti chi le fa? Però promettimi che se quando ritornerò sarai milionario, le scarpe me le ricomprerai tu. D’accordo? – d’accordo.

Doddore – Novara 27 ottobre 1963, Antonio carissimo, ti assicuro che per un paio di giorni ho temuto che tu non mi scrivessi e che aspettassi il mio arrivo in Sardegna in occasione del campo militare…...e parliamo di calcio, cosa che come giustamente dici, mi piace di più. Certo i risultati non parlano a vostro favore, e neppure il peso della squadra. Ho calcolato che ad occhio e croce peserete in tutto circa 500 Kilogrammi. Se mettiamo poi che Doddore Simula ne pesa circa 80 da solo, il risultato non è dei più confortanti. E col mio arrivo, almeno per quanto riguarda il peso, la situazione non cambierà certo molto, anche se sono un bersagliere. Comunque muoio dalla voglia di giocare e il fiato non mi manca certo. Se poi trovo un paio di scarpe di mio gradimento prometto che farò faville. Tremino i nostri futuri avversari man mano che si avvicina il giorno del mio congedo. E speriamo che veramente venga a marzo. Mi hai parlato dei dirigenti della squadra persino di un prete, però non hai accennato al pubblico. Sai bene che quello conta molto e non solo per l’incasso. Quando c’è il tifo vuol dire che c’è la squadra, e non vorrei pensare che dato che la squadra è ancora in fase di sviluppo, il pubblico sia scarso o scettico nei vostri confronti. Ragguagliami dunque su questo argomento e ne saprò trarre le dovute conclusioni. Poi, dato che tra un mese giorno più giorno meno, conto di fare la licenza ordinaria preparatemi un posto in squadra e spero di poter fare bene la mia parte. Infine non ho capito bene chi sia questo Michelino Gadau che a Usini è stato autore di un magnifico gol. Sono contento che Leonardo Fadda abbia vinto la sua timidezza e che si sia convinto delle sue grandi possibilità, della sua bravura e della sua forza, veramente notevoli. Fagli i miei auguri e i miei complimenti e digli che mi aspetto da lui grandi cose e una caterva di gol. Sono sicuro che sfonderà e che l’Ittiri andrà in promozione. E vorrei sapere un’altra cosa dato che mi hai parlato anche della Sardegna-Ittiri, e cioè, se gioca ancora a Ittiri e se veramente porta ancora quel nome. Nel caso dovranno sistemare il calendario in modo che vi avvicendiate sul campo e che a Ittiri non manchi mai lo spettacolo calcistico domenicale…..Dimenticavo di esprimere il mio compiacimento per l’avvenuto risveglio di Franco Simula in campo organizzativo. Auguri anche a lui in questo settore anche se io lo preferivo come giocatore , tanto più che ce n’è veramente bisogno. Ad ogni modo, se tu ti riprendi e cominci a giocare sullo standard che ti è solito, puoi occupare benissimo il suo posto e sono certo che non lo farai rimpiangere. Per rimanere in argomento calcio parliamo un po’ dei grossi calibri e naturalmente del Milan: è o non è la migliore squadra del mondo del momento?.... Mica è la Fiorentina. A proposito, fai ancora il tifo per quella specie di squadretta? Amico caro adeguati ai tempi e salta il fosso se non l’hai già fatto. Questo vale anche per i vari Vittorio Caria, Giommaria Desole, Velasquez (Antonio Farris.), Simone e per i fratellini Cannoni, tutti quelli insomma che aspettano soddisfazioni in campo calcistico dalle varie vecchie signore e dai cosiddetti maghi. Per altri dieci anni lo scudetto è ipotecato, quindi si mettano il cuore in pace, o se vogliono continuare a combattere lo facciano per le piazze d’onore. Contenti loro…..

Doddore – Novara 20 novembre 1963, Carissimo Antonio, ……devo rimanere quì a Novara a fare i collegamenti radio con i vari distaccamenti del Reggimento. Mi posso considerare ottimamente imboscato, però è naturale che avrei preferito fare tutti i servizi possibili e immaginabili, ma andare a Milano. Purtroppo sono troppo sfortunato e devo rassegnarmi a rimanere. E inoltre per completare la frittata, mi hanno fatto pure caporale, e per finire, le speranze di venire in licenza si fanno sempre più deboli. ………Apprendo con piacere che la squadra migliora, anzi che è fortissima; anche se questo mi fa temere che sarà difficile per me trovare un posto in squadra. E non scherzo, e bada che non lo dico neppure per sentirmi fare complimenti e assicurazioni in merito da parte tua o di altri. Ad ogni modo, se proprio non potessi giocare perché tutti siete fortissimi, sarò sempre il vostro più accanito tifoso e fedele sostenitore. Forza Ittiri, vincete sempre e andate diffilato in promozione. Ittiri merita una squadra tutta sua. Comunque non mi hai detto se la Sardegna-Ittiri gioca ancora sul nostro campo e non sei riuscito a farmi capire precisamente chi sia questo novello Altafini ittirese che risponde al nome di Michelino Gadau; perciò aspetto ancora notizie atte alla sua identificazione. In quanto a te complimenti vivissimi per il tuo recupero completo, cosa questa della quale non ho mai dubitato, e i miei migliori auguri per le future battaglie sicuro che ti vedranno sempre fra i migliori. E non ti preoccupare per T. dille, e del resto è vero, che il calcio ti serve per farti dimenticare certe amarezze………..

Ritroverò Doddore nel gruppetto di amici fondatori della Cannedu Ittiri, sul finire 1965 e ai primi del 1966 e Pino che lasciata la Finanza rientra, da goleador protagonista, nei ranghi della nuova società sportiva in occasione del campionato 66/67.

Ma andiamo per gradi perchè ancora dobbiamo far nascere la nostra Società, che al primo vagito si farà chiamare, in ricordo della gloriosa società ciclistica e del secondo nome del paese: Cannedu Ittiri.

Cap. 3°

- La Fondazione della “Cannedu Ittiri” marzo 1966 – Campionato provinciale C.S.I. Centro Sportivo Italiano

Il 1965 vide nella sua prima parte dell’anno la conclusione del 2° campionato della US Ittiri (due) di don Merella e don Spina, con presidente Franco Simula, e allenatori Manca e poi Bulla, con un onorevole 6° posto. E nella seconda parte da ottobre in poi l’iniziò del 3° campionato che si sarebbe concluso entro l’aprile del 66 sempre con Franco Simula alla Presidenza e con Gaetano Lubino in panchina, con un deludente nono o decimo posto e continuo rischio di retrocessione.

L’anno 1965 stava per finire ma le polemiche e le contestazioni rispetto alla conduzione non solo tecnica ma anche organizzativa della società montavano.

Gli sportivi reclamavano qualcosa di più, alla luce di quanto si stava verificando nei paesi più vicini, quelli dagli scontri diretti o derby più sentiti e partecipati, Usini in particolare, dove io ero “emigrato” come già detto, che vantava una ottima e dinamica dirigenza con Peppino Sau, e Thiesi che con il suo Seunis in mano alla benestante famiglia dei caseari Pinna cresceva in forza e notorietà.

L’US Ittiri (due), peraltro strutturata su basi dimensionali limitate, solo con la 1° squadra, aveva una impostazione esclusivamente parrocchiale, meritoria quanto si vuole, quando seppe cogliere il fermento e l’iniziativa spontanea di quel gruppo di calciatori che, come abbiamo visto, riavviarono il motore da tempo spento ed arrugginito del football ittirese. Ma era una società sportiva non aperta verso il grande mondo giovanile, in attesa di novità e poco inclusiva.

I suoi dirigenti, tutti facenti parte per estrazione del gruppo di don Merella - don Spina, pur dimostrando serietà, impegno e buona volontà, non apparivano più in grado di sprigionare entusiasmi e coinvolgimento. Requisiti necessari per far emergere risorse, sinergie ed attenzioni. Tutto era troppo legato alla Chiesa ed alle logiche sociali e gestionali di quell’attivissimo parroco che è stato Michele Merella. Di lui però non tutti, io fra questi, condividevano lo spirito di conservazione che lo animava in materia di costumi, comportamenti e riferimenti ideologici e politici. Troppo rigido e non sempre lungimirante rispetto ai bisogni ed ai fermenti di un ambiente specie giovanile in evoluzione di atteggiamenti, di comunicazione e relazioni. Anche se occorre riconoscere che nel paese e nella sua gente la sua opera pastorale ha lasciato un impronta importante e significativa non solo nell’ambito religioso.

L’attività sportiva andava a mio avviso strategicamente aperta a nuove istanze e, come si direbbe oggi, laicizzata. Era necessario seppure nella continuità fare cose ed iniziative diverse e di lungo respiro in quella direzione. Rinnovare. Aprire. Ma, attenzione, stando bene attenti a non ripetere gli errori del passato, frequenti e quasi inevitabili in una comunità spaccata in due, “rossi” contrapposti a ” bianchi”. Il ricordo dolce-amaro di Rinascita, rosso-verde opposta a Ittiri bianco-azzurro era non lontanissimo, ad ammonire che una cosa andava accuratamente evitata: far nascere dall’altra parte qualcosa di contrapposto che avesse il sapore partitico-politico.

Ecco, questa soluzione andava accuratamente evitata, a costo di non fare niente.

Evitare spaccature definitive è stata una costante durante tutto l’arco della mia attività da responsabile nella Cannedu e poi Polisportiva Ittiri. Contrasti dialettici sui programmi, sulla gestione delle cose, sì. Conflitti, anche aspri ma sempre nel rispetto delle rispettivi opinioni, sì. Non mi sono mai sottratto e le cronache rintracciabili degli eventi successivi lo dimostrano. Ma senza mai portare la Società a schierarsi su posizioni contrapposte di parte politica o partitica. Sarebbe stata la fine!

All’interno dei vari direttivi che si sono succeduti nel tempo, come vedremo, entravano, ed uscivano amici di tutti i colori politici dell’arcobaleno, ma da noi si doveva parlava solo di un colore, quello che avevamo scelto per le nostre magliette: il colore biancoverde. Con questo spirito, con quel calcio nel cuore abbiamo tenuto a battesimo la “creatura” e siamo andati avanti, superando ostacoli e momenti difficili. Un’operazione non tattica e del momento quindi, ma strategica e proiettata nel futuro dell’attività sportiva del paese. E la “creatura” pensata sul finire del 65 si materializza nella primavera del 1966 .

Da “Ittiri – 100 anni di sport” (di Tore Masia):…così, nel 1966, mentre l’Ittiri disputa il suo terzo campionato di 2° categoria, viene fondata un’altra squadra di calcio ittirese, la “Cannedu Ittiri” che assume i colori sociali bianco-verde. Nella primavera del 1966 la “Cannedu” partecipa al suo primo torneo CSI, piazzandosi al terzo posto. Tale squadra nasce per iniziativa di un gruppo di amici condotto da Antonio Maria Masia (noto Totoi) che, come calciatore, ha lasciato l’Ittiri in polemica col suo gruppo dirigente e che sarà presidente della Cannedu dal 1966 al 1969 e dal 1974 al 1978…..

Ora, nel 2010, la Cannedu/Polisportiva Ittiri si avvia, sicura, a celebrare i suoi primi 44 anni. Al 50°, nel 2016, sperando di esserci, dovrà essere una grande festa, magari arricchita dalla stesura del seguito a questo racconto che coloro che hanno contezza dei fatti successivi speriamo facciano.

Con questa determinazione progettuale verso la fine del 65 ho iniziato a contattare calciatori, amici, amanti del calcio interessati comunque allo sport in genere, dotati di buone capacità dirigenziali, per impostare un disegno finalizzato a realizzare una società sportiva su nuove basi, tali da implementare ed aggiungere valore, visibilità, forza di attrazione alla stanca e “morente” US Ittiri (due).

Trovai l’accordo e l’adesione entusiastica di autentici appassionati e capaci quali Vittorio Caria e Doddore Sechi, nel frattempo rientrato permanentemente dal Continente, Michele Sogos (scoioc, simpaticamente “paralumenadu”, perché da supertifoso milanista ci ricordava spesso di aver visto il suo idolo Gianni Rivera a bordo di uno yacht), Totoi Meloni, che però subito dopo si disinteresserà da una più attiva richiesta e necessaria partecipazione e lascia, Andreuccio Lonis, che sarà sempre fra i collaboratori più attivi e dinamici, e Cicciu Fadda.

Decidemmo così di dar vita ad un gruppo che, non appena organizzatosi statutariamente, avrebbe dovuto esercitare non attività di contrapposizione alla squadra del gruppo don Merella, ma fare da richiamo, da attrazione, al fine di indurre la società “contestata” a lasciarci il passo.

Il progetto era ambizioso e non facile. Contava e puntava sul seguito che, eravamo fiduciosi, avremmo riscosso fra gli sportivi, ma soprattutto fra i giocatori tesserati con l’Ittiri e che avevano in corso il loro torneo da concludere entro l’aprile del 66.

Ancora di più speravamo di “ereditare” il seguito in conseguenza della evidente (a noi così appariva) stanchezza e carenza di organizzazione e motivazione da parte dei dirigenti della US Ittiri (due). Naturalmente erano speranze, al limite del sogno, che nel nostro ingenuo furore giovanile e voglia di realizzare si trasformavano in cuor nostro, giorno dopo giorno, in certezze.

Ovvio che per proporre apertamente il programma come pensato occorreva passare dall’idea, dal “concepimento” all’esistere ed operare.

Nella primavera del 66, a conclusione del 3° campionato 65/66 di 2° categoria della US Ittiri (due), decidemmo per l’appunto di esistere e di operare e di “battezzare” così la nostra “creatura”. La Cannedu Ittiri.

Quanto discusso fra di noi a fine del 65 e ai primi del 66, a volte anche accanitamente, e a volte chiedendo riservatamente anche lumi e suggerimenti ad alcuni “vecchi” dirigenti calcistici dei tempi andati (tra i quali ricordo nettamente Baingio Oggiano, che non fu parco in quella circostanza di pareri), si trasformò in realtà nel marzo del 66.

Fu redatto un primo sommario atto costitutivo, utile per l’iscrizione al CSI, che poi datato agosto1966 fu completato con i dati e gli articoli statutari necessari per l’iscrizione al campionato FIGC di 2°categoria 1966-67.

Con l’occasione, non essendo stato possibile al momento, rintracciare i due documenti citati riporto in appresso la parta iniziale della revisione dello Statuto sociale (ora vigente) operata in data 14.7.1983. Con un importante precisazione: il riferimento, art 1, data di fondazione al 15.3.1965, con la definizione “agli effetti sociali” potrebbe essere con tutta evidenza un errore.

Probabilmente si voleva dire 15.3.66. La data indicata 15.3.65 contraddice circostanze e logica ( che senso aveva “nascere” a marzo del 65 ed iniziare l’operatività nell’aprile del 66? Nel frattempo nel corso di oltre 12 mesi cosa avrebbe fatto la “neonata”? Avrebbe vissuto nella clandestinità?). A marzo 65 operava ancora attivamente l’US Ittiri (due) ed aveva in corso il suo 2° campionato FIGC. e a settembre avrebbe iniziato il suo terzo torneo.

Invece, fatto salvo il ritrovamento di inoppugnabile documentazione, l’inizio della nostra attività con il torneo CSI, creata la società nel marzo del 1966, tesserati i giocatori entro il mese successivo di aprile, doveva cominciare a maggio 1966.. Come documenteremo.

E quindi le date fondamentali sono queste:

-il progetto Cannedu Ittiri comincia a prendere corpo alla fine 1965 ,

-ma si concretizza e “regolarizza” nel corso del mese di marzo del 1966.

E’ quindi quest’ultima la data di partenza della nostra Cannedu Ittiri, della nostra storia.

Si partiva finalmente con i 7 soci fondatori: Vittorio Caria che assumeva la carica di Presidente, chi scrive vice presidente, consiglieri Doddore Sechi, Michele Sogos, Totoi Meloni, Andreuccio Lonis e Cicciu Fadda. Colori sociali, bianco e verde e come simboli i cinque cerchi olimpici in verde. Il suo nome Cannedu Ittiri.

Gli stessi colori e lo stesso simbolo che terremo negli anni successivi come si rileva da questa tessera che mi ritrovo, e che gelosamente conservo. F. 19

l’unica che mi sia stata inviata, mentre lavoravo ed abitavo a Pisa, dall’amico Presidente Salvatore Sarria, artefice con la squadra l’anno prima 82/83 di un torneo di 1° categoria chiuso al 1° posto ex- aequo con il Malaspina, e del successivo passaggio al torneo di Promozione Regionale, nonostante la sconfitta nello spareggio. Il quarto spareggio perso, fortunatamente non fatale.

Tutti d’accordo che non avremmo dato vita ad una attività sportiva in competizione diretta con l’Ittiri, escludemmo pertanto di iscriverci ad un torneo FIGC, a partire dal primo livello iniziale allora possibile. Decidemmo comunque di far partirer la nostra operatività iscrivendoci all’unico torneo provinciale, disponibile sul momento, nell’ambito delle attività sportive che organizzava quella grande istituzione, di matrice cattolica, ( per ironia della sorte di chi come noi voleva “allontanarsi” dalla squadra della parrocchia ), che era il Centro Sportivo Italiano - C.S.I.

E verso la fine del mese di aprile, già redatto lo Statuto provvisorio da presentare al CSI, e messi insieme un pugno di giocatori, me compreso, iniziammo.

Vittorio Caria, visto il mio impegno da calciatore, assumeva per il breve periodo del torneo, che doveva durare fino a giugno/luglio, l’incarico di Presidente, sapendo fra l’altro che poi avrebbe dovuto comunque lasciare, in coincidenza della sua partenza per il servizio militare di leva. Come poi avvenne ai primi di ottobre.

Accennavo all’ironia della sorte, che è del tutto evidente leggendo la parte esterna, punti 1 e 2, del mio tesserino di iscrizione al CSI n. 533249 del 26-4-66 e vidimato il 30-4-66 .

Disputammo un discreto campionato classificandoci al 3° posto e meritandoci l’attenzione degli sportivi, e soprattutto quella dei giocatori dell’ US Ittiri (due) che, finito proprio in quei giorni il loro campionato, iniziavano a seguirci con interesse, molti di loro iscrivendosi con noi al torneo CSI, a partire dal capitano Peppe Saba. L’iscrizione al CSI non era incompatibile con l’essere tesserati FIGC.

Ecco anche cartellino CSI di Peppe.

Erano comunque tutti amici cari, con i quali si era precedentemente e a lungo giocato insieme. Peppe Saba, ottimo calciatore, influente sui compagni, che come capitano mi aveva sostituito nell’ US Ittiri (due), ebbe da subito verso la nostra iniziativa una particolare attenzione, che fu poi positivamente contagiosa nei confronti di tanti altri giocatori. Giocatori che come speravamo, avrebbero dovuto lasciare la squadra di don Merella e soprattutto “allontanarsi” da don Spina, che da tanti era sentito amichevolmente più vicino e molto benvoluto.

Ma come temevamo non tutto fu facile, anzi le polemiche ed i contrasti divamparono.

Ci accusarono, anche con veemenza, di voler sfasciare, di essere inadeguati e velleitari e confezionarono previsioni di rapida dissoluzione del nostro gruppo. Non dimentico aspri contrasti, che a volte si trasferivano anche sul piano dei rapporti fra amici ed in famiglia. Ricordo a causa di quel clima conflittuale qualche piccolissimo e fortunatamente non duraturo dissenso con quella che sarebbe poi diventatati mia moglie, la cui famiglia aveva radicate consuetudini con quella parrocchia e con il suo responsabile.

Ma, nonostante la polemica le cose alla fine andarono come da noi auspicato.

Noi rimanemmo compatti, trasparenti e leali con tutti sin dall’inizio, spiegando sempre quale era il significato strategico del nostro progetto, quale il nostro obiettivo. Non un’altra società sportiva in competizione con quella esistente, ma una nuova società che, sostituendosi a quella esistente, si proponeva di portare avanti su altre e più ampie prospettive il progetto sportivo ittirese ad esclusivo vantaggio dei giovani. Che all’epoca non avevano altro a disposizione se non la parrocchia (e questo era senz’altro un bene) e le lunghe passeggiate, vasche diciamo oggi, lungo il nostro corso ad incrociare saluti e sguardi amorosi e/o amichevoli (ed anche questo era un bene). Ma non altro (e questo non era un bene).

Alla fine il nostro punto di vista passò. In pratica tutte le nostre aspettative si realizzarono. I giocatori, nessuno escluso, si schierarono con noi. E rientrava a Ittiri per restarci anche il bomber Pino Delogu.

Noi nel frattempo avevamo rafforzato il Direttivo con ottimi ingressi. Perso, per i 18 mesi della leva Vittorio, ricordo, con un pizzico di orgoglio ed ancora di perdurante soddisfazione, che persuasi diversi amici e conoscenti a farne parte. Faticando non poco a convincerne alcuni. Come fu per un futuro grande e fraterno amico, che allora conoscevo appena, per averlo incrociato, verso la fine del 64, nel corso di una consulenza contabile che come “ragionierino”, ancora fresco di studi e da alcuni mesi impiegato in Banca Commerciale a Sassari, avevo dato ad un comune conoscente artigiano del paese. Da allora Giommaria Fiori (Mimmiu), noto per le sue capacità di amministratore e di mediazione svolse sempre, durante le mie presidenze, il ruolo di vice presidente. Ma non fu mai secondo a nessuno per intuizione e moderazione. A lui dobbiamo la pacifica definizione di diverse situazioni conflittuali, verificatesi nel corso dei miei mandati, e non solo. Altri acquisti importantissimi: il fratello di Vittorio, Michele Caria, che chiamavamo con affetto “Totò”, per la sua innata allegria, il suo viso simpaticamente irregolare ed alcune smorfie che ricordavano il grande Principe De Curtis.

A proposito di “Totò”, collaboratore fra i più appassionati e generosi, quando mi vedeva oltre che regalare battute da ridere a crepapelle, mi ripeteva: a Ittiri ci sono tre pazzi per la poesia, Debolezza, Manca e Masia, riferendosi alla nota passione mia e della mia famiglia per l’arte di Calliope. Non ho mai saputo chi era il Manca a cui si riferiva, invece il nostro mitico banditore lo conoscevamo tutti.

Michele iniziò la stagione 66/67 come Segretario e poi sostituendomi come ottimo e vittorioso Presidente nella stagione 69/70, quando la squadra vinse il torneo di 1° categoria ex-aequo con il Luras, perdendo poi lo spareggio.

Il secondo in ordine di tempo dei fatali quattro spareggi persi dall’Ittiri. Del primo e del terzo dobbiamo ancora parlare. Del quinto, vinto finalmente di recente a conclusione della stagione 2007/2008 contro il Carbonia ed il Porto Torres, ci occupiamo subito per sottolineare con piacere che, grazie all’evento, la nostra squadra scala la promozione per militare, a partire dal torneo 2008/2009, in Eccellenza.

Ulteriore prezioso incarico fu quello di Andreuccio Lonis che raccolse l’onere del Tesoriere. Entrò infine a far parte del Direttivo l’appassionato Antonio (Titti) Cossu, già calciatore della Rinascita che si mise a completa disposizione della società. Questo caro amico entrato subito dopo la fondazione l’abbiamo sempre visto e considerato quasi alla stregua dei soci fondatori. Come avvenuto per altri, Simone Tavera, Michele Caria, Giommaria Fiori, Salvatore Lupinu, Antonio Pischedda…….

Per Statuto proposi e fu introdotta una regola importante, rivelatasi nel proseguo alla stregua di una clausola di garanzia “ d’oro”, che infatti, a fine del torneo 73/74, tornò utile e preziosa come diremo più avanti. Stabiliva infatti che nell’ipotesi di un eventuale e deprecabile crisi della Società, prima di procedere allo scioglimento, sarebbe stato necessario, anzi indispensabile, rivolgersi per un parere decisivo ai soci fondatori, qualora in vita . La regola è ancora vigente, così come recita l’art. 25 del rinnovato Statuto.

Ed inoltre da art. 21:

-Alle riunioni del Consiglio Direttivo, oltre ai componenti possono partecipare con voto puramente consultivo i membri del Consiglio Sindacale; persone invitate dal Presidente o gli ex Presidenti della Società dalla sua Fondazione.

E da art. 28: a proposito del Commissario straordinario o coordinatore di un comitato provvisorio di reggenza:

- a) Tale figura giusto quanto previsto dall’art 25 del presente Statuto Sociale, assume provvisoriamente e temporaneamente per un periodo non superiore a gg.45 i poteri concernenti il Consiglio Direttivo. E fatto comunque obbligo al Coordinatore o Commissario consultarsi con i collaboratori anch’essi a titolo provvisorio o quantomeno con i membri del C.S.. o con i Soci fondatori della Società prima di procedere all’adempimento di atti nei quali possono essere configurati il futuro o l’esistenza della Società stessa.

-c) al termine dei 45 gg di reggenza provvisoria dovrà provvedere, unitamente ai membri del C.S. e Soci fondatori alla convocazione straordinaria dell’Assemblea, per l’elezione del nuovo C.D., secondo le forme e le modalità ritenute al momento opportune. …..

Comunque, e al di là della clausola di salvaguardia opportunamente prevista, ritengo che nell’opera di convincimento verso amici e conoscenti e giocatori ad aderire al nostro progetto, abbia contribuito non solo la mia notoria e spesso scherzosamente commentata o criticata “insistenza” sulle cose, ma anche e soprattutto la compatezza, la dedizione, la passione, la credibilità che il gruppo riusciva a comunicare.

Era questa la chiave del successo e dell’accesso agli altri, quella impalpabile attrazione che allora, gli altri percepivano da noi, quel calcio riusciva a passare dai nostri cuori ai cuori degli sportivi e non solo.

Ogni socio, ognuno che ci dava ascolto era per noi una conquista . Non avevamo, non abbiamo mai avuto sponsor o finanziatori, a parte qualche breve anticipazione di spese da parte di qualcuno di noi, del direttivo. Tutti alla pari a prescindere da provenienze e situazioni professionali ed economiche personali e tutti a chiedere collaborazione, aiuto, e coinvolgimento.

La soluzione al braccio di ferro che riempì praticamente tutta l’estate del 66 avvenne alla fine attraverso un incontro quasi amichevole, comunque civile e cordiale, con i dirigenti dell’Ittiri. Franco Simula ancora Presidente. Incontro certamente deciso e consentito dallo stesso don Merella, nel corso del quale una volta per tutte si dichiarava che l’ US Ittiri (due) non si sarebbe reiscritta al campionato FIGC di 2° categoria, lasciandoci così liberi di operare e gestire secondo i nostri programmi.

Finalmente potevamo dare corso a quanto pensato e deciso sin dalla fine del 65.

Avevamo scommesso tutto sull’entusiamo, e sulla forza di contagio della volontà del fare e Franco Simula, avveduto e lungimirante come sempre, ce ne dava atto, riconoscendo in fondo che lui stesso, che già aveva dato tanto al calcio prima da calciatore e poi da dirigente, e i suoi amici non avevano più le motivazioni e gli stimoli necessari per continuare.

Partimmo con determinazione e passione, con quel calcio nel cuore e nella mente, e ottenuto il consenso della FIGC, in sostituzione dell’US Ittiri, che lasciava definitivamente la scena, ci iscrivemmo come Associazione Cannedu Ittiri al torneo di 2° categoria 1966/67, con me Presidente e come allenatore il Prof. di educazione fisica dell’Istituto Tecnico La Marmora di Sassari., Bruno Deriu. Che era stato mio insegnante di ginnastica.

Cap. 4°

– il 1° campionato FIGC – 2° categoria 1966/67

Affrontammo con coraggio tutti gli impegni della stagione che partiva ai primi di ottobre di quel 1966, ponendoci il problema della buona ripartizione delle cariche sociali ( Giommaria Fiori vicepresidente, Michele Caria segretario e Andreuccio Lonis cassiere davano assolute garanzie). Gli altri del direttivo, Michele Sogos, Totoi Cossu, Bingiu Fadda, ed esterni che collaboravano con entusiasmo encomiabile tipo Giuannantoni Dore ( foghile oppure “su calamu”, il soprannome che vuol dire cancello, indicava che prima di varcare l’ingresso de “su Padru” bisognava mostrare il biglietto al nostro Caronte che scrupolosamente controllava..e introduceva o respingeva) e Natalinu Mura (nelle volenterose vesti iniziali di un improbabile massaggiatore).

Risistemato al meglio il locale adibito a spogliatoio, posto nella parte alta del campo, data una spolverata a “sa rocchitta”, riparate le buche nella recinzione della rete metallica del terreno di gioco, potevamo veramente cominciare.

Ma non bastava occorreva trovare risorse finanziarie, coinvolgere gli sportivi ed impostare da subito il settore giovanile. Per quest’ultimo incarico contammo sulla disponibilità e generosità di Doddore Sechi, che per impegni di lavoro “appendeva le scarpette”, dopo la disputa del torneo CSI.

Come le appendevo definitivamente anche io, non solo per impegni di lavoro ma anche e soprattutto per l’inadeguatezza evidente al ruolo, salvo anni dopo riprenderle a livello molto più basso, ma sufficiente, nell’ ambito della squadra della banca a Sassari Olbia e Frosinone per la disputa di tornei aziendali (più o meno). Di questo aspetto che si incrocerà proficuamente con la storia della Polisportiva, non mancheremo di parlarne più avanti . E comunque, all’inizio dell’avventura della Cannedu, non c’era spazio per altro, il mio compito primario, da responsabile del gruppo, era quello di tenere le fila di tutto e di coinvolgere più sinergie possibili.

La grande ed immediata attenzione al “vivaio”, tramite soprattutto Doddore Sechi, e l’annata successiva soprattutto da parte di Vittorio Caria al suo rientro dalla leva, ci consentiva la disponibilità via via di un bel numero di valide “promesse” locali e soprattutto la considerazione positiva degli sportivi.

Questo significò anche il coinvolgimento di famiglie intere nel nostro progetto ed una sufficiente raccolta di risorse tutte le volte, e capitava spesso, quando in lungo e largo per il corso, la domenica mattina, o al campo chiedevamo contributi ed adesioni alla campagna tesseramenti.

Mettemmo in piedi, forti delle disponibilità acquisite, una prima squadra all’altezza dell’impresa.

Al ruolo di portiere chiamammo l’amico “kamikaze”, perché coraggioso e spericolato nelle “uscite “, Piero Farris, e sempre da Usini altri due amici, due autentici mastini della difesa i fratelli Angelo e Gavinuccio Ligas, nel ruolo di stopper il roccioso Giovanni Manca (ziugiuanne), dalle sue parti non si passava facilmente, l’elegante terzino cursore di fascia destra Anghelu Cossu il nostro Facchetti, uno dei migliori prodotti del nostro calcio, il funambolico ed estroso sassarese Leonardo Biosa, capace di rovesciate al volo da lasciare col fiato sospeso, la promessa del calcio locale, figlio d’arte di Attilio, Lello Pagliaro mediano di interdizione e di limpida impostazione, il giovanissimo velocista e poi campione sardo dei 300 metri piani, di cui parleremo ancora più avanti, Tore Masia, il classico e ordinato, con ottima visione di gioco, Antonio Spina, il goleador Pino Delogu con il fiuto innato della rete, ed infine il capitano Peppe Saba, piccolo ma di classe raffinata e di cuore grande per agonismo e dedizione ai colori sociali. E’ stato soprattutto lui il cuore e la bandiera della Cannedu.

Un bel gruppo, integrato all’occorrenza dal ricco vivaio giovanile, che ci forniva non solo speranze ed illusioni ma apporti concreti..

Si alternano infatti fra le giovanili e la prima squadra elementi di sicura prospettiva Piero Mura, fratello di Giulio Cesare, Peppe Canu (Pipistrello), Battista Cau e Peppineddu Cossu (del valore di quest’ultimo parleremo più avanti).

E tutti pieni di voglia di fare bene. Solo il rimborso delle spese vive, all’epoca, per le ore sottratte al lavoro e dedicate agli allenamenti, per gli spostamenti e, quando si poteva, qualche piccolo premio partita, deciso sul campo e finanziato lì per lì, con lira su lira questuata o per il campo o per il paese.

Alcuni si allenavano di notte, quasi al buio, il campo non era ancora illuminato se non dalla luna quando gentilmente presente. La passione e il desiderio di giocare prevalevano su tutto. Nasceva così l’affetto e la dedizione, il senso di appartenenza ai colori sociali, lo spirito di gruppo ed il supporto entusiasta e spontaneo da parte degli sportivi.

Era quello il calcio che ci portavamo dentro.

E, a proposito di cuore, iniziavano seppure timidamente, alcune leggiadre bellezze ittiresi ad affacciarsi al campo. Grande novità per l’epoca! Da incoraggiare. In quel caso “Su Calamu” aveva disposizioni precise: ingresso gratuito. Noi sull’incremento della presenza femminile in “su Padru” per le partite (fatto inusuale sino ad allora) contavamo molto, perché come evidente il richiamo era fortissimo, e più ragazze significavano più giovanotti paganti intorno al rettangolo di gioco.

Però, però… al di là dell’entusiasmo e dell’impegno notevole da parte di tutti i risultati alla fine dell’anno 1966 furono piuttosto deludenti: 5 sconfitte solo due vittorie ed un pareggio. Poco per non far partire un po’ di polemiche e contestazioni, anche all’interno del Direttivo, dove Doddore Sechi, lasciando spazio al suo vivace temperamento, e forte dei risultati positivi del settore giovanile, per il quale avrebbe voluto un maggiore inserimento in 1° squadra, sostenne accanitamente la sostituzione del tecnico. Al posto di Bruno Deriu che, percepito il clima, signorilmente anticipò l’eventuale decisione del Consiglio, dimettendosi. fu richiamato Gaetano Lubino, già tecnico dell’ultimo torneo della US Ittiri (due) e già tecnico anche del nostro torneo CSI.

Due rare foto di quel nostro primo campionato FIGC del 66/67.

Oltre le foto conserviamo due significativi articoli sulla Nuova Sardegna. Uno riporta una mia lettera al giornale del Natale 66, a giustificazione del non brillante andamento della squadra a fine anno.

Si prendeva atto dei modesti risultati sin lì ottenuti, ma si dava assicurazione convinta di unanime ed immutato impegno a proseguire con il fine di ribaltare la situazione. E soprattutto si ponevano in evidenza i brillanti e preziosi risultati che si andavano costruendo nel settore giovanile.

A fine novembre la perdita di mio padre, e da quel momento una piccola striscia a lutto insisterà sulla mia giacca, per diverso tempo, come testimoniano le foto di alcune formazioni.

Così si evidenziavano a quel tempo, da parte maschile, le grandi assenze. Vestire di nero per le donne, per lunghi periodi, era invece d’obbligo. Abitudini fortunatamente superate. Il dolore è intimo e non ha colore da esternare.

Quella domenica, io assente, come già accennato, si disputò la classica Ittiri-Fertilia (alla fine vincitrice del campionato), che ci vide soccombere (una delle citate prime 5 sconfitte), nonostante l’impegno di tutti i giocatori che, fascia nera sul braccio, avrebbero voluto dedicarmi la vittoria.

Come avevamo promesso ed a premio di un notevole sforzo organizzativo e impegno agonistico dei giocatori riuscimmo in parte ad invertire la tendenza negativa ed a chiudere con qualche soddisfazione il nostro 1° campionato FIGC 66/67.

Con il secondo articolo del 23 agosto 67, in vista del Torneo successivo 67/68, si fa il punto di una stagione conclusa infatti dignitosamente con un più che onorevole 5° posto in classifica, un 3° posto nel campionato Juniores ed un 2° posto nella coppa Primavera, a riprova che occorreva insistere e puntare sempre di più nel settore giovanile.

Ecco la trascrizione del servizio giornalistico al cui racconto non aggiungiamo niente:

Ittiri, 23 agosto 1967. Concluso nel migliore dei modi il primo anno di attività (quinta classificata nel campionato di seconda categoria, terza nel campionato juniores, e seconda nella coppa Primavera) la Cannedu di Ittiri anche quest’anno si appresta, con rinnovato ardore, a riprendere la sua attività.

L’assemblea dei soci, tenutasi ai primi di luglio, ha accolto favorevolmente il lavoro svolto dal consiglio direttivo ed ha accordato ad esso piena fiducia anche per una nuova annata ed ha eletto altri sei membri ritenuti indispensabili per i programmi prefissati dalla società. Quest’anno, infatti, la Cannedu parteciperà al campionato di seconda categoria, a quello juniores nonché alla coppa primavera,inoltre verrà istituito un centro NAGC per curare il folto vivaio locale.

La Cannedu cercherà di essere primattrice su tutti e tre i fronti e per questo sono stati acquistati alcuni elementi di indubbio valore. E’ stato innanzi tutto chiamato alla direzione delle tre squadre un nuovo allenatore, Pino Cuccureddu, già noto per aver portato in promozione la Libertas Alghero ed il Fertilia, sua ultima squadra che quest’anno ha lasciato, dopo aver raggiunto lo scopo che si era prefisso due anni fa, al momento della sua chiamata alla direzione tecnica dei giuliani.

La preparazione delle tre squadre avrà inizio domenica prossima; tra i nuovi giocatori sono i giovanissimi Pensè che ha già giocato a Roma con la nazionale sarda allievi, Scarpa e Cuccureddu, quest’ultimo il figlio dell’allenatore, tutti e tre di Alghero, Marras terzino sinistro proveniente dal Dolianova, Decandia, già dell’Ittiri, che quest’anno dovrebbe partire titolare nel suo ruolo e Sanna proveniente dal Bono. Sono ancora in corso le trattative per far venire ad Ittiri lo stopper Palma anch’egli del Bono, il centravanti Setta militante in serie superiore in una squadra del continente ed un altro giocatore il cui nome non è stato ancora reso noto, ma si assicura di indubbia levatura. Sono stati ovviamente riconfermati i migliori elementi della passata stagione: Farris e Dedè in porta, il terzino Cossu, lo stopper Manca, la mezz’ala Pagliaro, l’ala Delogu, il centravanti Canu, ed i due jolly della squadra Saba e Biosa.

(Il figlio del Sig. Cuccureddu di cui si parla non è Antonello, che diventerà poi il grande giocatore della Juventus e della Nazionale e che l’anno prima era passato dal Fertilia alla Torres, n.d.a.)

Cap. 5°

- 2° Campionato FIGC - 2° categoria – 1967/68

Chiuso con risultati inferiori alle aspettative, ma onorevolmente, il nostro primo impegno, ci preparavamo, durante l’estate del 67, per il secondo torneo in 2° categoria, determinati a cercare la vittoria finale ed il passaggio al livello superiore.

Di questo torneo abbiamo diversa documentazione giornalistica e alcune foto, anche grazie all’impegno di Vittorio Caria, nel frattempo rientrato nel direttivo a conclusione della sua “naia”. Nel ruolo di segretario, in sostituzione del fratello Michele, che assumeva l’incarico di vice presidente assieme all’altro vice Mimmiu Fiori, Vittorio seppe assicurare alla Società regolarità amministrativa e comunicazione. In diverse occasioni si occupò anche delle cronache delle partite poi riportate sul giornale..

Il Direttivo in parte si rinnova ed in parte si amplia, attraverso regolari e partecipate elezioni, con l’ingresso di un altro ottimo e valido collaboratore: l’amico “fedale” ( mio coetaneo) ed anche compagno di scuola alle elementare e medie, Simone (detto “di Galilea” o “Simoncino” per via della sua “ non ragguardevole altezza”), fresco rientrato dai suoi 18 mesi di servizio militare, amico e collaboratore di grande temperamento e impegno a non finire. Nel Direttivo 76/77 prenderà in mano cassa e bilancio con professionalità e bravura. Altro ingresso che si rivelò foriero di significativa collaborazione materiale e all’occorrenza finanziaria fu quello di Salvatore Lupinu (Silibani), arguto polemista dalla battuta divertente, satirica e tagliente.

Unico dispiacere, forse mai più rimarginato, confermati quasi tutti i dirigenti dell’anno prima, perdiamo per dissapori e dissensi con la mia gestione, Doddore Sechi.

A quel tempo il suo livello di sana ed opportuna rivisitazione critica della gestione della Società si era accentuata. E via via andava spostandosi sempre di più sulle posizioni di un gruppo di tifosi che iniziava a voler “imporre”, alcune soluzioni tecniche alla squadra. Il conflitto diventava, così, pericoloso per la tenuta della compagine ed insostenibile. Ricordo, ancora con dispiacere, che nel corso di una infuocata riunione di Consiglio, che si riuniva ogni settimana se non di più, Doddore d’impulso e “accusandomi” di troppo e non democratico decisionismo, rassegnò le dimissioni da dirigente, pur assicurando la sua vicinanza e sostegno morale alla squadra. Cosa che puntualmente fece.

Quella fu un ferita ed una sconfitta di cui, visti i rapporti fraterni che ci legavano, ho sempre sofferto. Divergenza, che successivamente non abbiamo mai definitivamente chiarito, pur essendo rimasti i rapporti sempre amichevoli e di reciproca stima.

E adesso non è più possibile, purtroppo, sanare alcunchè!

Dimenticavo, vengo riconfermato alla Presidenza a seguito di una assemblea di soci partecipata e numerosa, che mi consentì anche “la libertà” di assegnare i vari ruoli esecutivi ai componenti il Consiglio Direttivo.

Il nostro entusiasmo riusciamo a trasmetterlo ai tifosi che in gran numero aderiscono alla campagna soci. Galvanizzati, i tifosi, iniziano a credere nel passaggio di categoria e ci accreditano di tale prospettiva anche gli avversari del Girone D al quale veniamo assegnati come dimostra l’articolo che segue più avanti. Girone composto da Usinese, Seunis, PPTT Nuoro, Goceano, Bono, Buddusò, Olmedo, Siniscola, Bonnanaro, Libertas Nuoro, Libertas Ozieri, Torralba -una nostra vittima, 7-0 in casa e 7-0 fuori casa-, ed infine la Sardegna- Ittiri, poi indicata solo come Sardegna. Una squadra, quest’ ultima, composta da dirigenti e giocatori di Sassari alla quale veniva data sin dai tornei dell’US Ittiri (due), la disponibilità del nostro campo. A partire dal torneo 68/69 la cosa finì.

Le strutture del campo vengono migliorate, negli impianti idraulici, nella recinzione, nelle panchine e soprattutto viene notevolmente rafforzata la 1° squadra, anche attingendo dal ricco e valido settore giovanile. Attivissimi nella “campagna acquisti”, che ci vide protagonisti e presenti in tutte le piazze calcistiche che allora contavano, riuscimmo a portare da noi alcuni giocatori di assoluto valore.

Iniziava sin da allora a farsi pressante ed inevitabile l’esigenza di programmazione e la necessità di arricchire la competizione con l’integrazione di buoni e riconosciuti giocatori esterni. Il cui cartellino a quel punto occorreva letteralmente “comprare”. Espressioni alle quali personalmente non mi sono mai completamente abituato: compriamo Tizio, vendiamo Caio iniziavano però ad entrare nella nostra quotidianietà. E di conseguenza occorreva anche ricompensare le prestazioni dei “comprati”, facendo cassa con quelli “venduti”. Non bastava più per alcuni il solo “rimborso spese”, terminologia alla quale un po’ ipocritamente e per copertura spesso si faceva ricorso.

Da parte nostra, forti di alcuni principi, quali quelli di non intaccare il significato dell’appartenenza alla “bandiera” con il troppo mercanteggiare, e quello di non scaricare subito le responsabilità sull’allenatore, una volta scelto e condiviso, al primo accenno di malessere e di mancati risultati, abbiamo sempre cercato di contenere il fenomeno degenerativo che su questo versante veniva avanti. Da parte mia, condiviso dalla maggioranza del Direttivo, ho sempre (a parte l’eccezione Cuccureddu, che vedremo in seguito) sostenuto l’allenatore scelto fino alla fine del campionato, anche a costo di sfidare il sentimento dei tifosi. Di certo è stata questa mia “insistenza” sulle scelte fatte una delle chiavi del dissenso con Doddore Sechi ed il suo gruppo (noto come “Velasquez” dal soprannome di uno di loro, l’amico di mio fratello Giovanni, Antonio Farris, titolare di uno dei principali bar al corso, ritrovo di numerosi tifosi).

Comunque, e stando ai fatti, spesso, e ne parleremo più avanti, siamo riusciti con il nostro modello gestionale a portare da noi grossi calibri con relativamente modesto impegno finanziario.

Per la stagione da affrontare era intanto necessario predisporre una compagine competitiva e spendere bene le risorse reperite, grazie all’impegno e sacrificio dei dirigenti e dei soci.

Dalla Turris di Porto Torres arrivò fra di noi il disciplinato e sicuro portiere Giovanni Lubino, fratello del Gaetano allenatore, che invece non fu riconfermato. Dall’Alghero letteralmente recuperammo, è il caso di dire, con fortuna, e fu un esito felice, un anziano e glorioso giocatore, Carmelo Artissunk, (per tutti “La Morena”) un realizzatore rivelatosi ancora eccezionale a livello di 2° categoria, come poi dimostrò.

Dal Bono il classico e bravissimo per stile e visione di gioco Nanni Moretti, già calciatore dell’US Ittiri, mezzala d’attacco con notevole propensione al gol, dotato di superiore elevazione per colpire di testa nonostante la sua modesta statura, utilizzato, come poi vedremo, anche e contemporaneamente da tecnico. Anche questa circostanza dell’allenatore-giocatore non fu condivisa da Doddore Sechi.

Dalla Sardegna-Ittiri un arrivo di livello: il piccolo per statura, ma geniale per fantasia e capacità di dribbling ed elevata percentuale di realizzazione, Gianfranco Porcu (noto Porchittu): il nostro “piccolo Maradona” del tempo, lo possiamo definire a posteriori. Gianfranco rifiutò in seguito interessanti e vantaggiose proposte di trasferimento, anche perché lui nel frattempo di proposta importante e decisiva ne aveva fatta una alla bella Luisella. Che poi divenne sua sposa. Ricordo sempre con stupore che Gianfranco era capace di palleggiare le monetine di allora e di farle ricadere nel taschino della camicia!

E non possiamo dimenticare un altro piccoletto tecnico e fortissimo difensore, Marcello Marras dal Dolianova, anche lui convolato a giuste nozze con una gentile ragazza ittirese.

Riconfermati i validi elementi dell’anno precedente, ecco la squadra, in formazione tipo che sarà saltuariamente rinforzata da Tore Masia : Farris (Lubino) Cossu, Marras, Pagliaro, Manca, Saba, Usai (Biosa) , Porcu, Artissunk, Moretti, Delogu,

Agli ordini di Pino Cuccureddu di Alghero. Il Signor Cuccureddu, così lo chiamavamo tutti, per rispetto dell’età, notissimo al tempo perché padre del già affermato, in Sardegna, Antonello Cuccureddu, che l’anno prima era passato dal Fertilia alla Torres: dalla 2° categoria alla serie C! Antonello era bravissimo e di grandi possibilità come poi dimostrerà alla Juventus ed in Nazionale. Cresciuto, anche calcisticamente, ed allenato dal padre, tecnico e “mago” del Fertilia, che aveva ottenuto, a conclusione del torneo 66/67 una limpida promozione, avvalendosi anche delle prestazioni di un altro grosso calciatore, che ci sarebbe piaciuto avere, William Manca . Il Sig. Pino era dunque il trainer del momento e noi lo volemmo a tutti i costi. Rinunziando alla opzione iniziale, che prevedeva Nanni Moretti come allenatore – giocatore, da subito. Soluzione quest’ultima che io proponevo per un triennio, nell’ambito di quella programmazione a medio periodo che ritenevo indispensabile. Ci ritorneremo.

La stampa al via del torneo ci riconosce credito per ambire al passaggio di categoria:

Ecco l’articolo trascritto del 20 ottobre 1967 sulla Nuova Sardegna che ci indica fra i favoriti:

Ittiri, 20 ottobre 1967 . A poco più di una settimana dall’inizio del campionato di seconda categoria, la Cannedu di Ittiri sembra avere ormai raggiunto un accettabile grado di preparazione tale da poterle permettere di affrontare con una certa sicurezza le difficoltà del torneo.

Il campionato di seconda categoria si presenta questo anno oltremodo difficile sia per il numero elevato di squadre partecipanti, sia per la presenza di compagini fortemente agguerrite e rinnovate nei ranghi rispetto alla passata stagione, come appunto l’Usinese, il Seunis e il Bono.

Anche la Cannedu, dal canto suo, pur conservando la solita intelaiatura, ha fatto di tutto per rinforzare quei ruoli che in passato si sono dimostrati piu carenti. Della formazione del campionato scorso sono rimasti il portiere Farris, il libero Saba, il terzino Cossu, lo stopper Manca, il centrocampista Pagliaro (di recente richiesto dal Cagliari) le ali Delogu e Biosa oltre i due ex juniores Gambella e Scanu. Tra i nuovi acquisti figurano il fortissimo portiere Lubino ed Usai dalla Turris,

Lacarielli dalla Fortitudo, Moretti dal Bono, Porcu dalla Sardegna, Artissunk dal Fertilia e Carta dal Domusnovas. Non si è invece giunti ad un accordo, almeno per ora, per Marras dimostratosi negli incontri di pre-campionato veramente forte nel ruolo di terzino.

Anche la Cannedu, quindi, almeno sulla carta, appare in grado di poter competere con i forti avversari ma, come sempre, sarà il campo a vagliarne le forze.(Musa)

Si parte quindi, avendo tra l’altro affidato, ad interim con la segreteria, il settore giovanile alle cure di Vittorio Caria che, nello specifico, si dimostrerà versatile e attento, riuscendo ad ottenere buoni risultati ed a farsi sempre benvolere dai ragazzi. Vittorio via via si avvarrà di validi tecnici, alcuni in formazione e pescati nel vivaio (vedremo ad esempio Giuseppe Pisanu noto “Pisanello” più avanti), altri già esperti, come sarà per l’anno 68/69 quando accanto a Nanni Moretti, riconfermato allenatore della 1° squadra, si pensò di chiamare da Sassari per le giovanili Antonio Casu il già citato “Casgittu” del periodo Rinascita/US Ittiri .

E si parte alla grande le prime 5 partite 10 punti, 19 gol fatti (7 d’un colpo alla malcapitata Torralba) e sconfitto per 3-0 il temuto Seunis, anche lui accreditato ed in corsa per la vittoria finale, e solo 2 subiti.

La squadra appare imbattibile, “La Morena”, “Porchittu” e Pino Delogu, lì davanti: un pericolo per tutti e la difesa fortissima. L’ambiente è alle stelle, ogni trasferta seguitissima. Tutto sembra confermare la scelta del “mago”, Signor Pino.

Ma non tutto ciò che brillava valeva oro. All’interno si percepiva qualcosa che non andava per il verso giusto: lo spogliatoio infatti, nonostante i risultati, appariva a volte scettico e persino divertito (ad esempio nell’assegnazione dei ruoli in campo) , rispetto alle scelte del tecnico. Che sembravano dettate dalla casualità, piuttosto che da un ragionamento tecnico-tattico. In sostanza ci si sentiva in presenza di fortunate improvvisazioni. Intuizioni sbagliate? Forse pretendevamo troppo?

No, i conti in negativo purtroppo iniziarono a presentarsi con due pesanti sconfitte, alla 6° (bruciante, in derby, contro l’Usinese) ed alla 8° giornata . A quel punto quella impalpabile crisi di personalità, come guida tecnica che avvertivamo ( in pratica il Sig. Pino era più un buon padre di famiglia, con discrete capacità da massaggiatore, che un tecnico vero e proprio) si manifestò chiara. Netta ed unanime fu la decisione di “salutare” il Sig. Pino e di affidare l’incarico, come avremmo dovuto fare sin dall’inizio, a Nanni Moretti, il capitano, che di fatto per ruolo (mezzala rifinitore) ed intelligenza già conduceva la squadra sul terreno. Purtroppo anche fra i più piccoli dilettanti si ricorreva al deprecabile, e da me già preventivamente deprecato, sistema terapeutico di “cacciare “ l’allenatore al primo stormir di fronde. Ma sono ancora convinto che in quell’occasione fosse inevitabile, anche per la serenità psicofisica del Sig.Pino.

Con la scelta in corso d’opera del nuovo allenatore riuscimmo, aiutati molto dalle capacità diplomatiche del vice Mimmiu Fiori, a ribadire e far passare il concetto che, con lo stesso Nanni Moretti, avremmo portato avanti un programma triennale. E così fu.

Con Moretti alla guida riprende la marcia decisa verso le prime posizioni. E così fino alla fine, sempre fra i primi ad una incollatura con le altre protagoniste, gli amici-nemici dei derby storici, Seunis -Thiesi e Usinese. Con i difficilissimi, insidiosi recuperi finali contro il Siniscola , fuori casa, ed il Bonnanaro in casa, riuscimmo ad agganciare in vetta alla classifica finale a 42 punti il Seunis, 60 gol fatti e 20 subiti, con 23 gol del grande Artissunk, cannoniere a 37 anni suonati! E una quindicina da parte dell’agile e imprevedibile Pino Delogu.

Occorreva uno spareggio.

Ma prima ricordo l’indimenticabile vittoria in quel di Siniscola contro un avversario tenace e valoroso, anch’esso intenzionato ad aggiudicarsi il torneo; la squadra, in quell’occasione rinforzata sull’ala destra da Tore Masia, autore di efficaci e velocissime incursioni in zona avversa, si espresse sicura e con il piglio giusto. E con un rasoterra a fil di palo di Anghelu Cossu arrivarono i primi due punti sui 4 che ci distanziavano dal Thiesi. Gli altri li incassammo la domenica successiva contro il Bonnanaro.

La gioia di Siniscola fu grande, incontenibile, espressa con un rientro in paese “trionfale”, in carovana e al suono di centinaia di auto al seguito.

Ecco il resocont trascritto (in F.0) nell’articolo sulla Nuova del 15 maggio 68.

Ittiresi autoritari a Siniscola

Ittiri, 15 maggio 1968.

A Siniscola la Cannedu è riuscita a conquistare la vittoria più prestigiosa della stagione. S’era detto da più parti che i ragazzi di Moretti niente avrebbero potuto contro la forte compagine di Quidacciolu, imbattuta da ben 14 giornate e sul proprio campo temibilissima. I biancoverdi ittiresi imponendo alla gara un ritmo infernale per 90 minuti, hanno dato sin dall’inizio un duro colpo alla velleità dei locali e ne hanno messo a dura prova la difesa dove ha fatto spicco il bravissimo portiere Di Ceglie già del Foggia e militare in Sardegna, che ha annullato con interventi prodigiosi almeno quattro palle gol,. Il risultato però non dice tutto ciò che ha saputo fare la Cannedu in questa giornata memorabile.

Solo un paio di volte all’inizio della partita ed alla fine, sullo 0 a 1 il Siniscola si è reso veramente pericoloso, ma ha trovato la difesa ittirese pressoché imperforabile. In questo reparto tutti hanno ben figurato da Farris sicuro ed autoritario a Marras fortissimo nel gioco di testa a Manca agonisticamente insuperabile a capitan Saba e su tutti in particolare il terzino Cossu che oltre ad aver siglato con un rasoterra a fil di montante la rete del successo, è stato non solo implacabile francobollatore del temutissimo Quidacciolu, ma autore di parecchie entusiasmanti puntate in avanti.

A centrocampo gli ittiresi hanno dominato disputando insieme alle punte la più grossa partita del campionato, elevando il gioco ad una fattura ben al di sopra della seconda categoria ed appassionando anche per le validissime trame dei locali, dove sono emersi Mazzuzzi e Soma, lo strabocchevole pubblico presente. Un plauso incondizionato a Nanni Moretti che, oltre a risultare tra i migliori in campo assieme a Porcu, Pagliaro, Delogu, Masia e Artissunk, ha saputo ancora una volta dare carattere e quella straordinaria vitalità atletica che permette ai suoi uomini di portare a buon fine le battaglie calcistiche più dure, come questa, appunto.

Buono il comportamento dell’arbitro Argiolas di Monserrato, e dello sportivissimo pubblico locale ed ittirese.

Primi in classifica, a conclusione del nostro secondo campionato!

Primi. Anche se dovevamo condividere la vetta con i non troppo amati vicini “pellai” (dalla qualificata attitudine dei loro validi commercianti a comprare e conciare le pelli).

Eccoci allo spareggio a Bosa.

Fu d’esito infelice per noi, il primo di una serie. Quattro su cinque ne abbiamo registrato perduti nel corso della vita della nostra Società, nei vari tornei, validi o per promozioni e per evitare, in una circostanza, la retrocessione.

Nel corso di una partita carica di emozioni e tensioni, alla presenza di un pubblico diviso a metà fra thiesini e ittiresi, numericamente eccezionale, mai visto sino ad allora, nel neutro di Bosa, tutto si svolse fatalmente contro di noi.

Come in un non gradito documentario ancora rivedo, dopo così lunghissimo tempo, quella amara vicenda e penso che la stessa sensazione sia nel ricordo di chi fra i nostri tifosi ci vide, in quella circostanza, soccombere dopo una partita combatutissima, durissima e che si protrasse sino ai tempi supplementari.

Il Seunis fu senz’altro valoroso ed all’altezza del suo primato, ma nella circostanza abbastanza fortunato e per giunta aiutato, seppure inconsapevolmente, (io, per principio ero sempre sostenitore della buona fede dei “fischietti” ma non tutti la pensavano allo stesso modo) da un arbitraggio inadeguato e zeppo di errori.

Ho vissuto quella sfortunata giornata da “protagonista” negativo, ma involontario, in panchina con Michele Caria, perché fu in seguito ad una nostra pur modesta reazione di disappunto nei confronti dell’arbitro, Cossu di Decimomannu, che si scatenò la deplorevole bagarre, di cui purtroppo mi sono sentito e mi sento ancora con un certo rammarico, in parte responsabile, pur senza averla voluta.

E fu invasione di campo! Da parte di un nutrito gruppo di tifosi ittiresi, che dietro la nostra panchina seguivano con tensione e nervosismo ogni nostro gesto. Presi atto anche da quell’episodio che giocatori e dirigenti devono sempre rispettare, anche con la gestualità, le decisioni degli arbitri: quasi tutti, a quel livello, soprattutto, umili ed appassionati servitori dello sport. Occorre sempre, in occasioni di manifestazioni sportive, un comportamento responsabile, improntato sì all’agonismo, ma nel pieno rispetto delle regole del gioco, anche quando le cose ti girano male e persino quando ci appare evidente l’errore o dell’avversario o dell’arbitro. Non capimmo io e Michele, in quella circostanza, che l’eccitazione dei tifosi era così tanta e spasmodica che bastava una sola scintilla per scatenare la sarabanda che costrinse l’arbitro a riparare in gran fretta negli spogliatoi, interrompendo la partita. Che non fu ripresa, e che di fatto finì quando mancavano 12 minuti al termine del secondo tempo supplementare.

E noi fummo la scintilla. Involontaria, ma scintilla.

La partita ci fu data persa a tavolino con, a nostro carico, l’onere del risarcimento dei danni al campo ospitante, con annessa la squalifica del nostro terreno di gioco per qualche giornata a partire dal campionato successivo ed infine con la squalifica mia e di Michele per violazione della regola dello statuto federale che prevede un comportamento corretto da parte dei Dirigenti in campo e fuori.

Leggendo gli articoli, trascritti, sulla Nuova del 29.5. 68 relativi al botta e risposta fra di noi (autore Vittorio Caria) ed i thiesini sulla vicenda spareggio a Bosa e relativo arbitraggio è possibile farsi un’idea della vicenda.

Ittiri, 29 maggio 1968.

E’ finita così:il campionato del Girone “D” pare lo abbia vinto il Seunis, ma non in virtù di quella sorte beffarda che si accanisce, talvolta contro le altre compagini o in virtù di capacità agonistiche o tecniche superiori, ma soprattutto per alcuni magnanimi arbitraggi che la sorte ha riservato alla società thiesina. Quanto si è verificato durante l’arco del campionato (vedi alcune partite dirette da arbitri di origine locale) il destino ha voluto si ripetesse puntualmente nello spareggio dì Bosa al quale la Cannedu era arrivata mercè risultati sofferti e conquistati sportivamente sul campo ad onta delle rappresaglie commesse contro di essa sia in campo avverso che amico (lo testimoniano le 11 reti annullate di cui 7 determinanti!).

Ad arbitrare la gara di fuoco tra le due compagini che oltre a rappresentare la conquista del diritto alle qualificazioni regionali era anche la salvaguardia dì molteplici interessi campanilistici, è stato chiamato un direttore di gara molto bravo di nome e di fama, ma evidentemente soverchiato anche lui dalla tentazione di chiudere non uno ma due occhi a favore dei thiesini con i quali si dice divide una qualche origine di natali. Così, la partita, già prima di cominciare doveva prendere una piega, e l’ha presa, infatti, e la superiorità soprattutto iniziale degli ittiresi, legittimata da un colpo di testa di Artissunk che al 9’ metteva in rete , è stata la classica bolla di sapone che si frantuma al primo ostacolo, rappresentato nella fattispecie dal sornione Sig. Cossu di Decimomannu.

Intanto la gara è filata incandescente e di ottimo livello tecnico e agonistico dove, con il passare dei minuti emergevano da una parte Pagliaro e Porcu e dall’altra Salis e Mariano ma veniva resa ancora più infuocata dall’omino in nero che molto saggiamente distribuiva ammonizioni a ripetizione per i falli più o meno veniali della Cannedu e rimaneva imperturbabile per i falli del Seunis. All’inizio della ripresa la gara ritorna in parità sul primo “regalo”: su un cross dalla sinistra la palla, toccata la parte superiore oltre la traversa, per uno strano effetto rientra in campo e rimbalza sulla testa di Salis che appostato sul palo rimette al centro e Mariano sulla linea di porta difesa da Farris mette in rete; proteste inutili degli ittiresi che invocano la doppia irregolarità della segnatura ed il taccuino si riempie.

La partita prosegue mentre il pubblico compreso quello neutrale di Bosa disapprova gli spezzettamenti dati al gioco dagli interventi arbitrali. A 6 minuti dalla fine Porcu ricevendo da Delogu scaglia sul palo: al ritorno della palla in campo si accende in area thiesina una furibonda mischia ed infine un giocatore del Seunis nell’orgasmo calcia malamente e la sfera perviene a Porcu che finalmente insacca ma mentre gli uomini di Marzano manifestano disperazione e quelli di Moretti esultano , l’arbitro inventa una irregolarità qualsiasi (pare un fuorigioco) non fischiato minimamente prima che la palla entrasse in rete ed annulla.

Il 90° si chiude perciò in parità e si perviene ai tempi supplementari. La Cannedu, pur mancando di Moretti, prende letteralmente d’assedio la porta di Sini e due volte Porcu e una volta clamorosamente Delogu mancano il bersaglio. Al secondo tempo supplementare Il Seunis riordina le fila e si fa a sua volta minaccioso. Al 3’ su intervento difettoso di Saba (l’unico di tutto l’incontro) si crea in area ittirese una mischia e la palla è toccata più volte con le mani da Usai (Seunis) e poi da Mariano che nel parapiglia abbranca il terzino Marras per i piedi e riesce in qualche modo a far rotolare la palla in rete. Per tutti il gol è irregolare ed i thiesini non hanno ancora il coraggio di esultare finchè l’arbitro non decide di convalidare. Comincia il pubblico a rumoreggiare già stracarico di emozioni e il Sig. Cossu fa traboccare il vaso con altre assurde decisioni che lo portano in ultimo a sfidare la folla eterogenea con atteggiamenti di scherno e malcelata soddisfazione.

La partita finisce qui; mancano ancora 12 minuti alla fine, da ogni parte, thiesini (evidentemente interessati alla sospensione dato il risultato acquisito) ittiresi e bosani ,disgustati dall’indecoroso e scandaloso arbitraggio, piovono bottiglie e bicchieri ed altri oggetti di varia natura.

L’arbitro fugge repentinamente negli spogliatoi e invita i giocatori a tenersi pronti per la ripresa del gioco non appena possibile, ma mentre tutti aspettano e dopo 10’ la gara può essere ripresa grazie all’intervento della forza pubblica, l’arbitro è già scappato da un pezzo, coadiuvato dall’estrema cortesia dei dirigenti del Seunis con i quali si era confidenzialmente intrattenuto durante gli intervalli.

Una partita dunque finita male mentre qualunque fosse stato il risultato per le due compagini poteva e doveva finire secondo la legalità che il vero sport dilettantistico dovrebbe presupporre e invece…. V.C.

THIESI, 29 maggio 1968.

Il Seunis dì Mondino Marzano si è meritatamente laureato domenica, sul campo neutro di Bosa, Campione del proprio girone di seconda categoria, mandando a casa sconfitta,senza attenuanti e senza mezzi termini, quella Cannedu che proveniva da una serie d’oro di ben quindici partite utili consecutive, in una gara-spareggio, valida appunto per definire l’ambitissimo primato finale del girone D. Diciamo subito che si è trattato dl una bellissima partita, che ha entusiasmato per tutti i 120 minuti (i tempi regolamentari più i 2 tempi supplementari di 15 minati ciascuno) il numerosissimo pubblico presente, formato in massima parto dai tifosi delle due squadre. La Cannedu che nei precedenti confronti dell’attuale campionato si era sempre imposta, seppure con una qual certa dose di fortuna, al Seunis (3 a O ad lttirì e 2 a 1 a Thiesi), in questa circostanza è rimasta veramente male, tanto più se si considera che dopo appena un quarto d’ora di gioco si era trovata inaspettatamente in vantaggio , grazie ed una prodezza del proprio match-wìnner Artissunk , che aveva epproffitato da par suo di una delle tante disattenzioni in cui è incorsa domenica la retroguardia neroverde.

Subito il goI a freddo, l’undici capitanato da (assai giudiziosa e positiva la sua gara) si è rimboccato le maniche ed ha cominciato pian piano a risalire la corrente, facendo perno su dì un meraviglioso centrocampo formato da Mariano, (sue entrambe le reti del successo), Sau e G. Cossu, il quale, partito in sordina ed un tantino disorientato sul principio dalle diavolerie del funambolico Porcu, si è via via rinfrancato, tanto da finire sempre più in crescendo e da cancellare addirittura dal campo il suo forte rivale.

Il pareggio è giunto in apertura di ripresa (gol un po’ confuso segnato dal solito Mariano, dopo che un avanti thiesino aveva precedentemente colpito la base del palo). Da segnalare ancora a chiusura dell’incontro regolamentare le due reti annullate giustamente dal direttore di gara: la prima messa a segno da Porcu per la Cannedu, in evidentissima posizione di fuori gioco, dopo che lo stesso aveva colpito un istante prima il palo destro della porta difesa con la consueta bravura dall’attento Sini, e la seconda da Usai per il Seunis, per precedente fallo di quest’ultimo su un difensore ittirese. A seguito della rete non concessa alla Cannedu e noi, che ci trovavamo a non più di cinque metri dal punto in cui si trovava la mezz’ala destra ittirese , possiamo senz’altro affermare , senza tema di essere contraddetti, che più che giusta si è rivelata la decisione arbitrale ed a seguito di altre presunte infelici decisioni del direttore di gara, è giunto l’inevitabile e deprecabilissimo “giallo”, qualche minuto dopo la seconda segnatura del Seunis, realizzata sul finire della partita dal bravo Mariano. Il là alle ostilita le ha date un dirigente ittirese, il quale è stato giustamente espulso dall’arbitro per alcune gratuite affermazioni sul suo operato, è andato subito in escandescenza, infiammando oltre misura i già accesi animi dei numerosi tifosi ittiresi, i quali non hanno trovato di meglio che invadere, non proprio pacificamente, il terreno di gioco, addossando ed addebitando all’attento uomo in nero la non certo preventivata sconfitta con i cugini terribili di Thiesi. A questo punto l’arbitro dichiarava concluso l’incontro e guadagnava rapidamente gli spogliatoi, seguito dai 22 giocatori e da qualche isolato tifoso fermato prudentemente dalla Forza Pubblica.

Passata la bufera e archiviato amaramente un pur esaltante e bellissimo torneo, grazie alla nostra lettera alla Federazione di pronte scuse per l’accaduto, e a seguito dei favorevoli risultati ottenuti dalla nostra Nazionale, vittoriosa con i gol di Gigi Riva e Pietro Anastasi alla finale del Campionato Europeo 1968, e, crediamo, grazie soprattutto ai nostri indiscutibili meriti accumulati durante il campionato, alcuni provvedimenti a nostro carico furono revocati.

Io e Michele fummo “condonati”, la squalifica del campo revocata e comunque la nostra società PROMOSSA al torneo di categoria superiore : la 1° categoria regionale, l’anticamera della Promozione (o Eccellenza), anticamera a sua volta della serie D. Non esisteva allora il livello specifico chiamato Eccellenza, introdotto successivamente fra Promozione e serie D, in occasione del campionato 91/92.

L’obbiettivo inseguito era stato finalmente centrato.

A partire dal settembre dello stesso anno 1968 avremmo disputo la 1° categoria.

Ed era nostra intenzione “ripeterci” attraverso un nuovo torneo all’insegna del primato.

Capitolo 6°

- 3° Campionato FIGC – 1° categoria 1968/1969

E’ ancora calda l’estate del 1968 quando ci prepariamo per affrontare degnamente la 1° categoria con il morale altissimo per effetto della conquista del livello superiore per il quale la stagione precedente ci aveva visti impegnatissimi.

Per la verità, dopo tre tornei, considerando anche la vicenda faticosa e delicata della fondazione e del campionato CSI, vorrei lasciare come del resto avevo preventivato e comunicato a suo tempo. Mi sembrava il momento opportuno che altri si assumessero la responsabilità della conduzione. Invece mi lascio convincere dall’invito del Direttivo e dei soci, che ritenevano necessario che l’organico societaro che aveva portato la squadra alla categoria superiore rimanesse alla guida anche per la stagione che si apriva.

Rimango, ribadendo che comunque avrei lasciato alla fine del torneo 68/69, e con me rimangono tutti i componenti del Direttivo e collaboratori vari del precedente vittorioso torneo.

E si aggiungono due nuovi acquisti che si riveleranno nel prosieguo dirigenti di grande disponibilità e operosità: Antonio Pischedda che sarà come poi vedremo nel 72/73 e 73/74 Presidente, e Romano Adriani (ora apprezzato poeta in “limba”).

Bisogna subito prepararsi per un campionato da disputare alla grande con il massimo delle ambizioni. Disponiamo di una valida base di giocatori da cui partire, riusciamo a trovare nell’ambito del Direttivo, compatto e rinforzato, e della numerosa platea dei nostri soci, sempre più vicini, le risorse adeguate a poter acquisire dei validi giocatori, indispensabili a coprire alcuni ruoli “deboli” per la nuova categoria.

Il tecnico- giocatore Nanni Moretti viene riconfermato. A suo innegabile merito il risultato del torneo precedente, il suo prezioso apporto sia come giocatore sia come guida tecnica, sin dal momento della sostituzione del Sig. Pino Cuccureddu. Tutti gli siamo riconoscenti, anche se qualcuno (e sotto questo aspetto si fa sentire il punto di vista di Doddore Sechi, ancorché non più nel Direttivo) ne limiterebbe l’utilizzo alla sola panchina.

Seguiamo con attenzione e interesse i vari tornei estivi che si disputano in provincia, specie ad Alghero e a Sassari, per esaminare, valutare e cogliere qualche opportunità, seguendo le indicazioni del tecnico. Il lavoro di osservazione e di contatti fatto spesso in compagnia di Vittorio e Michele Caria, di Simone Tavera, di Mimmiu Fiori e ovviamente dello stesso Moretti, dà alcuni importanti risultati. Infatti, quel piccolo mercato calcistico, al quale non era possibile sottrarsi, nonostante alcuni miei punti di vista prima accennati, ci vede, nel nostro piccolo, protagonisti. Per via di qualche “colpo” messo a segno con pochi investimenti e con buona pace di altre compagini concorrenti, segnatamente Thiesi, Usini, Fertilia, Pozzomaggiore, Ossese e Turris, che cercavano pure loro di rinforzarsi.

Ricordo che una domenica con Michele Caria ( riconfermato vicepresidente assieme a Mimmiu Fiori) e rispettive Signore (la mia sarebbe diventata tale nel 70), ci recammo a Martis, attratti dalla notizia di una amichevole di un certo interesse.

Nell’occasione osservammo all’opera un portiere fenomenale, parate strepitose degne di serie nettamente superiori, gran fisico, sicuro e disinvolto. Si capiva che veniva da una esperienza di ben altro livello. A fine partita lo avvicinarono in tanti e lo avvicinammo anche noi, stabilendo subito una immediata simpatia reciproca. Appreso che Ottavio Pasquali, già della Demartino di Verona, impegnato come tecnico in un cantiere stradale dalle parti di Ittiri e destinato a rimanere in Sardegna almeno per 1 anno, lo invitammo ad Ittiri. Accettò e nel successivo incontro, a conclusione di una amichevole allestita in fretta e furia per lui, durante la quale fece vedere a tifosi entusiasti parate mai viste, firmò il cartellino di adesione alla Cannedu per la stagione 68/69.

Ma non bastava, per il ruolo di portiere riuscimmo anche a concludere una difficile trattativa in corso con il Bisceglie (Bari) e portare fra le nostre fila un giocatore di livello, il guizzante e sicuro Cosimo Tenore, residente a Porto Torres già esperto della serie D.

Due grandi per il ruolo di portiere erano nostri!

Acquisimmo anche, convincendolo a staccarsi dalla Wilier di Sassari, previo un piccolo indennizzo, un difensore cursore di talento, di forza e di generosità come Felice Seu. Venne con noi anche il dotato attaccante romano Benedetto Amicuzzi, finanziere a Sassari, proveniente calcisticamente dalla quarta serie laziale. Dall’Alghero, ove aveva disputato diverse stagioni in serie D e C, approdò a Ittiri un attaccante di provata esperienza e sicuro rendimento, Pasqualino Magri.

Con Amicuzi e Magri “sfruttammo”, anche per non impegnare troppo della pur sempre limitata finanza a nostra disposizione, due favorevoli situazioni. Amicuzzi coltivava l’idea di lasciare la Finanza e di trovare un impiego in Banca. Ci riuscì infatti, non senza una mia piccola collaborazione raggiungendomi in Banca Commerciale a Sassari. Magri puntava ad aprire ad Ittiri un piccolo ristorante, cosa che in effetti gli fu possibile aiutato da tutto il Direttivo, nei locali al corso di uno dei nostri sostenitori, Ambrosinu Careddu.

Sempre in questa ottica tesserammo, grazie alle conoscenze in Distretto Militare del nostro medico sociale, Andrea Tavera (Brugia), nel Direttivo fino al 1975, quando si trasferirà definitivamente a Cuneo per lavoro, anche un ottimo terzino-mediano, il soldato mantovano Bonfà. Pur consapevoli in questo caso che il suo eventuale apporto sarebbe stato limitato nel tempo. Poi si infortunò e giocò anche meno del previsto, ma era molto bravo.

Si sperava molto anche dall’ingaggio, finalmente a tempo pieno, del nostro atleta Tore Masia, che dopo aver raccolto nel settore della velocità decine di allori e di record, non solo a livello regionale, ma anche a livello nazionale e olimpico, aveva deciso di passare al calcio per dimostrare le sue naturali e sperimentate attitudini: velocità, dribbling e tiro. Ciò fra mille polemiche, di cui più tardi sconteremo purtroppo le conseguenze.

La squadra è così fatta, notevolmente più forte, più ricca di esperienza, competitiva e circondata da entusiasmo ed affetto. A rinforzare ulteriormente l’organico, ecco Monte, ala destra dal vivaio dell’Alghero, e i più bravi fra gli Juniores, che maturavano, ben curati com’erano da Vittorio e da Antonio Casu (Casgittu). Fra i giovani emerge Matteo Deruda (Carighitta) terzino. Confermati Battista Cau centrocampista, Peppe Canu (Pipistrello) e Piero Mura attaccanti. Rimangono ovviamente le colonne Peppe Saba, Pino Delogu, Carmelo Artissunk (nonostante i suoi 38 anni), Angelo Cossu, Marcello Marras, Gianfranco Porcu, Lello Pagliaro, i portieri Piero Farris, che inizia a manifestare l’intenzione del ritiro e Giovanni Lubino, e lo stesso Moretti. Rientrano dal servizio militare Leonardo Fadda e Giovanni Tavera centrocampisti locali di buona e sperimentata tecnica.

Il nostro caro e vecchio “su Padru”, viene rimesso a nuovo completamente, gli spogliatori assumono finalmente un aspetto più dignitoso e sul terreno appare anche l’erbetta, a seguito di un apposito trattamento di piantumazione.

Lo si voleva fare così, verde da fare invidia, grazie all’interessamento ed all’apporto appassionato del nostro socio benemerito, il Sindaco Ambrogio Mura, già ricordato come fondatore e primo responsabile della gloriosa società ciclistica Cannedu.

Per il supporto all’impresa Ambrogio ottenne a favore dell Comune un finanziamento specifico dal Ministero degli Interni. Ed in quella occasione, ricordo, sul campo atterrò un bel giorno, forse si era in campagna elettorale, un elicottero dal quale scesero il Ministro Taviani e il giovane sottosegretario Francesco Cossiga, accolti dal nostro “politico” vicepresidente Mimmiu Fiori con il suo immancabile cappello da signore (affettuosamente per questo lo si chiamava a volte “Cappelleddu”) e da due nostri giocatori Angelo Puggioni e Lello Pagliaro .

A proposito, l’erba, ahimè, durò poco tempo, era troppo giovane, “in erba”, e non consolidata rispetto ad un utilizzo affrettato e necessario.

Peccato!

Ci considerano fra i favoriti, come dimostra l’articolo della Nuova del 3 ottobre 1968.

Quindi prontissimi e organizzati ci presentiamo al via.

E senza trascurare l’attenzione per il settore giovanile al quale venne addirittura affiancata la partecipazione ad un torneo provinciale di 3° categoria, al fine di dare possibilità di gioco ad alcuni validi elementi della robusta rosa a disposizione.

Sereni e convinti di raccogliere buoni frutti

Invece no!

L’erba non maturata, perché precocemente ingiallita, rappresentava forse un negativo segno premonitore.

Le cose, specie nel calcio, non sempre vanno per il verso voluto e progettato, non sempre il raccolto premia gli sforzi fatti e fu così per tutta quella stagione, accidentata e infelice che ci riservò sorprese e disagi di ogni genere.

La forza e la sicurezza psicologica della squadra ebbero una inevitabile caduta per una serie di circostanze avverse, determinatesi proprio nei punti che ritenevamo i più forti, quelli sui quali avevamo puntato le nostre carte, e da lì una lunga catena di guai. Diverse nostre “vittorie” di mercato e decisioni conseguenti si rivelarono non favorevoli.

E veniamo ai fatti.

Per non tenere due galli nel pollaio avevamo deciso in sede di precampionato di dirottare il portiere Cosimo Tenore, in prestito per una stagione, al Bonorva, non nel nostro girone, ove conobbe una annata di esaltanti prestazioni in linea con le sue capacità. Lo avremmo comunque ripreso per la stagione 69/70.

Ma la cessione di Tenore fu il nostro primo grave errore, seppure del tutto involontario ed imprevedibile, perché dopo sole 3 giornate Ottavio Pasquali, dovette lasciare la Sardegna per tornare in Continente, a Verona, per un’ottima prospettiva di lavoro, alla quale francamente non poteva rinunciare.

Una mazzata terribile perché a quel punto passammo con scarsi risultati da un portiere all’altro, da Farris a Lubino. Entrambi demotivati, l’uno perché già nella fase di chi pensa di appendere le scarpette al famoso chiodo, l’altro perché male aveva sopportato gli acquisti di Pasquali e Tenore, che ovviamente gli davano la netta sensazione della non eccessiva fiducia da noi riposta nelle sue capacità. Non avevamo comunque tutti i torti: la qualità di Giovanni Lubino era buona nella categoria precedente, un pò meno in questa.

Disponevamo nel ruolo di portiere anche di un giovane locale promettente, ma ancora inesperto, come Giommaria Melis, e trovammo “per strada”, anche un coraggioso e dotato guardiano, pescando fra i militari amici di Bonfà, un certo D’eugenio, che però lasciò subito, vittima di un grave incidente alla mascella nel corso di una partita.

E così dopo un ottimo avvio, ecco uno dopo l’altro risultati modesti o negativi. Non bastava! Perdemmo per diversi mesi il valido Benedetto Amicuzzi, in ospedale con la pleurite, e poi Felice Seu per analogo motivo. Due pilastri della squadra colpiti da identica malattia!

Ma la cattiva sorte non era ancora paga.

Perché a partire dalla settima giornata del girone di andata fummo costretti rinunciare definitivamente all’apporto di esperienza e di classe di Pasqualino Magri. Il suo tesseramento, ci fu notificato dalla FIGC, a seguito di opportuna segnalazione di “avversari”, non risultava essere corretto ed in linea con la normativa federale vigente, a proposito di chi aveva militato in serie C. Noi eravamo certi di aver operato correttamente, anche alla luce delle autorizzazioni che ci erano precedentemente (un telegramma, che poi verrà equivocato) pervenute dagli appositi uffici federali. Ma le norme, farraginose e di difficile interpretazione, alla fin fine, ci davano torto. A nulla valsero i ricorsi intentati, con bravura e con dovizia di particolari dal nostro segretario Vittorio Caria e che insieme sostenemmo davanti alla corte di giustizia nazionale della FIGC a Roma in via Gregorio Allegri.

Così l’effetto Magri, che speravamo positivo, ci si ritorse contro: non solo dovevamo proseguire il torneo senza di lui, ma con l’incubo di dover recuperare strada facendo ben 7 maledetti punti di penalizzazione, che avremmo dovuto, come poi si verificò, “restituire” alla classifica a conclusione del torneo. Giocare in quelle condizioni, con l’organico dei bravi così depauperato e con l’angoscia di dover fare i punti necessari per superare l’handicap significò proseguire con l’affanno di chi deve lottare ogni partita per non retrocedere.

Non eravamo abituati e organizzati a tanto, partiti come eravamo per giocarcela con i migliori. L’effetto psicologico fu devastante, ogni gara un dramma, una fatica enorme, come colui che si affanna a guadagnare l’approdo e l’onda lo rimanda inesorabilmente indietro.

L’imperativo categorico dopo il caso Magri era quello di fare 7 punti in più del margine di salvezza. E non vi riuscimmo, nonostante un paio di rientri positivi e beneauguranti di Ottavio Pasquali. Anche costosi, dal continente, via aereo. Certo se avessimo potuto disporre con una certa continuità di tanto portiere, anziché schierarne alla fine ben altri quattro: Farris, Lubino, D’Eugenio e Melis, non avremmo sofferto tanta pena e ci saremmo sicuramente salvati con adeguato anticipo. Alla fine, i 27 punti fatti che ci collocavano al centro classifica, diventarono 20 e per 1 solo punto fummo retrocessi.

Meno male che subito dopo, in considerazione della casualità dell’errore di tesseramento, con la evidente corresponsabilità degli uffici federali, la FIGC regionale, in persona del suo Presidente Mario Siddi, ci comunicò che saremmo stati ripescati.

E così fu, perchè riprendemmo la stagione calcistica successiva 69/70 in prima categoria.

Una citazione a parte, nel racconto di questo disgraziato torneo, che ci vide salvi sul campo, retrocessi per penalizzazione e poi riammessi per meriti , comporta il caso e la vicenda di Tore Masia.

Vicenda anche questa alla fine non favorevole nel contesto degli accadimenti del torneo 68/69.

Anche da lui ci si aspettava tanto ed all’inizio l’entusiasmo per il suo tesseramento a sensazione e inaspettato fu notevole. A lungo e da diverse parti era stato corteggiato per il calcio, nonostante il suo impegno in atletica, come noto, a livello elevato.

Era stato per 7 volte campione sardo di velocità, nei 200 e 300 metri piani, nel 66 campione italiano allievi nei 300 metri, e nel 67 e 68 campione italiano juniores nei 100 e 200, e 3° al campionato nazionale assoluto nei 200 metri, dietro il famoso Livio Berruti e Giani, tre volte convocato in nazionale maggiore.

Fra i più assidui corteggiatori calcistici, la Torres, a quei tempi diretta dal pisano Varo Bravetti.

“Speedy Gonzales”, così chiamato, aveva da giovanissimo rivelato ottime qualità di tecnica calcistica, fiuto del gol e sull’ala destra del terreno di gioco, se ben lanciato, diventava imprendibile. Era inevitabile che lo cercassero per il calcio.

Io, forte della parentela, giocai un ruolo privilegiato, ma non decisivo, nel tentativo di convincere mio cugino a lasciare l’atletica per il pallone. Tore sin da ragazzino dimostrava maturità,temperamento e carattere. Ritenevo allora, come ancora oggi ritengo, che infatti fu lo stesso Tore a decidere in maniera consapevole e autonoma. Probabilmente il desiderio di misurare le sue capacità calcistiche, il piacere della sfida, la voglia di non allontanarsi da Ittiri e soprattutto da una certa ragazza di nome Teresa, che poi ne diventa la sposa, ed il progetto di chiudere senza ritardi e con profitto gli studi universitari, furono le motivazioni alla base della sua scelta.

Il pallone e quel calcio in fondo erano nel suo cuore e lo avevano attratto sin da giovanissimo, come abbiamo visto in precedenza. E il pallone poteva dargli ciò che allora cercava.

Ma il passaggio al calcio del ragazzo si rivelò per la nostra società, contrariamente alle aspettative, e non certo per responsabilità di Tore, fonte di diversi problemi e disagi. Perché diede l’avvio ad una lunga catena di dannose polemiche e ritorsioni non solo nei miei confronti, ciò sarebbe stato poca cosa, ma anche e peggio nei confronti della nostra Società.

Tore era un vero campione di atletica, più che una promessa, velocista di naturale talento, di sicuro ulteriore maggiore avvenire rispetto a quanto già ottenuto sino a quel punto. Il pigmalione, scopritore, allenatore, mentore, e profeta di Tore, il suo Professore di educazione fisica al Liceo classico di Sassari, Prof. Domenico Fracassi, non mi perdonò mai il fatto di aver sollecitato il ragazzo a lasciare i puri allori di Olimpia per il calcio. Malgrado il suo importante incarico nel settore calcistico.

Da questo fatto derivò la disputa polemica a colpi di articoli su La Nuova Sardegna, con un certo e sconosciuto Marco Visconti, (in effetti lo pseudonimo utilizzato dal Prof. Fracassi) che, da Presidente quale era del Comitato Provinciale della FIGC e membro autorevole di quello regionale, non ci fu mai favorevole. Anzi!

Per il massimo di sfortuna, Tore subì alla 25° giornata un serio infortunio alla coscia che subito dopo ne determinò, per via di una malcurata calcificazione, il definitivo prematuro ritiro dal calcio, salvo un rientro di non significativa efficacia e durata anni dopo. E pensare che per la stagione 69/70 Varo Brevetti era riuscito a convincerlo a passare alla Torres, che raggiunse per il periodo della preparazione in Continente. Ma il riacutizzarsi della calcificazione….

Tempo dopo Tore per la cronaca riprese con l’atletica ma con risultati non più eclatanti ed anche con il calcio, lo rivedremo infatti presente nella squadra del 74/75.

Non poca riconoscenza, per i suoi grandi meriti, deve lo sport di Ittiri e della Sardegna a Tore Masia, che anche da “over 40” seppe cogliere importanti risultati in atletica a livello europeo.

Ecco gli articoli, il primo trascritto della Nuova che riguardano la vicenda. Manco degli articoli iniziali di Marco Visconti (alias Fracassi) che hanno dato luogo alle mie due sottostanti risposte, dalle quali è possibile però ricavare il contenuto delle “accuse” rivoltemi.

Dal presidente della Cannedu Ittiri riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera:

«Il sig. M. V. che scrive sulla ‘Nuova’ del 5 c. m. dice alcune cose inesatte sulla società ed esprime, con poco garbo, apprezzamenti molto discutibili sulle qualità calcistiche di uno dei giocatori della Cannedu. Ritengo mio dovere come presidente della Polisportiva Cannedu di Ittiri fornire alcune precisazioni nel merito.

«Mi ha spinto soprattutto a replicare, l’indignazione per la sgradevole campagna di cattiva pubblicità lanciata con riprovevole zelo da un gruppo di vestali dell’atletica leggera contro Tore Masia. Tore non merita questa polemica avvilente e distruttiva che lo umilia gratuitamente e lo inibisce nella nuova carriera atletica che personalmente e responsabilmente ha intrapreso. Merita sempre il rispetto incondizionato delle persone che ieri lo hanno aiutato, incoraggiato e lanciato come velocista di valore nazionale e che oggi lo ostacolano a tutti i costi per la sua scelta. E non la merita perché non è un cavallo da corsa; ma un ragazzo maturo, ragionevole, serio e riflessivo e come tale libero e responsabile delle sue decisioni.

« Però, evidentemente un campione della velocità non può essere niente altro; deve solo correre, correre, sempre meglio, il resto... può aspettare. Tore Masia non è solo un corridore e pertanto si comporta con la maturità dl un uomo. E anche signorilmente, in quanto mi risulta che ha chiaramente motivato nella competente sede i suoi programmi per il futuro.

« Ma oltre che dei suoi meriti morali mi corre l’obbligo di parlare dei suoi meriti calcistici. Tore Masia prima di calcare con onore i campi dell’atletica leggera come portacolori della Studium di Sassari, è stato un gioiello anche nel calcio fino a rivestire da titolare la maglia della rappresentativa regionale di 2° categoria nel 1965. Fino ad essere corteggiato, sin da allora, da società di serie superiore. Oggi, che ha appena ripreso, ha riconfermato le sue grandi doti di attaccante nato e almeno potenzialmente può permettersi di sperare in qualsiasi traguardo.

«Ai risultati del campionato attuale della Cannedu di Ittiri ha contribuito in maniera rilevante segnando reti bellissime, e decisive per alcuni risultati. Tanto che alcune società di serie superiore già si interessano per averlo. Le assicuro, egregio sig. M. V., che il ragazzo corre sempre ed è velocissimo tanto che potrebbe ancora vincere per l’atletica; non se la prenda tanto e con tanto astio se oggi corre... anche col cervello. Il ragazzo ha i suoi sogni e le sue illusioni ma vede anche i suoi problemi e li vuole risolvere nel migliore dei modi. Chi deve capire capisca.

«Preciso inoltre che la Polisportiva Cannedu di Ittiri, che per ora può curare solo la sezione calcio, non disputa un campionato provinciale ma regionale e di buon livello e che non occupa il quartultimo posto in classifica. Consiglio il sig. M. V. di rileggere la classifica! Inoltre, le persone che poco hanno a che fare con lo sport non esistono in seno a questa società, e quelle che ne fanno parte sono certamente sportive. A meno che coloro che tanto si accaniscono non vogliano e possano dimostrare il contrario!

«Noi riteniamo giustamente un merito aver cartellinato, organizzato e diretto in questa pratica sportiva circa 100 giovani atleti in soli tre anni di attività. Infatti, attualmente la Cannedu calcio milita in tre campionati; oltre a quello di prima categoria, un campionato di terza categoria e un campionato allievi. Si legga le classifiche sig. M. V.! Vedrà che siamo anche lì ai primi posti. Questo lavoro….‘non sportivo’ direbbe Lei ha anche incontrato il riconoscimento del CONI che ha concesso alla nostra società benemerenze sportive. Si informi sig. M. V., ne ha tutto il dovere Lei che informa l’opinione pubblica sugli avvenimenti sportivi.

«Noi della Cannedu siamo, tutto considerato, soddisfatti dei risultati raggiunti e di aver tenuto a battesimo come calciatore il famoso campione della velocità Tore Masia. E’ ancora tanto giovane e può ancora fare tanta strada”. Mi sembra pertanto leale ed onesto far cadere finalmente le assurde polemiche su Masia lasciando a lui la libertà di scegliere e conseguire i suoi programmi sportivi (e gli altri che vi sono connessi) e alla società che lo ha in forza i buoni propositi dl valorizzazione e di rilancio. (Antonio Maria Masia)

Ma, vi chiederete eventuali lettori se i guai a lungo elencati (infortuni, malattie, penalizzazioni per errori di tesseramento, perdita del portiere titolare etc..) fossero finiti lì. No!

C’è infatti da segnalare un’altro grosso guaio, stavolta a causa di un gruppetto di nostri tifosi facinorosi.

Subito dopo la partita Cannedu – Ossese del 27 febbraio 1969, persa a seguito di un contestatissimo calcio di rigore decretatoci contro dall’arbitro Libero Meledina di Ozieri, a parte alcune dure dimostrazioni sul finire della partita contro l’arbitro con conseguente tentativo di invasione di campo, lo stesso fu aggredito da alcuni nostri rozzi e maneschi sostenitori, rimasti sconosciuti, sulla strada che da Ittiri porta a Thiesi.

Ne scaturì per la Società una esemplare squalifica del campo che ci costrinse a giocare il resto del campionato sempre fuori casa (circa 10 partite).

L’episodio, che noi come Società, stigmatizzammo subito in lungo ed in largo, specie nei confronti di alcuni cosiddetti tifosi probabilmente i responsabili della deprecabile azione, in quanto già da noi individuati fra gli invasori del terreno di gioco, fu, per quanto mi riguarda, il riacutizzarsi di una ferita. Quasi il ripetersi per le conseguenze che si abbatterono su di noi, della vicenda dello spareggio di Bosa. Ma in questo caso con l’aggravante dello squallore vigliacco dell’aggressione ad un giovane che da solo rientrava a casa dopo aver servito, bene o male, ma in buona fede, lo sport. Il giorno dopo provvedevo a far pervenire all’arbitro Meledina, e alla Federazione le nostre scuse a nome dei soci, del Direttivo e degli sportivi di Ittiri. Ci dissociavamo fermamente dal comportamento incivile di alcuni, che pubblicamente allontanavamo idealmente e moralmente da noi.

Questo l’articolo trascritto che ricorda l’incivile e vergognoso episodio e la relativa punizione federale che la Cannedu dovette subire:

CANNEDU E GUSPINI

Punizioni-record

Squalificato il campo ittirese

per tutto il campionato; vittoria a tavolino per l’ Ozierese

Punizioni record sono state inflitte dalla « giudicante » sarda al Guspini e alla Cannedu, per i fatti di domenica scorsa. Come è noto la partita Guspini-Ozierese fu sospesa per l’espulsione di cinque giocatori della squadra locale, in vantaggio per 1 a 0; la Lega ha dato partita vinta all’Ozierese per 2 a 0, ha squalificato per tre giornate Pili, per due Domenico Romeo e Gianfranco Santus; per una giornata Gianfranco Mannai e Paolo Dessì. Ha poi multato la società di centomila lire ed ha squalificato sino al 31 ottobre il direttore tecnico Gorini e sino al 30 giugno l’allenatore Spignesi. Per i fatti accaduti dopo l’incontro Cannedu-Ossese, vinto dagli ospiti per 1 a 0 (l’arbitro Meledina fu aggredito da cinque persone e picchiato poco fuori del paese) la Lega ha stabilito di squalificare Il campo della Cannedu sino al 30 Giugno, vale a dire per tutto il campionato corrente.

Insomma accadde di tutto e di più!

Ma a tutte le contrarietà rispondemmo sempre con immutato impegno, determinazione e volontà, isolando gli esagitati, e fummo sempre vicini ai giocatori sfortunati, e di esempio di tenuta del gruppo per tutti. Il nostro Dr. Andrea Tavera si prodigò con abnegazione e generosità per assistere i diversi infortunati e malati.

Alla fine, come ricordato, la riammissione alla serie appena disputata fu il giusto premio.

E non solo. Alcune apprezzabili soddisfazioni vennero dal settore giovanile. Nel corso di quella stagione partecipammo, come già ricordato, ad un lodevole campionato provinciale di 3° categoria ed al campionato allievi. Da quella fucina dovevano venir fuori, come poi verificatosi, diversi ottimi giocatori. Il terreno giovanile rimaneva uno dei nostri primari impegni, c’era in noi non solo l’obiettivo di trovare al nostro interno “campioni”, ma anche e soprattutto quello di interessare i ragazzi alla sana pratica sportiva.

Cap. 7°

– La conclusione del mio 1° mandato – Le dimissioni

Avevo esaurito, come m’ero ripromesso e come avevo dichiarato, il mio “servizio”, ed ero pertanto ben determinato a lasciare, anche per curare al meglio i miei impegni di lavoro che si facevano sempre più pressanti, e quelli familiari che andavano delineandosi: di lì al 13 giugno del 1970, il matrimonio.

Correva l’estate del 69 e dopo aver predisposto una serie di cose, con la collaborazione sempre determinante e ampia dei colleghi del direttivo, ed aver definito alcune pendenze contrattuali e finanziarie, impostando di conseguenza solide basi per la stagione successiva, rassegnai le dimissioni.

Avevo fatto rientrare Tenore da Bonorva e firmato l’ingaggio di due ottimi calciatore, molto desiderati dai tifosi, quali Proto Madeddu di Sassari e Carmelo Calaresu di Alghero. Rimaneva un più che valido parco giocatori, una società senza oneri finanziari, ed ancora un direttivo disponibile generoso e fortemente motivato.

Mi sostituì, con bravura ed ottimi risultati, uno dei due vicepresidenti Michele Caria che, ben coadiuvato da tutti, rinnovava la fiducia a Nanni Moretti come allenatore, inserendo alcuni giocatori di sicuro valore e rendimento, quali Antonio Sanna (Tizzone), un libero dominatore della sua area, nonostante in sù con l’età, fortissimo di testa e realizzatore di importanti gol su calcio d’angolo, Manichedda, anche lui in là con gli anni ma ancora temibile in attacco, e soprattutto un goleador potente e costante, mancino implacabile sulle punizioni, Bruno Fadda, il “gigiriva” di Ittiri.

A richiesta non faccio mancare la mia collaborazione all’amico Michele e al Direttivo..

La Cannedu 1969/70 si dimostra subito fortissima e chiude uno strepitoso campionato al 1° posto con ben 47 punti. Ma anche in questo caso con un ex-aequo con il Luras, squadra per noi sempre difficile ed ostica.

Si va allo spareggio nel neutro del quadrivio di Nuoro e sapete che succede?

Facile la risposta e fatale l’esito: si perde, ai rigori stavolta, ed il Luras salta in promozione e la Cannedu rimane in 1° categoria.

Il secondo dei quattro sfortunati ed avversi spareggi a conclusione di un torneo comunque esaltante e prestigioso.

Cap. 8°

- Breve resoconto dei 5 tornei che seguirono fino alla ripresa del mandato nella stagione 1974/75

Non dispongo di documenti e quindi il mio racconto sul punto sarà brevissimo.

Gli impegni familiari e professionali del tempo non mi consentirono di seguire da vicino gli eventi della società, e a causa della mia innata ritrosia e discrezione, che è poi stata una costante del mio lavoro, orientata ad evitare accuratamente, una volta lasciato un incarico, qualsiasi forma di intervento e o di presenza, che potesse risultare a volte ingombrante e forse non gradita.

Ho sempre pensato non positivamente di chi, cessato un compito di responsabilità, continua in un modo o nell’altro, se non manifestamente richiesto e gradito, ad “intromettersi”. Ho sempre ritenuto, forse anche esagerando, che fare ciò poteva e potrebbe significare ingerenza ed essere di conseguenza percepito dai succeduti nell’incarico, in qualche modo, condizionante ed invasivo. Naturalmente se richiesto sarei stato disponibilissimo nell’arco delle mie possibilità temporali e spaziali.

Così andarono le cose.

Nel periodo intercorrente fra le dimissioni (69) ed il rientro (74) non ho più raccolto ulteriore documentazione, anche se nell’ 85 chiesi a Vittorio Caria se disponeva di materiale utile alla prosecuzione del racconto, lasciandogli per diversi mesi la disponibilità del lavoro che avevo realizzato a quel tempo, ed invitandolo anche a proseguire la storia.

Tre volumi da me rilegati, consegnatigli dall’amico Totoi Fiori (Fioreddu) di commenti manoscritti ed arricchiti da fotografie e fotocopie di giornali, riguardanti i periodi in cui avevo esercitato il mandato e che meglio ricordavo e che sono ora base dell’attuale racconto che si viene dipanando.

Ma Vittorio tempo dopo, nel rendermi le carte che gli avevo affidato, mi disse che in società, né lui personalmente, nè altri avevano più raccolto dati.

Cinque stagioni dai rendimenti alterni stando ai risultati.

Ottimo, come accennato nel capitolo che precede, il torneo 69/70 con Michele presidente e Nanni Moretti allenatore

Non male le stagioni 1970/71 e 1971/72.

Anzi il campionato 70/71, Presidente all’inizio Giovanni Antonio Fusco, che ricordiamo già dirigente ai tempi della Rinascita, e poi Antonio Cau, allenatore Enzo Usai prima e poi Scavio, va giudicato più che bene per un ottimo terzo posto in classifica e per la disputa di una fase inoltrata di Coppa Italia dilettanti, conclusasi a Cassino contro una squadra fortissima, dotata di un giocatore temibile che si chiamava Vento, autore dei gol decisivi per la nostra eliminazione.

Onore al merito per quella meravigliosa avventura che aveva dato prestigio alla nostra società. Era l’anno di un abile opportunista dell’area di rigore, Angelino Fiori di Sorso, un falco in area di rigore, implacabile, tipo l’Inzaghi dei tempi attuali. Angelino è l’attuale allentare dell’Ittiri per l’Eccellenza 2009/2010.

Il torneo successivo 1971/1972, presidente prima Giommaria Orani e poi Antonio Cau, allenatore prima Marziani e poi Casalini, si concluse con un onorevole ma calante 6° posto.

In due anni: doppi presidenti e doppi allenatori!

Seguirono due deludentissimi tornei con alla presidenza l’amico fraterno Antonio Pischedda, già validamente operoso nei direttivi precedenti, compresi quelli del mio mandato. Antonio era all’epoca e rimarrà (perché tornerà a dirigere l’Ittiri nel 95/96 e 96/97, quando in squadra militeranno in maniera brillante i due figli Giovanni e Franco) appassionato e di notevole impegno. Ma in quei due tornei non ebbe fortuna o forse mancò dei supporti e delle collaborazioni necessarie, resta il fatto che il campionato 72/73 si chiude al terz’ultimo posto, anche in questo caso con un ex-aequo in compagnia del Dolianova .

Il conseguente spareggio, il terzo, ancora infausto, ci decretò retrocessi in seconda categoria.

Ma poi riammessi perchè ripescati ancora in 1° categoria.

Il torneo 1973/1974 si conclude con il raggiungimento della salvezza solo all’ultima giornata e la quart’ultima posizione in classifica.

Antonio Pischedda ostinato e tenace troverà, come detto, il tempo e la voglia di rifarsi.

Cap 9°

- La Crisi – La “rifondazione” attraverso il Commissariamento e poi di nuovo Presidente per altre quattro stagioni – Torneo 1974/1975

La depressione e lo sconforto a conclusione del campionato 73/74 erano enormi: situazione finanziaria difficile, riduzione dei soci ad un numero esiguo, partecipazione dei tifosi al minimo, disponibilità ad assumersi delle responsabilità vicina allo zero, parco giocatori modestissimo. Si valutava addirittura la possibilità di chiudere baracca ed infatti si compì il gesto classico in queste circostanze, rimettendo in sostanza ogni decisione a chi di competenza nell’Amministrazione Comunale. Praticamente al Sindaco, che era allora Baingio Oggianu, già drigente e giocatore della Rinascita.

Nel frattempo si faceva forte la critica che proveniva da ogni settore della tifoseria.

Non era peraltro da sottovalutare la capacità di iniziativa di una nuova società calcistica, che era nata nei primi anni settanta, per iniziativa del vice parroco don Spina. La Sprint, creata per valorizzare i giovani calciatori, si inserisce nell’ambito giovanile iniziando con tornei CSI e poi FIGC Juniores e di 3° categoria; ambito che la Cannedu evidentemente aveva iniziato a trascurare.

In questo comparto la Sprint comincia ad ottenere buoni risultati “sfornando” dei validi elementi, comunque ponendosi come riferimento per centinaia di ragazzi.

In concreto la Sprint ripeteva, in un certo senso, la stessa operazione che fu alla base della nascita della nostra Cannedu, stavolta dal versante Parrocchia: creazione di nuova società, campionato CSI, e poi anche FIGC. Ma con una decisiva variante, non si propose, almeno per allora, come alternativa alla Cannedu, come invece facemmo noi nel 66, limitandosi a continuare ad operare in un orizzonte limitato al settore giovanile, senza apparentemente traguardare obiettivi più alti. Apparentemente forse.

Ma se la Cannedu avesse ammainato bandiera come rischiava di fare in quei giorni caldissimi dell’estate del 1974?

A questo punto di quasi non ritorno opportuno intervenne il prezioso articolo dello Statuto (la clausola di garanzia, la regola d’oro), da me suggerito e voluto in sede di fondazione, che disponeva il ricorso ai soci fondatori al fine di cercare una soluzione alternativa alla inevitabile decisione di chiudere definitivamente l’attività della Cannedu.

Venni contattato direttamente dal Sindaco, unitamente agli altri amici fondatori, ed insieme iniziammo a valutare opportunità e possibilità di ripresa, rinviando il tutto, compresa una mia ipotesi di ritorno attivo e a tempo pieno in seno alla società.

Esitavo, con molti dubbi, per i grossi impegni professionali in Banca, dove avevo assunto, un certo livello di responsabilità e a causa di gravi problemi legati alla salute del mio primo bambino Pietro, bisognoso di continue cure e trasfusioni perché colpito della terribile “anemia mediterranea” che lo aveva segnato sin dalla nascita, nel 1971.

Ricordo ancora con grande emozione e partecipazione alcuni incontri-scontri vivaci ed animati, in sala consiliare al Comune, ma pressoché tutti finalizzati alla ricerca di una soluzione positiva e finalizzata all ripresa. Ed in quelle occasioni gli interventi di Doddore Sechi furono illuminati e protesi a che si trovasse una soluzione adeguata con il ritorno al vecchio gruppo dirigente, dal quale comunque lui dichiarava pubblicamente di volersi astenere.

Su di me e sulla mie eventuali decisioni iniziava a farsi sentire l’opera di convincimento come al solito silenziosa, ma efficace, da trapano, del mio “vecchio” vice, si fa per dire, perché continuava a sopravanzarmi solo di circa 15 anni, Mimmiu Fiori.

In occasione di una decisiva riunione pubblica, in un tardo pomeriggio, animatissima come non mai e drammatica per certi versi, vista la posta in palio, partecipata da decine e decine di soci, ma ancor più di semplici tifosi, verso i primi di agosto, prevalse in tutti i presenti il buon senso e la ragionevolezza e unitamente ai dirigenti del Direttivo uscente, il presidente Antonio Pischedda compreso, si decise il commissariamento della società.

Mi fu chiesto da parte di tutti l’assunzione di tale responsabilità e in quel momento, sciogliendo le mie riserve ed esitazioni personali, accettai il ruolo di Commissario Straordinario, finalizzato alla “rifondazione “della società. Significava che mi assumevo, e lo precisavo pubblicamente, chiedendo ed ottenendo poteri straordinari, il compito di ricostruire e riorganizzare la società su basi nuove, potendo disporre dell’autorità di scegliere i collaboratori per il direttivo e di assegnare gli incarichi.

Il tutto con il fine, limitato nel tempo, di rinforzare la squadra, iscriverla al campionato entro il 10 di agosto, come previsto, impostare nuovi progetti e la nuova campagna soci e di presentarci entro la metà del successivo settembre all’attenzione ed alla ratifica dell’Assemblea dei soci. Prima della partenza prevista per il 29 di settembre della nuova avventura calcistica 1974/1975.

Si trattava della “rifondazione” della Cannedu o “rinascità”, come qualcuno chiamò l’operazione che prese avviò quel giorno, per evocare la mitica e mai dimenticata squadra di Lorelli e Gambella.

Ittiri, 8 - Forse la crisi dirigenziale della Cannedu ha avuto uno sbocco e il campionato si farà. L’ultima parola comunque spetta agli sportivi di Ittiri che dovranno prendere nella giusta considerazione gli ultimi sviluppi del caso che sta appassionando l’ambiente sportivo locale.

I soci fondatori, responsabili in casi estremi della sopravvivenza della società, visti inutili i tentativi di comporre un nuovo Consiglio direttivo hanno eletto un commissario straordinario nella persona del ragionier Antonio Masia, socio fondatore egli stesso e già presidente per tre anni nelle passate stagioni. Gli impegni che attendono il neo commissario sono indubbiamente molto pesanti ma sono stati assolti con piena responsabilità e con passione degna di fortuna e considerazione. Fra le altre cose dovrà provvedere a cercare dei collaboratori che dovranno costituire l’ossatura del nuovo consiglio direttivo 1974/75, a scegliere un allenatore e dei giocatori che dovranno integrare la rosa già esistente e naturalmente all’iscrizione al prossimo campionato di prima categoria e del settore giovanile entro il dieci agosto. Superati così i primi ostacoli per la stesura dei programmi inerenti la prossima stagione agonistica, si attende una piena ed unanime rispondenza da parte degli sportivi locali e della autorità locali perché la Cannedu esca dall’anonimato di questi ultimi anni e predisponga una organizzazione degna delle tradizioni sportive del paese. In una prossima assemblea che verrà indetta per venerdì 9 agosto saranno illustrati gli intendimenti futuri.

Di nuovo sentii fortemente vecchi stimoli e desiderio di rimettermi in gioco, con una operazione di riorganizzazione e rilancio per niente agevole. Ma le sfide mi sono sempre piaciute e quando possibile non mi sono mai tirato indietro. Nel caso in questione era, e lo sentivo come un dovere, un servizio da rendere al paese e soprattutto ai giovani, un rispetto per quello che avevano fatto altri prima di me e per quel gesto importante e determinate di creazione della Cannedu Ittiri che non doveva morire, ma continuare.

Quel calcio riprese forza ed impeto nel cuore.

Determinante il lucido e prezioso apporto di Mimmiu Fiori, che accettò il ruolo di vicepresidente, unitamente al nuovo prezioso entrante Totoi Canu, e al presidente uscente Antonio Pischedda. Tre Vice a significare lo spirito di continuità e di nuova armonia che cercavamo di ristabilire.

Accettarono, con rinnovato entusiasmo e dando alla compagine significati di prestigio e autorevolezza, importante messaggio per gli sportivi e le autorità del paese, di far parte del Direttivo importanti collaboratori. Michele, già vice e poi presidente nel 69/70, e Vittorio Caria, sempre segretario e sempre impegnato a favore dei settori giovanili, il sempre dirigente Michele Sogos, Totoi Manca (su ‘e Giuongiagu o cabalette, mi raccomando la “d” con lingua sul palato) che in seguito ricoprirà dei ruoli specifici, il collega del Banco di Napoli Andrea Deriu (futuro fondatore e direttore del Coro di Ittiri), anche lui assumerà in seguito compiti importanti, nel 74/75 cassiere e nel 75/76 segretario, il sempre disponibile Totoi (Titi) Cossu (quante trasferte e trasporti di giocatori a sue spese!), Salvatore Lupinu con la sua verve ironica non poteva mancare, continuavano anche Simoncino Tavera di Galilea ed Andrea Tavera (Bruja) il nostro ottimo medico sociale. Rientravano altri due personaggi di rilievo, Giommaria Orani (Ciccheredda) e Antonio Cau, che erano stati presidenti nel 71/72 , prima l’uno e dopo l’altro. Si univa al gruppo direttivo anche Giovanni Antonio Sanna (Scianga) sempre generoso e disponibile, Simone Pisanu (su ‘e sos mobiles per distinguerlo dall’omonimo che verrà dopo), già collaboratore esterno in passate edizioni e l’entusiasta Antonio Demartis, (Mastigabrou) che si occuperà con zelo dell’economato. E cito per ultimo, ma vale fra i primi, l’ingresso di Totoi Fiori (Fioreddu), generoso e appassionato, cemento di coesione in seno al direttivo e disponibilità massima anche attraverso la sua abitazione e…. la generosa e ospitale cucina della sua signora, comare Bingia. Su questo aspetto non era da meno anche la taverna di Simoncino …dove dal 76 da Olbia iniziarono ad arrivare sacchi di prelibati frutti di mare. Quante cene con tutto il gruppo direttivo! Insieme.

Insomma la comunicazione all’ambiente era chiara e forte: chi aveva sino a quel momento dato impegno, tempo e risorse per l’avvento dell’attività calcistica a Ittiri si rimetteva in pista, anzi in “Sa Pista”, per dare ancora opportunità ai ragazzi ed agli sportivi.

Indicato il nuovo Consiglio Direttivo con gli incarichi assegnati, così come detto, e cessato di conseguenza l’incarico di Commissario Straordinario si rientrava nella ordinarietà della gestione, affidandoci al giudizio dell’Assemblea generale dei soci, che riunata al “Cancello D’oro”, ratificava all’unanimità l’operato.

La Cannedu, anzi la Polisportiva era nata, o, meglio dire, rinata.

Proposi, era un mio pallino fisso come ai tempi del primo mandato presidenziale, un piano triennale al termine del quale, io personalmente avrei lasciato l’incarico.

Al fine di realizzare in quell’arco di tempo il passaggio alla serie superiore , e la valorizzazione del vivaio, anche in armonia e collaborazione con la Sprint, (i rapporti con don Spina ed il suo gruppo erano più che cordiali e di reciproco rispetto), e la ripresa e riammodernamento degli impianti sportivi. Volevamo anche lanciare la pratica di altre discipline sportive, e fu per questo che da quel momento in poi ci ribattezzammo.

Da Cannedu Ittiri a Polisportiva Ittiri e sempre con i significativi cinque cerchi olimpici in verde che riconfermammo come simbolo della “rinata” società, ad evidenziare, anzi ribadire anche graficamente, che volevamo aprirci a nuove attività nell’ambito dello sport. E su questo obiettivo avremmo iniziato ad operare, a partire dalla successiva stagione 75-76, quando realizzeremo un patto di fusione con la Sprint e l’apertura ad altre discipline, come riferiremo più avanti.

Dovevamo con urgenza allestire una valida compagine di atleti in grado di partire subito col piede giusto, per non vanificare le grandi aspettative che la “rifondazione” della Polisportiva aveva ingenerato nell’ambiente.

Intorno a noi il numero dei soci era immediatamente ricresciuto a livelli di sicurezza e garanzia di adeguate risorse da impegnare sul fronte del rafforzamento della compagine.

A sostegno delle esigenze ottenemmo un piccolo scoperto di conto corrente presso la locale Banca Popolare, garantito dalle firme solidali di un ristretto, ma trasparente, numero di dirigenti: con me , Michele Caria, Totoi Canu, Mimmiu Fiori, Salvatore Lupinu, Giommaria Orani, Totoi Fiori, Antonio Pischedda, Antonio Cau, Giovanni Antonio Sanna, Totoi Cossu.

Alcuni bravissimi giocatori “storici” lasciavano il campo per limiti di età o per impegni di lavoro: Pino Delogu, Peppe Saba, Anghelu Cossu, Giovanni Manca, Gianfranco Porcu.

Emergevano nettamente e si imponevano da titolari, dopo la partecipazione ad alcuni dei tornei precedenti alcuni giocatori. Uno dei più forti terzini che l’Ittiri abbia mai avuto, Totoi Puggioni (Puzone), fratello di Angelo, Matteo Deruda (Carighitta) anche lui difensore di valore, il portiere Giommaria Melis, e su tutti il fantasista del centrocampo, il beniamino che nel sentimento degli sportivi rimpiazzava le virtù tecniche e di giocoliere di Porchittu, Peppineddu Cossu (il “brasiliano”), i fratelli Giovannino e Pasqualino Manus attaccanti di talento e temperamento che in successione per età scalarano rapidamente il posto in 1° squadra.. Rimanevano della vecchia guardia, Gavinuccio Pinna, forte difensore sassarese ma ormai “ittiresizzato”, Tore Masia con ancora qualche apparizione , e Lello Pagliaro sempre in grado di dettare delle geometrie di gioco. Non lasciavano gli amici algheresi, Tore Sanna, tutto cuore e moto perpetuo, il motorino costante in campo, il capitano, instancabile e generoso come sempre ed anche l’attacante ancora con il fiuto del gol Gianni Botondi.

Dovevamo affidare in mani sicure la guida della squadra ed in quest’ottica decidemmo all’unanimità di richiamare a tale incarico Nanni Moretti. Con lui avevamo conosciuto momenti esaltanti ed eravamo pervenuti alla testa della classifica finale per ben due volte con un passaggio di categoria, e con lui ricominciavamo l’avventura, dopo 4 anni di assenza dal nostro campo.

Sì, è vero, qualcuno leggendo la parola “unanimemente” sorriderà, o accennerà qualche commento ironico ricordando qualche polemica sul carattere cosiddetto poco democratico di alcune mie proposte e sul come venivano condotte le iniziative. Prima decide e poi si decide in Consiglio: qualcuno maliziosamente suggeriva. .

Solo insinuazioni di contorno, a volte anche simpatiche, ora ci possiamo ridere sù, allora meno. Per una gestione dove tutti i giorni occorreva prendere decisioni e proporre atteggiamenti e comportamenti, sempre ispirati ai principi di lealtà e trasparenza, di efficienza. Ci si muoveva soprattutto con l’attenzione spasmodica, questo sì, di impedire che la politica partitica si insinuasse all’interno del direttivo e della Società. Spaccandola.

Su indicazione di Nanni Moretti che cercava a centro campo un equilibrio del modulo di gioco tra giovani dinamici e maturi portatori di esperienza chiamammo ad Ittiri un giocatore già carico di esperienza e di anni, ma ancora validissimo, tenace e generoso, il De Sisti della situazione, Marieddu Pinna. E ottimo fu il suo apporto. Ed ancora ci integrammo con il gigante buono, centravanti di sfondamento, Gesuino Pilo dalla Torres, il piccolo per statura ma efficace libero Angelino Sanna dal Sorso, Carmelo Cuccureddu fratello di Antonello dal Thiesi che presto ci lasciò per infortunio, Rizzu e Cossu dal Logudoro, e Antonio Pilo portiere dal Ploaghe, bravo spericolato ed amicone di tutti e l’estrosa ala del Fertilia Mario Idili, grande opportunista del gol.

Riuscimmo anche a riportare fra di noi, con l’entusiamo di tutti, uno dei giocatori più amati dal pubblico ittirese che lo aveva visto protagonista nelle esaltanti edizioni del 69/70 e 70/71 e che si era allontanato: Carmelo Calaresu, biondo di Fertilia, con un suo piacevole tipico stile di corsa, caracollante, ala d’attacco con il vizio del gol, di pura classe e grande generosità.

A completare la formazione, elevandone la qualità, ci riuscì un “colpaccio” geniale: l’ingaggio, con pochissimo dispendio di mezzi, di quello che si ritiene unanimemente (il termine in questo caso non è da mettere in discussione) uno dei più tecnici, completi e importanti giocatori non locali che l’Ittiri abbia mai avuto. Grinta, esperienza, impossibile passare dalle sue parti in difesa, anche buon realizzatore: Costanzo Dettori già difensore e mediano di razza della Torres in serie C e del Thiesi in serie D. Costanzo si affezionò all’Ittiri e ai suoi tifosi, che lo adoravano, così come lo adorava, e lo si vede anche nelle foto che suguono, quel bambino di nome Pietro che a Natale del 75 avremmo perso per sempre.

A Costanzo ho chiesto la simpaticissima testimonianza che segue di come riuscimmo a portarlo nelle nostre fila, nonostante grande concorrenza, e a “pregiu barattu”,con poca spesa.

Ecco come lo stesso Costanzo, come sempre prodigo di battute e di buonumore, ricorda quel periodo:

È molto difficile che risponda al cellulare quando mi appare la scritta “sconosciuto “, ma ieri giovedì 7 gennaio nel primo pomeriggio, a quella chiamata ho risposto d’istinto.

- Pronto ? - Buon giorno (fu la risposta) la sto chiamando per informarla che finalmente sono pronto a saldare quel vecchio debito.

Impiegai solo un attimo a capire che dall’altra parte c’era Antonio (Totoi) Masia, carissimo amico di vecchia data e mio presidente negli anni indimenticabili trascorsi alla “ Cannedu Ittiri “.

- Era ora, risposi, che ti affacciassi per saldare i “buffi”, avevo già deciso di dare incarico al mio legale di procedere al sequestro della società.

Dopo i saluti e le reciproche battute, che sempre ci scambiavamo su un piccolo mio vecchio credito nei confronti della società, credito peraltro mai richiesto perché mi avrebbe precluso il piacere di “rinfacciarglielo”, Totoi mi disse che stava scrivendo un libro sulla “ Canneddu Ittiri “, e poiché mi considerava una parte importante di quella storia calcistica mi chiese di incontrarci.

Quella sera, felici di rivederci dopo tanti anni, parlammo, senza renderci conto del tempo che scorreva, per alcune ore.

Antonio mi illustrò con orgoglio ed entusiasmo la sua iniziativa che era già in fase molto avanzata, consultammo insieme molte pagine, ed ebbi così l’opportunità di vedere vecchie foto che mi ritraevano con tanti carissimi amici del tempo, molti dei quali non vedo più da anni, ma che mi sono rimasti sempre nel cuore perché con loro ho condiviso tantissime sofferenze e gioie sportive. Melis, Peppineddu Cossu, Totoi Ortu, I fratelli Manus, il grande Botondi, Marieddu Pinna, Carmelo Calaresu, Nicolino Spano, Gavinuccio Pinna, Lello Pagliaro,Tore Sanna , Carmelo Silanos, e tanti altri presenti nelle pagine del libro e nei miei ricordi.

Con alcuni invece ancora oggi ci incontriamo sui campi di calcio per partite di vari tornei “over “, come Antonio Usai, Nicolino Manconi, Bobo Podda. A proposito di Bobo ricordo che quando venne a Ittiri proveniente dall’Usinese, squadra storicamente rivale della “Cannedu “, inizialmente non era molto ben visto dai tifosi, e per questo fu preso di mira da alcuni che si chiedevano ( naturalmente in senso ironico e buono ): “ma no lu podiat catigare su pulman dae Usini a inoghe?” ( non poteva il pulman metterlo sotto, sulla strada Usini-Ittiri?) In breve tempo però Bobo dimostrando carattere, valore e spirito di sacrificio, diventò uno dei beniamini del pubblico. E quelli che prima l’avevano dileggiato:”gratias a Deus chi at curridu più de su pulman” (meno male che ha corso più del pulman).

In quelle foto c’e di tutto, anni e anni di gioventù allegra e spensierata, ricordi bellissimi anche di amici che purtroppo non sono più con noi, come Marcello Del Prete e Nanni Moretti, amici che non saranno mai dimenticati. In questo momento che nella mia mente scorrono tutte queste immagini, sono pervaso da una sana e piacevole malinconia.

Una cosa mi ha però colpito in modo particolare, ed è stato il rivedere le foto del piccolo Pietro, il figlio di Antonio, “ Pietro primo “ come negli anni sarebbe stato ricordato, un bambino meraviglioso, dolcissimo e affettuosissimo, che una malattia subdola e vigliacca in poco tempo ha portato via.

Fra me e Pietro si era instaurato, come per incanto, un rapporto speciale, gli volevo bene come fosse mio figlio. E lui per me stravedeva.

Questo particolare rapporto, fu determinante perchè si instaurasse e si cementasse una bellissima amicizia, anche fuori dalla vita calcistica, con Antonio, Toia e la mia famiglia.

Amicizia che dura ancora oggi, e sono passati 36 anni!

La domenica il piccolo Pietro mi aspettava all’ingresso del campo. Appena arrivavo non facevo in tempo ad aprire la portiera dell’auto che lui era già lì, mi prendeva la sacca, la portava negli spogliatoi, una sacca più grande di lui, e mentre mi spogliavo mi preparava tutto quello che serviva per la partita, scarpe, slip, maglietta, calzoncini e quant’altro. Rimaneva seduto sulla panca vicino a me, e non mi lasciava un attimo, neanche quando l’arbitro ci chiamava per l’appello.

Spesso durante la partita si sedeva in panchina con allenatore e dirigenti, e quando mi trovavo in zona lo salutavo, e gli facevo qualche battuta :

- Tranquillo Piè…non hanno speranze….vinceremo alla grande….

Lui mi guardava con adorazione mista ad ammirazione, e credo che in quei momenti fosse il bambino più felice del mondo.

Al termine della gara mi seguiva negli spogliatoi, ricordava tute le azioni che mi riguardavano, me le accennava, e mentre facevo la doccia, riponeva tutto in modo ordinato nella sacca, pronto a riportarla in macchina.

Ricordo la sua faccina triste quando una volta il piccolo Gianfranco Scanu, che da grande sarebbe diventato un ottimo calciatore, figlio dell’allora dirigente e tutt’ora amico “ Cicciu Shell “ ( gestiva un distributore della Shell), una volta riuscì a precedere Pietro, prendere la mia sacca e portarla negli spogliatoi. Pietro ci rimase malissimo, guardava in cagnesco Gianfranco, ed alla fine della partita partì come un razzo negli spogliatoi per paura che il “nemico” gli rubasse anche la gioia di risistemarmi la sacca.

Impiegai non poco per tranquillizzarlo e convincerlo che volevo bene soltanto a lui, che lui era il mio prediletto, e che Gianfranco era solo un amico, ma di minore importanza.

Tornando al libro mi ha fatto enorme piacere che Antonio mi abbia interpellato, e mi abbia chiesto una mano, sono orgoglioso, di far parte di questo progetto, e di contribuire anche se in piccolissima parte, alla sua realizzazione .

Credo che sia simpatico e contribuisca a far conoscere il carattere dell’autore di questo libro, raccontare come Antonio mi ha convinto a giocare con la “ Cannedu “, squadra di 1° categoria di cui allora quasi non conoscevo l’esistenza.

Nel settembre del 1974, appena tornato dal viaggio di nozze, mia madre, (che non si era ancora abituata all’idea che non fossi più a casa con lei, dato che ero il più piccolo il più coccolato, e l’ultimo ad essersi sposato), spesso veniva a passare qualche giorno a casa mia.

Quel giorno tornai per pranzo, Maria Cristina, mia moglie, non era in casa, in quegli anni insegnava fuori Sassari, e nel momento in cui si aprì la porta dell’ascensore, si aprì anche la porta di casa, e mia madre, che sicuramente era appostata dietro la porta, tutta trafelata mi venne incontro sul pianerottolo della scala, e incurante del fatto che qualche vicino poteva sentirla mi disse:

Ma a si bò sabbè cosa marasosthi hai cumbinaddu cu ra banca? “

Non capii subito il significato di quelle parole, ma la sua faccia preoccupata mi mise addosso una certa inquietudine.

Mi disse che aveva telefonato un tizio dalla Banca Commerciale, un certo Masia , che mi cercava già da qualche giorno, perchè aveva bisogno di parlarmi per cose molto importanti.

Sarei dovuto andare a trovarlo al più presto nel suo ufficio, presso la banca in Piazza d’Italia.

Non andai quella sera all’appuntamento, prima volevo riflettere e cercare di capire chi fosse questo “ Masia “, cosa potesse avere di così importante da dirmi, e soprattutto di così urgente.

La mattina dopo, intorno alle 11, con un certo senso di disagio, mi recai in banca, dove mi indicarono subito l’ufficio di questo sig. Masia.

Bussai alla porta, entrai nella stanza, e dietro una scrivania c’era questo tipo, più o meno della mia età, che si alzò sorridente salutandomi con molto entusiasmo. Disse che mi aveva sempre ammirato come calciatore, e mentre lui parlava io cercavo di ricordarmi dove potevo averlo conosciuto,… ma niente.

Dopo un po’ mi disse candidamente:

Sono il presidente della Cannedu, e sarei molto contento se lei venisse a giocare con noi il prossimo campionato.

Non avevo capito bene che cosa stesse dicendo, mi sembrava uno scherzo di dubbio gusto.

La “ Canneddu “ risposi, e chi siete?

Veramente non sapevo niente di quella squadra , e oltretutto, la preparazione di questo incontro, la telefonata a casa, il discorso con mia madre la convocazione in banca, mi avevano un po’ infastidito.

L’ errore (o la fortuna) fu che rimasi ad ascoltarlo, a sentire i suoi programmi, le sue aspirazioni, i suoi propositi.

Devo dire però che il suo entusiasmo mi contagiò.

Dopo una chiacchierata abbastanza lunga ci salutammo con la promessa di risentirci entro breve tempo. Ma naturalmente io ero molto scettico sulla favorevole conclusione di questa faccenda.

Dovevo mettere a fuoco tante cose, gli ultimi anni avevo giocato a Thiesi, ambiente meraviglioso, con tanti amici, pieno di persone eccezionali, gente che mi voleva bene, e non mi andava l’idea di andare in una squadra dove non conoscevo nessuno, dove peraltro subito dopo la proposta di vestire la maglia della Cannedu, lo sconosciuto rag. Masia continuò, apparentemente senza imbarazzo:

Sa, dovrebbe venire ,anzi spero che venga a giocare da noi “quasi gratis” perché non possiamo darle molto, disponiamo di un piccolo budget!

Non è che fossi molto abituato a guadagnare dal calcio, alla Torres dopo otto campionati di serie “ C “, disputati con dignità, il mio stipendio più alto è stato di 220.000 lire al mese, guadagnavo più giocando in D col Thiesi. E comunque i soldi non erano assolutamente la mia preoccupazione primaria. Certo ero, all’epoca, un buon giocatore, ancora giovane (28 anni ) e con tante richieste da squadre di serie superiore. L’idea della “Cannedu” non mi entusiasmava affatto.

PERO’ l’insistenza di Antonio fu tanta, ci incontrammo diverse volte, cercava di convincermi in mille modi, diceva che gli servivo anche come immagine, per dimostrare al paese che voleva fare le cose per bene, per una rinascita della società.

Dava una tale importanza al mio ingaggio che mi faceva sentire l’unica persona in grado di salvare la situazione.

Sinceramente cominciavo a vacillare.

Come al solito stava iniziando a prevalere la questione di cuore, così come era successo a Thiesi, dove il buon Sig. Serafino Pinna mi aveva convinto ad andare quasi con gli stessi argomenti.

Lo spunto finale poi me lo diede il Mister di allora, quel grande amico che fu Nanni Moretti, il quale mi telefonò per dirmi che, con me in squadra, anche per lui poteva essere un campionato decisamente positivo. E che, data la nostra vecchia amicizia ( Nanni mi aveva visto nascere come calciatore , abitava a 100 metri da casa mia, e lui era già un calciatore affermato) avrebbe considerato la cosa quasi come un favore personale.

Tutta questa serie di circostanze alla fine mi hanno convinto ad accettare le proposte del fantomatico sig. Masia, che nel frattempo stava diventando per me qualcosa di più che “ il presidente”. Ebbe così inizio un periodo della mia vita fra i più belli e felici.

Un altro curioso episodio.

Nel periodo di militanza nella “Cannedu”, una sera con alcuni amici, Gavini, Matta , Lungheu, con i quali avevo giocato insieme al calcio per tanti anni, fummo invitati a cena da Gianfranco Marcellino.

Non conoscevamo bene il punto dove si trovasse la sua casa, ma sapevamo che era nella zona di “Monte Oro “.

Dopo un po’ di ricerche non riuscendo a individuare la casa, pensammo bene di suonare un campanello nei paraggi e chiedere informazioni.

Un uomo si avvicinò con fare circospetto, era già buio, e quando fu vicino al cancello gli chiesi se sapeva indicarci la casa del nostro amico.

Lui mi guardò e disse:

Ma lei non è Dettori della “ Cannedu “?

Risposi di si, lui mi salutò contento, parlò un po’ della squadra e alla fine mi diede le giuste indicazioni per arrivare alla casa di Gianfranco.

Gli amici che nel frattempo stavano sorridendo sotto i baffi, non me la fecero passare liscia: da quel momento e per tanto tempo mi chiamarono “ Dettori della Canneddu “, appositamente accentuando la doppia “d”.

Pensa, dicevano, per farti conoscere hai dovuto giocare con la “ Canneddu “, per gli anni trascorsi alla Torres e al Thiesi non ti conosce nessuno.

Che mi caratterizzassero “della Cannedu” in fondo mi faceva piacere allora ed ancora oggi ricordo con gioia e “orgoglio” i miei vecchi tifosi Ittiresi, e la gloriosa maglietta Bianco – Verde.

Il 16-marzo del 75 a conclusione di un Ittiri- Sardegna vinta per due a zero con reti di Tore Masia e di Mario Idili con questa formazione : Melis, Puggioni, Deruda, Pinna G., Dettori, Pinna M., Masia, Calaresu, Botondi, Cossu, Idili , tutti i giocatori, compreso il massaggiatore al centro , Zio Pietrino, a casa Gambella a festeggiare i 4 anni di Pietro, diventato la mascotte del gruppo.

La squadra sin dall’inizio del torneo, esprime un gioco di qualità e di risultati. Si parte alla grande e si occupa da subito il vertice della classifica sino alla 18° giornata.

Campioni d’inverno, con due punti di vantaggio sul tenace e forte Macomer, con il suo gioiello goleador Mariano Barria, tutto precede per il meglio, l’entusiamo alle stelle. Ma, a carnevale caliamo di rendimento, e questa diventerà pressochè una costante negativa nella storia dell’Ittiri calcio, e il Macomer a metà febbraio del 75, ci agguanta alla 19° giornata ed alla 20° ci supera di 1 punto e così sino alla 21° giornata. Noi 32 punti loro 33.

Arriva la giornata dello scontro diretto, il 31 marzo, la 22° giornata Ittiri-Macomer. La grande opportunità, fra le mura amiche, con in campo il tredicesimo giocatore, il nostro pubblico che si presenta numerosissimo all’appuntamento. Basta vincere e di nuovo noi al comando.

E sino al 90°minuto, la partitissima è nelle nostre mani in virtù di uno splendido gol realizzato da Idili al 29’ del primo tempo. Siamo tutti in attesa del triplice fischio finale. Ed invece qualche secondo prima arriva beffarda la rete di Usala a seguito di un nostro mezzo pasticcio in area. E’ la rete del pareggio, è il gol del nostro mancato sorpasso.

Così quella domenica di Pasqua che volevamo festeggiare si trasformò per tutti noi, giocatori, dirigenti e tifosi in una delusione enorme, scioccante.

Fallivamo il primo posto e quindi anche il campionato, perché dopo quella fatidica partita la nostra squadra non si ritrovò più. Non fummo più all’altezza del compito, come d’incanto la sicurezza, l’efficienza con la quale si scendeva in campo era sparita.

Da allora e sino alla fine del campionato, come svuotati di energie e motivazioni necessarie, ci trascinavamo attraverso gare scialbe, prive di mordente e di apprezzabili risultati. Appena la miseria di 8 punti nelle rimanenti 7 partite!

Concludemmo quel torneo, che avevamo dominato nella 1° parte, al terzo posto con 40 punti a 8 dal Macomer e a 4 dal Sorso. Era di sicuro molto di più di quanto preventivato all’inizio, ma molto meno di quanto potevamo e stavamo per cogliere.

Ricordo ancora quella partita, che a lungo rivedevo di notte come un incubo quasi come a volerne inutilmente cambiare il risultato. Ed il ricordo mi riporta ai visi sconsolati di tanti amici ammutoliti e delusi, alle lacrime di alcuni giocatori. E all’”irritante” esultanza dei giocatori e tifosi del Macomer.

Ma ne avevano tutto il diritto.

ITTIRI: Melis, Puggioni, Pinna G, Sanna T., Dettori, Sanna A., Calaresu, Cossu, Botondi, Pinna M.,Idili. Allenatore Moretti.

MACOMER: Arena, Renzetti, Demurtas, Mura, Palermo, Cadeddu, Lelli, Sau, Pitzolu (dal 60’ Salis), Barria, Usala. Allenatore Crovi.

ARBITRO:, D’Alascio di Latina.

RETI: aI 28’ Idili ed al 90’ Usala.

NOTE: tempo prettamente invernale con freddo intenso e leggera pioggia caduta durante la prima mezz’ora di gioco. Terreno di gioco in buone condizioni. Ammoniti per proteste Sanna A. e Botondi, per gioco falloso e per ostruzionismo Cossu. Pubblico molto numeroso calcolabile sulle 2.500 unità per un incasso record di oltre 2 milioni di lire. Calci d’angolo 8-2 (4-0) a favore del Macomer I migliori per l’Ittiri Melis, Sanna T. ed ldili per il Macomer Renzetti, Barria ed Usala.

Dal nostro inviato

Ittiri 31 marzo

Tutto come prima in cima alla classifica del girone nord della prima categoria dopo il pareggio colto proprio al 90’ copolista Macomer sul campo minato di Ittiri . La compagine di Moretti ha sognato il sorpasso sino a pochi secondi dal termine, quando cioè sull’ultimo calcio d’angolo (l’ottavo della serie effettuato da Lelli il cannoniere Usala ha trovato lo spiraglio giusto per trafiggere da distanza ravvicinata Melis, bilanciando la rete messa a segno a metà del primo tempo da Idili, al termine di una splendida azione volante che ha avuto come protagonisti anche Calaresu e Botondi.

Beffato proprio sul finire l’Ittiri può in verita recitare il “mea culpa” al termine di una gara che l’ha visto per larghi tratti protagonista. Intendiamoci non è che il Macomer, che fra l ‘altro è sceso al Comunale privo di cinque titolari, abbia fatto tanto la comparsa (tutt’altro) , ma per come si erano messe le cose nella prima parte dell’incontro sembrava difficile che i padroni di casa si potessero far cogliere in fallo. Invece Dettori e compagni, dopo aversi vista annullare, intorno al quarto d’ora, per carica al portiere una segnatura di Botondi su suggerimento di Calaresu, passano meritatamente in vantaggio alla mezz’ora con uno splendido tiro di Idili. Il Macomer rimasto quasi sempre sulla difensiva (nel taccuino soltanto una pericolosa conclusione su punizione di Cadeddu su passaggio di Lelli), nella ripresa ha mostrato gli artigli collezionando un gran numero di calci dalla bandierina e finendo inoltre con lo stordire il centrocampo biancoverde che per oltre un’ ora ha dettato legge. Spentosi di botto Pinna M. e lasciato alla sua mercé Botondi nel bel mezzo della difesa avversaria. Mariano Barria ha imposto la sua gara, gia, lanciando con i suoi invitanti palloni ora Lelli ed ora Usala, che creavano seri grattacapi alla retroguardia ittirese. Ed è stata proprio l’ala sinistra ospite a far rabbrividire il numeroso pubblico presente (la gara disputata ad Ittiri è stata l’unica ad un certo livello effettuata il giorno di Pasqua In Sardegna) alla mezz’ora, al termine da una veloce combinazione con Barria, che lo ha portato a tu per tu con Melis, autore di una splendida parata. L’Ittiri reagiva con dei validi contropiedi che hanno avuto come protagonisti Calaresu ed Idili. Al 90’, come già descritto, la beffa (per i padroni di casa). Questa l’azione del pareggio glallorosso: Sanna A. pasticcia dentro l’area di rigore e regala l’ennesimo corner agli ospiti. Dalla bandierina calcia Lelli per Usala, il quale eludendo l’intervento di Puggioni anticipa Melis e dipiatto infila l’angolino destro della porta ittirese.

Comunque il primo anno del programma triennale si concludeva con un bilancio nettamente positivo sotto ogni aspetto, tecnico, societario e finanziario. Con un torneo che ci aveva visti e riconosciuti protagonisti di rilievo.

Gli sportivi si erano di nuovo stretti attorno alla Società il cui direttivo procedeva compatto e solidale.

E con questo spirito ci apprestavamo a competere per il campionato 1975/76 che andava a cominciare ai primi di ottobre e che ci doveva annoverare ancora fra i protagonisti, secondo i nostri intendimenti.

Cap. 10°

– I Tornei della Comit Sassari (Banca Commerciale Italiana) e i rapporti con la Polisportiva Ittiri

Prima di affrontare il racconto del torneo 75/76 relativo al mio secondo mandato, occorre fare un passo indietro, per andare ad incrociare l’attività sportiva, in ambito calcistico, che negli anni 1973/74 e 74/75, aveva sostenuto e portato avanti la Banca Commerciale Italiana, Filiale di Sassari.

In Comit a partire dal 1972, grazie alla predisposizione di alcuni Direttori, quali Giacomo Manni e soprattutto Pino Zaio e con la fortunata coincidenza di colleghi dal valido trascorso calcistico, come il triestino Fulvio Fabrici dai piedi buoni, avevamo organizzato una squadra che iniziava a partecipare ai tornei provinciali interbancari. In quelle occasioni ci si scontrava con Banco Napoli, dove militava anche l’amico Andrea Deriu, Bancoper e soprattutto il forte Banco di Sardegna che, via via assumendo, aveva fra le sue fila fior di ex calciatori, anche di livello superiore.

Sull’esempio, in Comit, pur rispettando, le caratteristiche professionali richieste dalla organizzazione aziendale, iniziammo ad assumere qualche buon elemento anche nel senso calcistico. Il mio intervento in questo campo non fu di poco conto. Ma non ho mai avuto occasione di rammaricarmi dei suggerimenti proposti, perché i vari “colleghi-calciatori” assunti tempo per tempo nelle Filiali di Sassari e Olbia (dove nell’aprile del 76 fui trasferito, come responsabile) si sono rivelati tutti anche validissimi dipendenti, assolvendo degnamente il loro compito: Antonio Usai, Sandro Tedde, Salvatore Orani, Bruno Corso, Vanni Masala, Enzo Opera, Gianni Vigiano, Nicolino Spano, Cicci Mura, Franco Cadeddu….

Nel 73, la squadra Comit di Sassari era così forte, integrata da alcune presenze esterne, che si decise di disputare il torneo FIGC di 3° categoria, chiedendo ospitalità al campo dell’Usinese.

Io, come avevo previsto, avevo ripreso a giocare, inserendomi dignitosamente ad un livello agonistico e tecnico adeguato alle mie possibilità.

Concludemmo imbattuti vincendo il torneo ed acquisendo il diritto a disputare per la stagione 74/75 la 2° categoria. Torneo più impegnativo che la Comit condusse onorevolmente, con una formazione integrata da giocatori esterni quali, Bruno Fadda e Gianfranco Porcu, due grandi ex della nostra Cannedu, ancora buoni, ancorché avviati sul sentiero delle “scarpette al chiodo”, stavolta avendo per campo amico il nostro “su Padru”.

Queste le foto della Comit di 3° e di 2° categoria, ove è possibile vedere alcuni ottimi elementi che poi verranno a giocare nell’Ittiri, a condizioni per noi vantaggiose, e viceversa.

Ecco il significato della collaborazione con la Comit e come il destino della nostra Polisportiva si intreccia, nell’interscambio verificatosi, con quello breve della Comit calcio.

Breve perchè poi la Banca non andò oltre la stagione 74/75, lasciando liberi i suoi calciatori che quasi tutti approdarono a noi per il torneo 75/76. Antonio Usai (noto Montuori) grande mediano e superbo libero, temperamento e classe, con esperienze in serie superiori Sorso, Tharros e Alghero, Sandro Tedde esperto e sicuro portiere che aveva militato nella Torres, Tore Orani, di origine ittirese guizzante portiere già della Wilier, il bomber Cicci Mura (Bistecca) e da Olbia Nicolino Spano (Trompeddu), mediano di impostazione già esperto di serie C con l’Olbia.

Riuscire a portare da noi validi elementi, che si ponessero da modello, per i nostri ragazzi, a condizioni per noi tollerabili e senza seguire un mercato che andava sempre di più inquinandosi di cifre spropositate per acquisto cartellini e per ingaggi, era per noi un imperativo di cassa e di etica.

E sul rispetto di questi principi così rispondiamo alla notizia apparsa sulla Nuova del 9 luglio 75 a proposito del passaggio, al costo di 5 milioni, dal Sennori a noi del giocatore Antonello Marcellino.

Da noi contavano di più le relazioni amichevoli e leali e la nostra attività di coinvolgimento e persuasione che non i milioni, di cui comunque non disponevamo.

Cap. 11°

– Campionato di 1° cat. 1975-76

Prima dell’inizio del campionato 76/76 la Polisportiva si riorganizza dando corso al programma di integrazione con la Sprint a favore di altre discipline sportive. Programma reso possibile da un clima cordiale e di reciproca collaborazione con i responsabili della Sprint, in particolare con don Spina e Salvatore Masia (nipote di quell’Antonio mio omonimo, ricordato come giocatore nel primo calcio ittirese nel 1933), ottimo organizzatore ed animatore nell’ambito giovanile .

Come è evidente dagli articoli della Nuova del giugno 1975, dove si dà conto della poliattività della società biancoverde anche nel settore giovanile del calcio, del basket e della pallavolo:

Basket

Dinamo e Mens Sana

Al Torneo di Ittiri

Ittiri, 26 giugno. La Polisportiva Ittiri ed il Gruppo Sprint per festeggiare la loro recente fusione e per propagandare tra i giovani locali la pallacanestro, hanno organizzato per sabato e domenica un quadrangolare titolato: “1° trofeo basket Comune di Ittiri”.

Partecipano le squadre della Dinamo (neo promossa in serie C) con due formazioni, la Mens Sana e la Diamante che si contenderanno le coppe in palio per le prime due posizioni offerte dalla società organizzatrice. L’interesse per la pallacanestro rientra negli ambiziosi programmi stilati dalla locale Polisportiva a favore di altri sport da sempre assenti a Ittiri per mancanza di attrezzature, di mezzi ed anche di volontà. Ora, realizzatasi ad Ittiri un’unica società sportiva cui fanno capo centinaia di giovani, si è fermamente decisi a reperire mezzi sufficienti per iniziare altre attività sportive oltre il calcio.

La Polisportiva organizzerà infatti, regolari campionati di pallavolo, di tennis ed è intenzionata inoltre ad aprire una scuola di mini-basket. Il quadrangolare di pallacanestro avrà luogo presso il nuovissimo campo in tartan delle scuole elementari, gentilmente concesso dal sindaco, e l’ingresso sarà gratuito appunto per favorire l’afflusso di quanti vi vogliono assistere per dare il dovuto incoraggiamento morale agli sforzi che la Polisportiva sta compiendo per soddisfare alle molteplici esigenze sportive dei giovani. (V.C.)

L’iniziativa di fusione con la Sprint ha rappresentato all’epoca il momento più elevato di integrazione e armonia sportiva nel paese dando in qualche modo spunto e stimoli al futuro sorgere di tante associazioni che ancora oggi operano validamente a Ittiri nel settore.

Avevamo predisposto tutto per bene. Rinforzando la squadra con l’ingresso dalla Comit di Sassari, di Antonio Usai e Sandro Tedde, con gli innesti importanti di un ottimo terzino di classe qual’era Nicolino Manconi, di un piccolo di statura ma generoso centrocampista come Antonello Marcellino proveniente dal Sennori, del guizzante e imprevedibile “nano” Occhioni dall’Ossese, del mai domo difensore Antonello (Bobbo) Podda dall’Usinese, dell’attacante di Uri, da tempo nelle nostre mire, il bravo Franco Achenza dal Porto Torres.

Confermati della stagione precedente: Carmelo Calaresu, Peppineddu Cossu, Gavinuccio Pinna, Costanzo Dettori, il portiere Melis, Idili ed il forte mediano di interdizione, uno dei migliori frutti del nostro vivaio, Totoi Ortu, temperamento focoso, rientrato da un prestito all’Usinese, dove si trasferiva in prestito, non senza qualche polemica, uno dei beniamini del pubblico ittirese Lello Pagliaro.

Dalla lettera che segue vediamo come uno dei nostri più appassionati tifosi, Pietro Tavera, rappresenta al giornalista Costanzo Spineo, la vicenda della polemica su Lello, ponendo comunque in evidenza l’eccezionale andamento della formazione Juniores

Va in prestito all’Usinese anche Angelino Sanna e viene inserito in rosa un promettente attaccante del vivaio Totoi Manca.

Sull’onda dell’entusiasmo che ci derivava dal torneo appena concluso, definita la campagna acquisti secondo anche le indicazione di Nanni Moretti, confermato allenatore, realizzammo delle grandi (almeno per noi e per le nostre possibilità) “opere” di ampliamento alle nostre strutture sportive.

Con nostri mezzi e grazie alla preziosa collaborazione di tanti amici e conoscenti avevamo appena edificato, da noi, in poco tempo, alcune accoglienti gradinate laterali che andarono ad abbellire e rendere più confortevole l’accoglienza del pubblico nel nostro vecchio e glorioso “su Padru”. Fino ad allora l’unica posizione elevata rispetto al terreno di gioco era quello spuntone granitico chiamato “sa rocchitta”. E com’era facile intuire la novità delle gradinate fu per tutti motivo di gioia ed concorde fu il riconoscimento per l’opera realizzata, sotto la direzione diretta e gratuita di ottimi maestri d’opera del paese.

Occorre ricordare che nonostante le gradinate alcuni nostalgici continuarono ad appostarsi in “sa rochitta”.

Realizzammo nello stesso anno verso novembre, d’intesa con il Comune, ma sempre a nostre spese, un campetto di pallacanestro e pallavolo per una scuola gratuita di minibasket a favore dei giovanissimi, dando seguito agli accordi di fusione , come già visto, con la Sprint.

Dall’articolo che segue datato 28 novembre 75, sulla Nuova Sardegna, si evince, oltre alla realizzazione del sudetto campo di pallacanestro e pallavolo in uno con il rafforzamento delle strutture degli spogliatoi, che l’andamento della 1° squadra è sino a quel punto positivo e procede al vertice della classifica, l’attività giovanile, dopo la fusione con la Sprint, è al massimo. La Juniores condotta da Casu ha appena vinto il Trofeo Sardegna della FIGC, è stato da poco ultimato.

D’intesa con il Comune, ma ribadisco a nostre spese!

L’Amministrazione Comunale da alcuni anni non più guidata dal sindaco nostro amico e sostenitore Ambrogio Mura, fu nelle varie circostanze piuttosto assente. Tale atteggiamento è stato motivo di scontro e di polemiche specie in occasione del torneo estivo Città di Ittiri che anche quell’estate organizzammo.

Ricordo, con rammarico, che il contrasto con l’allora sindaco “rosso” Baingio Oggianu (lo stesso già citato come giocatore e dirigente della Rinascita e come dispensatore di consigli in sede di fondazione) rasentò addirittura i limiti della “zuffa” pubblica al campo con l’esibizione da parte sua di tanto di fascia tricolore in segno di autorità ( o meglio di abuso di autorità dal mio punto di vista).

Voleva imporci, ispirato dagli affezionati del bar Velasquez, nostri acerrimi contestari in quella circostanza, alcune procedure di utilizzo del campo e degli spogliatoi per il torneo estivo non compatibili con la nostra attività. Alcuni titolari dei bar del paese avrebbero voluto, senza il nostro consenso, vendere, in occasione delle partite, bibite anche alcoliche e la birra in contenitori di vetro o di latta (noi eravamo i responsabili della sicurezza per la questura), e per giunta senza riconoscerci quel piccolo contributo che altri ci assicuravano generosamente durante le partite di campionato.

Comunque placate le polemiche estive si cominciò il campionato e tutte le attività programmate.

La prima squadra messa in campo era molto forte , a detta di tutti, e come anche la stampa confermava, potevamo puntare alla vittoria finale. F.47

Il torneo lo iniziammo alla grande, già in testa alla classifica sin dalle prime giornate.

Fino alla 10° giornata assieme a Sorso e Tempio.

Ma alla fine il campionato 75/76 si concluderà con un risultato complessivamente inferiore alle aspettative e con non poche polemiche. Con una 6° posizione finale non potevamo dichiararci completamente soddisfatti, visti anche gli sforzi organizzativi posti in campo.

Il nostro percorso non era stato lineare e agevole erano purtroppo rimaste sotto traccia e mai completamente dissipate le contestazioni iniziali, quelle residuate dal torneo estivo, e quelle legate alla non riconferma di Lello Pagliaro, particolarmente sostenuto dal gruppo Velasquez, che tra l’altro non avrebbe voluto la tenuta di Nanni Moretti come allenatore. Polemiche che infatti riemergeranno immediatamente non appena la squadra inizierà a perdere colpi.

Moretti l’anno prima era stato richiesto e acclamato a gran voce. Ora partiva circondato da un certo scetticismo. Comunque il gruppo dirigente rimaneva compatto e, malgrado le polemiche, ci si continuava a battere per traguardi di prim’ordine.

Le ciambelle però non sempre riescono col buco! Ed i risultati dopo una prima illusione iniziale via via andarono declinando, fino a posizioni di classifica onorevoli ma inadeguate alle aspettative.

Il gruppo Velasquez, accresciuto di numero, aveva iniziato a chiedere insistentemente la sostituzione di Nanni Moretti, e additandomi, all’opinione degli sportivi da “duce” mi rimproverava duramente e senza mezzi termini l’ostinazione nel difendere l’allenatore.

Rimanevo fermamente contrario a fare del tecnico il capro espiatorio del non positivo, secondo le attese dei tifosi, andamento del torneo. Quello impostato dalla Società in sede di “rifondazione” nel 74, era un progetto triennale al termine del quale era indicato come traguardo finale il salto di categoria. Ed al momento dell’attacco da parte del gruppo Velasquez si era appena alla metà del secondo anno. Ero pertanto convinto, unitamente al Direttivo, che quello di sostituire l’allenatore era un malvezzo ed una cattiva abitudine, come attaccare pregiudizialmente gli arbitri.

Alcuni spunti conflittuali si ritrovano sulla Nuova Sardegna, in particolare quello del 20-2-76, e all’interno di un'altra lettera dei tifosi a Costanzo Spineo sul caso Melis (altro tema di contrasto che a lungo ci condizionò).

a testimoniare il clima polemico di quel periodo, che certo non tonificava lo spogliatoio.

Tutte le nostre vicende e quelle dell’attività dilettantisca sarda sono nel frattempo seguite attraverso la simpatica novità rappresentata dall’iniziativa del capo redattore sportivo della Nuova Sardegna, Costanzo Spineo.

L ‘idea di votare attraverso il giornale una Nazionale sarda dà spunto ed alimento positivo agli umori dei tifosi, che interloquiscono con Spineo con interventi e domande, ponendo così problemi e situazioni che altrimenti non sarebbero emerse. Ad esempio la polemica al nostro interno fra Tedde e Melis, il giovane nostro portiere che dovette cedere, non senza lamentarsene vivacemente, al più esperto. Per poi andare a farsi le ossa altrove. Ma anche per questo fu alta tensione, come documenta questo altro articolo.

Il clima non favorevole purtroppo contagiò anche il Direttivo, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti discussioni, a volte al limite della rottura. E purtroppo pagammo al nostro interno qualche prezzo alle polemiche. Ci fu l’uscita, da me richiesta, di Vittorio Caria dal ruolo di Segretario. Peraltro validamente sostituito da Andrea Deriu. Vittorio comunque continuò con immutato impegno a seguire il settore giovanile.

Naturalmente reagii con molta determinazione alle polemiche che sentivo ingiustificate e ingenerose nei miei confronti e del Direttivo: (in F.0) articolo trascritto del 24.2.76

Ittiri, 24 febbraio - In merito alla lettera apparsa sul nostro giornale venerdì 20 febbraio col titolo “contestato il presidente dell’Ittiri”, il presidente dell’Ittiri Antonio Masia ci ha fatto pervenire la lettera che riportiamo di seguito:

Premesso che le critiche rivolte a me e ai miei validi collaboratori e la presente replica riguardano argomenti di importanza così modesta e passeggera da non meritare, al limite, apprezzabile spazio sul giornale, chiedo comunque ospitalità per precisare, una volta per tutte, l’opinione del sottoscritto in merito ai cosiddetti “appassionati tifosi” che da qualche tempo cercano di creare in seno all’ambiente sportivo ittirese un’atmosfera di tensione stupida quanto inutile.

La prima cosa che è fin troppo evidente da stabilire e che non si tratta di sportivi sul vero senso del termine, ma di tifosi immaturi e con i paraocchi che pretendono dalla squadra (solo da quella che milita in prima categoria, perché della giovanile si disinteressano, nonostante i risultati di cui parleremo più avanti) solo continue e schiaccianti vittorie. Solo in queste circostanze sono disposti a stare zitti, pronti però a farsi sentire appena le cose non vanno per il giusto verso.

Questa gente non ha niente a che vedere con lo sport, è gente che parla e basta, che si nutre di chiacchiere, che mortifica i sacrifici morali, finanziari e familiari di chi ha preso in mano le redini di una società fallimentare. E’ gente che ha la memoria corta, che dimentica il nostro programma triennale, che vede solo il risultato della partita e che in funzione di quel fatto contingente pretende di sputare sentenze tecniche e morali sul lavoro che per mesi e mesi altri portano avanti con enormi sforzi; altri che con il loro quotidiano impegno, le loro “umilianti questue”, il loro lavoro personale hanno ricostruito una vera società, hanno ristrutturato le attrezzature sportive, hanno saputo senza contrarre debiti, rinnovare il prestigio di una Polisportiva che oggi gode dappertutto di stima e considerazione.

Questa è gente miope o daltonica , vede solo biancoverde e vuole la “distruzione” dell’avversario. Bene, se questi fossero la maggioranza significherebbe che noi abbiamo sbagliato residenza e che è meglio smettere. Ma invece questi “uccelli del malaugurio” sono pochi presuntuosi, convinti, a torto, di rappresentare una maggioranza. Si sbagliano! La maggioranza è rappresentata da circa 400 soci che collaborano con noi e forse hanno il solo torto di starsene in silenzio allorché alcune “cornacchie” si permettono di gridare “pellegrini” ai loro giocatori quando non “annientano” l’avversario.

Contestano il C.D. che non sostituisce l’allenatore, responsabile unico, secondo loro, degli infortuni, delle squalifiche, dei gol mancati, della eventuale superiorità dell’avversario, dell’impossibilità di schierare due volte consecutive la stessa formazione. Chiedono un mago! Credono ai maghi! Non esistono. Esiste la gente seria, onesta, leale, professionalmente preparata come Nanni Moretti. L’accusa a noi di sostenerlo è in definitiva un riconoscimento di merito, se è ancora un merito difendere gli onesti ed i capaci. Si rassegnino.

Si rimprovera ancora di aver fatto fuori i giocatori di Ittiri. E’ falso! Quei pochi (2 o 3) che non sono con noi è perché non sono veri atleti.

E poi il vostro modesto parere circa il settore giovanile è veramente modesto ed irriguardoso e per giunta smentito dai fatti (ma forse la vostra contestazione in merito è stata verbalizzata e precostituita da tempo): i giovani hanno vinto tutto, sia il trofeo Sardegna sia la qualificazione per le finali provinciali del campionato Juniores. Siete delusi che abbiamo smentito le vostre previsioni? Ma voi non li conoscete, perché quei ragazzi, che il nostro lavoro sta ponendo in evidenza, voi non li vedete mai nè in trasferta né in casa (giocano alle ore 10), per loro non ci dareste neanche 100 lire.

E’ il colmo quando ci accusate di sperperare quattrini invitandoci a far giocare i giovani che voi non seguite! Ma quale sperpero? Vi riferite forse ai bilanci attivi, ai soldi spesi per migliorare il decrepito e fatiscente campo comunale che abbiamo radicalmente trasformato?

Lasciamo perdere, infine, e concludiamo con una sfida ed un invito. La sfida la lasciamo agli intenditori, ai maghi della panchina e dei marcamenti del dopo partita. Si facciano avanti, escano dall’ombra per assumere finalmente delle responsabilità , le nostre responsabilità perché noi siamo pronti ad andare via lasciando a costoro una società ricca di elementi, di rinnovato prestigio, di attrezzatura e senza una lira di debiti. Vengano avanti se pensano di porre definitivo rimedio ai nostri malesseri (ma quali malesseri? Il mancato primo posto in classifica?). Se accettano debbono solo sottoporsi a piccoli sacrifici finanziari.

L’invito lo rivolgiamo invece sentitamente ai numerosi sportivi ai quali chiediamo collaborazione e di tenere distanza nette ed inequivocabili dai falsi tifosi.

Una considerazione finale: certe osservazioni contenute nella presente non sono poi argomenti così passeggeri o strettamente locali ma forse riguardano in senso più generale un diffuso malcostume sportivo che è sempre bene non incoraggiare (Antonio Masia)

La replica dei tifosi contestatori, impostata in termini ironici e da presa in giro, non tarda a farsi sentire, in data 26 febbraio ecco la risposta trascritta:

ITTIRI

Giovedì 26 febbraio 1976

MAL SI CONCILIANO VITTORIE E PIANI TRIENNALI

Il presidente della squadra non sopporta le giuste critiche dei tifosi

Il presidente dell’Ittiri, con la sua prolissa lettera pubblicata ieri dalla Nuova Sardegna, ha inteso indire una crociata contro quegli sprovveduti che, poiché non capiscono niente di calcio e politica economica sportiva, pretendono (poveri ciechi) che la loro squadra – che vanta fior di giocatori, provenienti anche da squadre di serie superiore – vinca un pò più spesso.

Ma come, c’e ancora gente che nel 1976 pensa queste cose? Non sanno questi tifosi che chi contesta un presidente o un allenatore è un troglodita, uccello del malaugurio? Non sanno i tifosi di Ittiri che ormai in tutto il mondo i loro colleghi si accontentano di sapere che il presidente della loro squadra ha impostato un programma triennale con tanti sacrifici morali, finanziari e familiari?

A Ittiri si è impostata una nuova politica, il calcio è inteso in maniera finalmente moderna! Il presidente non crede ai maghi, e fa bene. Si limita alla fiducia di un allenatore che, a differenza di suoi colleghi non piange per gli infortuni, squalifiche, impossibilità di schierare due volte di seguito la stessa formazione.

Ma in fondo, cosa importa se questi tifosi decidono un giorno di abbandonare la squadra.

Non è detto che essa abbia bisogno del pubblico: un presidente lungimirante che viaggia con programmi triennali in tasca, un allenatore serio, leale e professionalmente preparato (se i risultati dimostrano il contrario poco importa) ed una corte di circa 400 soci che se ne vanno in silenzio ad adorare il suddetto presidente.

La squadra non vince? Andiamo, vogliamo paragonare una vittoria ad un programma triennale? I tifosi di tutto il mondo sono quindi avvertiti, il presidente dell’Ittiri raccoglierà consensi sulla sua crociata, i campionati si vinceranno non battendo gli avversari sul campo, ma predisponendo programmi triennali. Se poi il classico, gli spalti gremiti di Sandro Ciotti, si trasformerà in “spettatori circa 3” ciò significherà solamente che quelli che alla domenica pagano il biglietto si sono stufati della logorrea a base triennale dei presidenti - (S.V.)

Ma ormai i contestatori, avevano trovato ottima accoglienza nel viceredattore capo della Nuova Fiorentino Pironti, che a quel punto prende in mano la regia della polemica, scende apertamente in campo, realizza un servizio chiaramente non favorevole. A Pironti che conoscevo bene decisi di non replicare, malgrado questo articolo del 2 marzo che trascrivo:

Parlare di calcio oggi a Ittiri equivale a nominare la classica corda in casa dell’impiccato.

Domenica la squadra locale era impegnata sul campo di Usini, in quello che per i tifosi dei due centri vicini è il superderby della stagione, la partita da vincere a tutti i costi: l’Ittiri è uscito dallo scontro con le ossa rotte sul piano del punteggio, anche se nel gioco ha retto in parte il confronto con i “cugini”. Il risultato di 3 a 0 a favore dell’Usinese si potrebbe discutere – un gol pare non sia stato molto limpido, all’Ittiri ne è stato annullato uno forse valido – ma i tifosi ittiresi oggi hanno poca voglia di parlare di calcio ed in particolare della loro squadra. Solo la folta colonia di juventini riesce a sorridere, per il resto si vedono solo musi lunghi.

Non è comunque solo per il derby perduto che ad Ittiri serpeggia il malumore. La contestazione contro il Presidente Masia e l’allenatore Moretti ha ormai raggiunto toni elevati, si è fatta generale o quasi.

ANTONIO SECHI, 39 anni, assicuratore, afferma senza timore di essere uno dei firmatari della lettera pubblicata nei giorni scorsi dal nostro giornale; “uno di quelli – tiene a precisare – che più di una volta dalle tribune contesta vivacemente. Il presidente Masia accusa quelli che gridano “pellegrini” di demoralizzare i giocatori; non è esatto. Masia non ha capito che i “pellegrini” è rivolto non ai giocatori ma ai dirigenti che col loro comportamento hanno irritato la massa dei tifosi”

-Dov’è secondo lei che i dirigenti hanno sbagliato?

“La loro colpa maggiore consiste nel fatto che non hanno il coraggio di dire a Masia ciò che pensano. Il presidente dell’Ittiri è un uomo dalla personalità spiccatissima non per niente in paese lo chiamano “Duce” e difende i suoi errori con accanimento.

Quest’anno ha sbagliato allenatore, ha assunto un tecnico a cui manca proprio la personalità il cosiddetto “polso” nei confronti dei giocatori, specie dei più anziani. In più Moretti non è riuscito a dare alla squadra (zeppa di nomi che non si possono certo discutere) uno schema di gioco valido e così si spiegano i risultati negativi. Schierato a favore di Moretti è rimasto Masia e qualche fedelissimo; gli altri però, come dicevo, non hanno il coraggio di imporsi, recitano la parte dei “servi sciocchi” e così Moretti resta saldo al suo posto”.

PIETRO SALARIS, 48 anni, operaio, ex calciatore dell’Ittiri, aggiunge qualcosa alle dure parole di Antonio Sechi.

“Ci era stata promessa una squadra che potesse puntare alla promozione e devo dire che Masia è stato di parola. Dove ha sbagliato è invece nella scelta dell’allenatore che, rispettando “la politica dei giovani”, ha fatto ingaggiare i vari Tedde, Usai, Marcellino e così via. Il risultato di questa “sana” politica e che i migliori prodotti del vivaio locale, il portiere Melis, Puggioni, Deruda, Pagliaro, sono dovuti emigrare in quanto per loro non c’era più posto. Il caso di Melis è paradossale: lo scorso anno era considerato uno dei migliori (se non il migliore) portiere del campionato, mentre quest’anno Moretti lo ha relegato in panchina fin dalla prima partita tanto che il ragazzo, stanco di certe umiliazioni, ha preferito abbandonare il calcio”.

“Masia - conclude Pietro Salaris – parla di piani triennali, di vivaio etc. Se tutte queste belle parole si tramutano poi nell’accantonamento dei nostri giovani…”.

Concordiamo col signor Salaris che il caso di Melis è quantomeno strano. Una presa di posizione così drastica qual è l’abbandono dell’attività ad appena 23 anni, è veramente un fatto insolito.

“Il presidente Masia – spiega Melis – mi aveva fatto prima dell’inizio del campionato un discorso che avevo recepito senza difficoltà. “Verrà Tedde – mi aveva detto – e da lui potrai imparare tutti i trucchi del mestiere. Il titolare sarai comunque tu”. Avere vicino un portiere dell’esperienza e della classe di Tedde mi entusiasmò, lo stesso anziano collega mi assicurò affermando che sarebbe stato per me più un consigliere prezioso che un concorrente. Già alla prima partita di campionato, però, Moretti mi assegnò la maglia di dodicesimo, e alle mie proteste, Masia mi diede del bugiardo: non era affatto vero che mi era stato assicurato il posto di titolare! A quel punto ho preferito lasciare. Gioco per passione (mentre i miei colleghi percepiscono degli ottimi stipendi) e non voglio essere umiliato da un allenatore del quale non ho nessuna stima”.

“Masia conclude Melis – ha accusato me ed i miei compagni di non essere dei veri atleti. Voglio solo ricordargli che tutti noi giocatori ittiresi abbiamo sempre dato l’anima per la squadra giocando gratis o quasi. Se ci siamo ribellati è perché non accettiamo che un allenatore faccia la formazione scegliendo i giocatori secondo il loro passato più o meno glorioso”

“E’ un anno sfortunato – afferma invece MICHELE CARIA, da dieci anni dirigente della società – Si vogliono addossare a Moretti colpe che non ha. Tra squalifiche ed infortuni gli è venuto a mancare un numero incredibile di giocatori. E’ chiaro che mancando i risultati, esploda la contestazione, comprensibile ma non giustificabile se tende a colpire uno o più persone. A cosa servirebbe oggi esonerare Moretti, ammesso che sia colpevole di qualcosa? Abbiamo rinnovato la squadra per sette undicesimi ed il lavoro di Moretti, che non può mai disporre di tutti i giocatori per un allenamento, si presentava improbo in partenza. I tifosi poi non gli hanno dato modo di lavorare in santa pace, e così oggi vediamo in campo undici solisti che però alternano grandi prestazioni a prove scadenti.

VELASQUEZ (non ci ha voluto rilevare il suo vero nome, “tanto mi conoscono tutti”), imputa a Masia il brutto campionato dell’Ittiri.

“Si è visto dopo qualche settimana che i giocatori non gradivano Moretti. Masia, che avrà sentito come noi certe lamentele, non ha invece voluto ascoltare il parere di nessuno e così Moretti è rimasto e la squadra ha cominciato a deludere. Bisogna che Masia smetta di fare il duce, che dia una gestione più democratica alla società. Ascolti anche i soci, che diamo il nostro contributo annuale ed il pubblico che numeroso (nella partita contro il Tempio erano presenti 1.200 spettatori – N.d.R.) accorre tutte le domeniche al campo. Andando avanti così Masia non farà altro che allontanare i tifosi dalla squadra”.

Dello stesso parere di Velasquez si è dichiarato PEPPE SANNA, 45 anni, pittore edile, mentre FRANCO MANNU, ex centravanti dell’Ittiri ceduto all’Uri, si è limitato ad un “per noi ittiresi non c’è posto nell’Ittiri”, abbastanza significativo.

Il malessere dell’Ittiri è tutto qui. Oggi in paese sorridono solo i tifosi della Juventus: ci auguriamo che d’ora in poi si gioisca anche per i colori locali e che sportivi, dirigenti, giocatori ed allenatore ritrovino armonia e… democrazia (Fiorentino Pironti)

Il seguito dell’avventura dell’Ittiri avrebbe dimostrato la validità del nostro progetto e correttezza delle nostre decisioni.

Il torneo si concluse con Nanni Moretti in panchina, come fortemente voluto dalla stragrande maggioranza del Direttivo che alla fine si ritrovò praticamente di nuovo compatto , grazie anche al gran lavoro dietro le quinte del solito Mimmiu Fiori, il vicepresidente moderatore e lungimirante.

La vicenda del fortissimo e aspro contrasto che mi vedeva bersaglio principale mi causò molta amarezza che andava ad aggiungersi al profondo e indescrivibile dolore del Natale appena passato quando per sempre si era spento il sorriso di un bambino. Ricordo però con commozione che tutti, giocatori, dirigenti e sportivi, mi furono affettuosamente vicini in quel tragico Natale del 1975.

E qualche tempo dopo ci fu la tensione per il mio primo trasferimento professionale: da aprile mi spostavo con la famiglia armi e bagagli da Sassari, dalla mia casa, ad Olbia, per dirigire quella Filiale della Comit.

Da allora tutte le settimane avanti indietro Ittiri - Olbia, per seguire direttivi, incontri, scontri e partite.

Un tempo particolarmente doloroso travagliato e complicato!

Ma cercavo comunque di trarre dai problemi un insegnamento: non cedere mai alle mutevoli pressioni della piazza e non scaricare su una delle componenti societarie tutte le responsabilità di una stagione che non gira come si vorrebbe, anche per motivazioni che a volte sono al di fuori della nostra portata.

In quell’amaro finale 75 e primi del 76 ebbi anche maggiore consapevolezza che la forza di un gruppo, se libero da vincoli e condizionamenti politici e partitici di qualsiasi colore, è in grado di darti la spinta morale a proseguire con dignità e trasparenza.

E in un paese dominato da un antagonismo politico eccessivo , o rossi o bianchi, che a suo tempo fu la causa prima della fine del calcio e della pratica sportiva, mi resi conto che la Società disponeva, così come l’avevamo concepita e voluta, di una risorsa viva e determinante , al di sopra delle parti.

Disponeva della forza del gruppo.

Eravamo un insieme, sì eterogeneo per estrazione culturale, sociale e politica, ma omogeneo e unito nel nome e nell’ideale dello sport e del servizio allo sport.

Più forte di qualsiasi spinta lacerante era la saggezza di Mimmiu Fiori, sempre attento a moderare e comporre le vertenze e le irruenze comprese le mie, la essenziale praticità di Totoi Canu, l’esuberante passione di Antonio Pischedda, la disponibilità generosa di Giommaria Orani e di Antonio Sanna (Scianga), l’allegra volontà di Totoi Fiori e del suo compare Giuanne Dore, nuovo prezioso ingresso, sempre pronti a qualsiasi esigenza, e la verve arguta di “Silibani”. Cementavano la “famiglia” i due fratelli Caria che non fecero certamente mancare il valore della loro passione e lunga esperienza al servizio della Polisportiva, l’attaccamento continuo e fedele ai colori di Totoi Cossu e di Michele Sogos, la genuina irruenza accompagnata da disponibilità di Cicciu Scanu (Shell), da sempre nel Direttivo, come pure la precisione e l’indispensabilità nel ruolo di Simoncino Tavera (di Galilea), la gentile bonarietà di Totoi Manca, l’apporto fresco genuino e allegro del nuovo segretario Andrea Deriu e di un nuovo collaboratore preciso e rispettoso come il maresciallo di finanza Giovanni Scanu, appena rientrato da Roma.

Da tutti questi amici nasceva la forza, la grinta, la personalità della Polisportiva, che, come prima e più di prima, sentiva quel calcio nel cuore che ci consentiva sempre di superare i momenti più difficili.

E di problemi non ne mancheranno ancora nel prossimo futuro!

Ma ora archiviamo il torneo 75/76 ed apriamoci a quello che avanza, assaporando la grande soddisfazione che ci derivava da un risultato importante nel finale della travagliata stagione; risultato che ci ripagava di tante sofferenze. Gli Juniores, i nostri ragazzi, a Ittiri il 25 giugno, guidati da Antonio Casu (Casgitu) e Pisanello, si aggiudicavano contro il Lauras per 3-1, il diritto alla semifinale regionale della categoria.

A dimostrazione del gran lavoro nel settore giovanile, dopo la fusione con la Sprint.

Questa la formazione che mi fa piacere e orgoglio rilevare e l’articolo, trascritto, sull’ avvenimento del 25 maggio 1976.

. Il Lauras superato (3-1) a Ittiri

Ittiri: Lubrani, Migheli, Dore; Porcu, Esposito, Serra; Simula, Fais, Carta, Manus, Moroni.

Lauras: Cabras, Masu, Manzoni; Azzena, Manconi, Cubeddu; Orecchioni, Depperu, Accogli, Bellu, Addis.

Reti: al 2’ Carta, al 15’ Depperu, al 65’ Manus (rigore), al 78’ Carta

Ittiri, 25 – Nella gara di andata delle finali regionali juniores contro il Lauras la giovane squadra dell’Ittiri, con una prestazione maiuscola, ha avuto ragione della formazione di Balzano.

I biancoverdi di Antonio Casu imprimendo un ritmo forsennato durato per tutti gli 80’ di gioco, hanno travolto gli avversari che hanno costituito un osso particolarmente duro.

In queste finali vale il quoziente reti e se l’Ittiri saprà trarre vantaggio dal risultato odierno, 3-1, potrà con pieno merito superare il turno ed accedere alle semifinali regionali.

Tutti da elogiare i giocatori, che hanno riconciliato il pubblico locale con la società (Baingio Merella)

Cap. 12°

– Camp. 1976/77 – 1° cat.

Riprendersi dopo il tumultuoso torneo 75/76 era d’obbligo e l’obiettivo è quello di centrare uno dei primi quattro posti utili secondo il nuovo regolamento federale per il salto in Promozione (o per la promozione in Eccellenza, stando alle espressioni del tempo, come già accennato in precedenza e come poi chiariremo ulteriormente).

Il gruppo dirigenziale s’era di nuovo ricompattato nella sua interezza, recuperato anche il dissenso con Vittorio Caria, che riprende ancor più motivato ad interessarsi dei giovani, e superate le incomprensioni e le conflittualità con il gruppo Velasquez , in tutti era forte il desiderio e l’impegno a voler chiudere positivamente il programma triennale impostato nel 74, in sede di “rifondazione”, con il passaggio di categoria. Eravamo pronti anche a grossi sacrifici personali e finanziari da aggiungere agli incassi delle partite, ai contributi generosi dei soci e tifosi in genere ed agli incassi del “dancing Odeon”.

Sì, una delle nuove fonti di sostegno finanziario alle nostre poli-attività era rappresentata dagli introiti netti che ci pervenivano dalla gestione di una sala da ballo che avevamo impostato sin dagli inizi del 75, prima nella sala cinematografica Carassinu e poi in quella più elegante e adeguata del Cinema Odeon.

Questa attività, gioiosa e giovanile, aperta al pubblico (ovviamente di balli in forma privata se ne organizzavano tanti in occasione di feste) che grazie a noi riprendeva in paese, dopo diverso tempo, ci attirò di nuovo alcune filippiche pastorali sul terreno dei costumi. Ma tant’è, non facevamo niente di male e avevamo trovato una discreta fonte di finanziamento per la Polisportiva.

Discreta sino a che, purtroppo, un gruppo di giovani, non ebbe l’idea, negativamente ripetitiva in paese, di organizzare un’ altra attività di dancing nella sala Carassinu, che noi avevamo lasciato. Da quel momento per fronteggiare la concorrenza in pista (da ballo) non ci restò che pagare a caro prezzo gli ingaggi di artisti di livello nazionale, Marcella Bella, i Daniel Santacruz Ensemble etc….

Dedotte le spese …. i risultati netti furono modestissimi.

Ma anche in quel caso la nostra azione dirompente ed innovatrice, aveva riaperto un costume sociale e di abitudini fra i giovani che pareva sopito. Una ventata di area fresca, di sano divertimento, di alternativa anche rispetto all’attività sportiva. Purchè praticato con moderazione!

Pressoché nulli i contributi pubblici e dell’amministrazione comunale, che bontà sua continuava a concederci l’utilizzo gratuito del campo.

Se non questo, cos’altro?

La Promozione Regionale chiamata a quel tempo anche Eccellenza (lo vedremo infatti con alcuni articoli sul prossimo capitolo relativo alla stagione in promozione 77/78 ) impostata su due gironi regionali nord e sud, era l’anticamera della quarta serie o serie D. Occorre tener presente che allora, non esisteva la categoria intermedia, che verrà istituita a partire dalla stagione 91/92 e che verrà denominata per l’appunto “Eccellenza”.

Quando si svolgevano gli avvenimenti qui raccontati, se vinto il proprio girone e lo spareggio necessario con la vincitrice dell’altro girone, dalla Promozione (o Eccellenza) si passava direttamente in D.

A questo punto del racconto, e visto che parliamo di serie D, un salto nel futuro. L’Ittiri con orgoglio annovera nel suo palmares un significativo e non brevissimo passaggio nella quarta serie.

Quell’onore fu conquistato in occasione del campionato 1985/86 quando l’Ittiri allenato da un grande del calcio come è stato Alì Fogli vinse il suo torneo di Promozione (o Eccelenza) , dove noi la porteremo a conclusione del prossimo capitolo. Quella vittoriosa stagione vide la Polisportiva, guidata con capacità e passione, come quella precedente dell’84/85, quelle del 79/80 e 80/81, da Gianfranco Mongiu. Gianfranco, arrivato ad Ittiri da Pattada, come innamorato della sua Carina che poi sposa, si inserisce così bene nell’ambiente che dopo aver militato degnamente da terzino grintoso ed efficace nella Wilier di Sassari, una volta appese le scarpette, entra nel Direttivo. Successivamente ne assume la presidenza ed infine ha l’onore e l’onere ovviamente di rappresentare l’Ittiri nel prestigioso panorama della serie D per tre stagioni: 86/87 (6° posto), 87/88 (8°posto), 88/89 (penultimi e si ritorna in Promozione). Gianfranco continuerà e continua ad operare e collaborare all’interno della Polisportiva: Ancora una proiezione in avanti.

Oggigiorno, 2010 mentre scriviamo, a differenza di allora, e a partire come detto dal torneo 91/92, chi vince la Promozione ed eventuali spareggi conseguenti va in Eccellenza, come felicemente è riuscito all’Ittiri nel 2007/08 e che ora milita pertanto nell’anticamera della serie D, con Gianfranco Mongiu Presidente. .

Riprendiamo il filo del racconto.

Fallito il centro nella stagione precedente 75/76 con quel deludente 6° posto in classifica, la Promozione agognata ed indicata a conclusione del triennio doveva essere conquistata. Ci sentivamo convinti e adeguati al rango superiore per capacità, mezzi ed esperienza ormai decennale.

Nati nel 66, nel 76, compiuti i nostri primi 10 anni di vita, festeggiammo inaugurando prima dell’estate l’impianto di illuminazione del nostro campo di calcio. “Su Padru” era così pronto ed adeguato per la disputa in notturna del Torneo Estivo dei Bar, che chiamammo “Trofeo Comune di Ittiri”. Aggiudicato alla fine di una competizione divertente e qualitativamente elevata al Ristorante Rinascita, che prevalse su Bar Modugno, Magnabosco, Batteta, Officina Diez, Mobili Pisanu, Bar Sport, Officina Scanu

Gli articoli trascritti che seguono del luglio e del 3 agosto 1976 danno conto e del torneo e dell’evento illuminazione del campo”.

IN NOTTURNA IL...

TROFEO “COMUNE DI ITTIRI”

Di partite in “notturna” si era soliti parlare in occasione delle gare precampionato della Torres ed era difficile pensare che altre società avrebbero potuto offrire allo sportivo che non è mai sazio di calcio, oltre alla suggestione dello spettacolo notturno, quella piacevole frescura estiva che d’estate va inseguita in ogni angolo. Ebbene proprio per questo si attendeva a Ittiri, con enorme curiosità, la realizzazione dell’impianto di illuminazione e con esso il “Torneo dei Bar” che ha sempre richiamato nel grosso centro, un folto stuolo di giocatori e di pubblico.

C’è da dire che l’iniziativa della Polisportiva Ittiri con in testa il Presidente Masia e i diretti collaboratori è piaciuta ed è seguita con notevole interesse.

Le squadre partecipanti al torneo sono ben 8 e si contendono un artistico trofeo messo in palio dal Comune oltre a notevoli premi proposti dalla stessa società organizzatrice e da Enti e privati, tra cui addirittura un televisore portatile della Magnabosco, squadra partecipante con alterna fortuna.

L’impegno agonistico dei giocatori è abbastanza intenso ove si consideri che divisi tra tutte le squadre vi sono i più bei nomi del calcio dilettantistico regionale e con esperienza di serie “D” (Alghero – Thiesi).

Alla terza giornata, Ristorante Rinascita e autofficina Canu, sono in testa alla classifica con punteggio pieno e crediamo di aver individuato in esse le squadre effettivamente più forti per la schiera di nomi che la compongono: Gavini, Contini, Piredda, Silanos, Cadeddu, Achenza da una parte (Canu) e Delprete, Circosta, Canessa, Pinna, Melis, dall’altra (Rinascita), ma siamo convinti che le altre contendenti non si arrenderanno tanto facilmente all’egemonia e venderanno cara la pelle: tanto è vero che il distacco è appena di un punto (IP/Pisanu) e di due (Sport/Piras).

AL RISTORANTE RINASCITA IL TROFEO “COMUNE DI ITTIRI”

Ittiri, 3 agosto

Ad una giornata dal termine il torneo ricreativo di calcio in notturna trofeo “Comune di Ittiri” ha il suo vincitore. Infatti il Ristorante Rinascita ha già ottenuto la certezza matematica della vittoria grazie ad un rendimento assolutamente superiore che lo ha visto dominare il lotto delle otto squadre partecipanti.

La formazione capolista è a punteggio pieno avendo realizzato sei vittorie su altrettanti incontri disputati ed ha espresso il miglior gioco collettivo ed individuale. Fra le sue fila militano elementi di grande valore come Canessa dell’Alghero, Demarcus del Macomer, e Del prete dell’Ossese che sono in corsa per agiudicarsi il ricco premio (un televisore) in palio per il miglior giocatore. E’ prevedibile infatti che la squadra di Puggioni si aggiudicherà oltre al trofeo “Comune di Ittiri” anche la coppa disciplina e quella per la formazione che ha segnato il maggior numero di reti.

Questi i risultati dell’ultima giornata: Bar Modugno-Magnabosco 1-3, Batteta-Officina Diez 4-0, Mobili Pisanu- Ristorante Rinascita 0-2, Bar Sport-Officina Canu 1-1. La classifica vede al comando il Ristorante Rinascita con 12 punti.

Illuminare il campo.

Sembra facile ai giorni d’oggi da dire e da fare. Proviamo ad immaginare di che impresa si trattava circa 34 anni fa, privi di mezzi e di strutture da destinare all’opera.

A quei tempi in Sardegna nell’ambito dei dilettanti non c’erano campi illuminati. Noi, non certo spaventati dallo sforzo eccezionale occorrente, realizzammo, fra lo stupore generale, un adeguato impianto, con i nostri soli mezzi. Con l’apporto diretto in termini di lavoro e di contributi dei dirigenti, e di tantissimi soci e sportivi.

Giornate di lavoro offerte allo scopo e tanto entusiasmo, così come l’anno prima per le gradinate. Insomma nel giro di 12 mesi avevamo dotato, senza aiuti da parte pubblica, senza sponsor, senza finanziatori, il terreno di gioco di strutture permanenti tali da renderlo accogliente, confortevole e usufruibile anche di notte, per amichevoli ed allenamenti. Del resto all’attività della prima squadra si aggiungeva il notevole impegno dei settori giovanili e delle altre discipline.

E fu luce!

Ne eravamo giustamente fieri e orgogliosi anche se ai giorni d’oggi il vecchio campo “su Padru” non esiste più. Al suo posto sin dal 1996 ci sono case, scuole, uffici, strade e…paese.

Fu sostituito, con un nuovo terreno un po’ più in là, verso la fine dell’abitato, in zona Missingiagu Un terreno forse un po’ troppo esposto ai venti, ma comunque dotato dei confort necessari, di impianto di illuminazione, e di grandi tribune coperte e perfettamente erboso, bello da vedersi.

Pro “sa Pista” e poi “su Padru” e “sa rocchitta”, per il terreno dei nostri primi sogni sportivi, dei primi calci al pallone, delle prime partite vere, e poi dei primi nostri campionati ufficiali, per quello spazio amato, oggetto costante delle nostre attenzioni giovanili e non, conserviamo affetto e tenero ricordo. Passare da quelle parti e immaginarlo e ricordarlo così come lo lasciammo è sempre un tuffo nell’emozione.

Ma la vita è questa!

Al vecchio sopravviene il nuovo. L’importante è non dimenticare mai e conservare i ricordi per sempre nella memoria singola e collettiva. Per tramandare….a quei bambini, figli e nipoti che di sicuro ne raccolgono con amore l’eredità.

Con la determinazione che occorreva passammo a rinforzare la squadra integrando l’organico con alcuni innesti prestigiosi. L’osservazione del torneo estivo notturno Città di Ittiri, appena concluso, ci aveva dato l’opportunità di seguire e contattare alcuni giocatori di nostro gradimento e interesse.

Chiamato alla guida della squadra un allenatore emergente e bravo, anche come calciatore, Piero Paoli, in sostituzione di Nanni Moretti, con il quale consensualmente e con amicizia immutata rescindemmo l’impegno morale a tenerlo per i tre anni del programma. Fu lui stesso a chiedere che forse era meglio cambiare, dopo tante esperienze ad Ittiri.

Da allora le strade dell’Ittiri e di Nanni non si incroceranno più. Ma occorre ricordare con riconoscenza e affetto il lavoro e la passione di un uomo a tutto tondo, un vero sportivo, piccolo per statura, ma di alto livello morale e professionale che ha lasciato a coloro che hanno avuto la ventura di conoscerlo un insegnamento indelebile. Un “gigante”, profondamente e tragicamente toccato, alcuni prima di lasciarci per sempre, dal dolore insopportabile per la fine orrenda della sua prima figlia, Monica, dottoressa all’Ospedale di Sassari, a mani di uno squilibrato assassino.

Vennero nella rosa, con il consenso di Paoli, un centrocampista di raffinata eleganza come Carmelo Silanos algherese bravissimo e moto-perpetuo sul campo, e un realizzatore di razza e costante come Rossano Sotgia, gia goleador nel Tempio, entrambi provenienti dal Thiesi.

Da Olbia (anzi dalla Comit di Olbia) ecco il fortissimo centrocampista esperto della serie C Nicolino Spano, spesso mio compagno di viaggio sulla tratta Olbia-Ittiri e viceversa. Dall’Alghero un mediano di stile come Contini autore di un bel torneo, ed infine a conclusione di un corteggiamento durato quasi due anni, dall’Ossese finalmente riuscivamo ad avere un attaccante che sulla fascia correva elegante e sicuro come una gazzella, con il dribbling a portata di mano,anzi di piede: Marcello Del Prete. Caro amico, anche lui scomparso ancora giovane medico- chirurgo,ortopedico di valore, nel dispiacere profondo di chi lo aveva conosciuto.

Riconfermati i portieri Tedde e Melis, i difensori Podda, Manconi, Dettori, Pinna, in mediana e centrocampo Peppineddu Cossu, Lello Pagliaro che rientra dal prestito Usinese dove si era ben distinto, ( ad Usini ritorna in prestito Totoi Ortu), e dagli Juniores, fortemente voluto da Paoli, il bravo Bingiu Porcu. In attacco confermati, Calaresu, e Totoi Manca.

Ci sentivamo forti e sicuri di centrare l’obiettivo Promozione. Le polemiche, i dissensi avevano lasciato il passo alla fiducia più diffusa, sincera e convinta.

La stampa e gli esperti ci affidano molto credito, è sufficiente leggere di seguito gli articoli, trascritti, della Nuova Sardegna:

Con Paoli, Sotgia e Silanos

L’ITTIRI punta alla promozione

Ittiri, 13 agosto

E’ arrivata alla stretta finale l’attività del direttivo della polisportiva “Ittiri”. Il 28 di agosto prenderà infatti il via l’attività della squadra, che quest’anno si presenta rinnovata in meglio sia nei vari reparti che nella guida tecnica, e quindi parte con prospettive di fare un Campionato da protagonista.

All’assunzione di Piero Paoli, stimatissimo ad Ittiri, hanno fatto seguito quelle di atleti validissimi come Silanos e Sotgia del Thiesi e Contini dell’Alghero. Vestirà inoltre la maglia biancoverde il promettentissimo portiere della Fulgor Muretta.

Ai nuovi acquisti si aggiungono i rientranti Pagliaro, Melis e Manca, nonchè Porcu, prelevato dalle minori.

Per chi arriva, c’è qualcuno che parte come Orani, Puggioni, Deruda, Manus ed altri che sapranno senz’altro farsi valere nelle varie squadre alle quali sono destinati.

Tirando le somme appare chiaro che il presidente Masia e tutto il direttivo abbiano l’intenzione di creare una squadra forte ed equilibrata destinata a primeggiare nel pur difficile campionato di 1. categoria.

Il girone C l’anno scorso è stato uno dei più appassionanti: una lotta sino alle ultime giornate, culminata con la vittoria finale del Sorso. Ora il Sorso non c’è più ed almeno tre squadre mirano a prenderne la eredità: il Berchidda, l’Ittiri e il Tempio. Parlare di loro come favorite può sembrare a prima vista eccessivo, ma queste sono le indicazioni che gli allenatori del girone hanno dato.

Cominciamo dal Tempio allenato da Fantoni. In seno alla società non si nascondono certo le velleità di vittoria finale sfuggita per un pelo lo scorso campionato, quando i galletti arrivarono secondi dietro il Sorso ad un punto di distacco. In più i biancoazurri quest’anno avranno Manzoni (proveniente dall’Olbia), Muscas (Oristanese) e Garippa, anch’egli dall’Oristanese. Una formazione, quindi che si è vieppiù rafforzata e che può contare tra le sue file gente come l’ex nuorese Pintore, Piconi (rientrato dopo una bizza “aventiniana”), Manzoni e Giordo 1°. Nella tifoseria locale si è a lungo protestato per l’esclusione del Tempio dal torneo di Promozione dove i galluresi speravano di essere ripescati al posto della retrocessa Oristanese. La lega ha deciso diversamente: spetterà ora al campo dimostrare come i galletti avessero ragione a reclamare quel posto.

Dopo il Tempio, l’Ittiri, guidata da Piero Paoli. Questa è la rosa della squadra: portieri: Tedde, Melis, Orani; difensori: Manconi, Pinna, Dettori, Usai, Podda, Esposito; centrocampisti: Silanos, Contini, Pagliaro, Marcellino Porcu e Cossu; attaccanti: Sotgia, Del Prete, Calaresu, Manca e Achenza. Come si vede un “cast” di primordine potenziato soprattutto in fase offensiva grazie all’arrrivo di Del Prete, un vero e proprio uomo-gol. L’Ittiri, come il Tempio, punta decisamente alla promozione: non dovesse riuscire sarebbe una vera delusione.

Tempio e Ittiri, dunque, su tutti, ma altre squadre, come il Berchidda, per esempio, non scherzano proprio. Ad allenare la squadra sarà Annino Casula, fortemente voluto dai tifosi e tornato “profeta in patria” dopo un lungo peregrinare. I bianconeri partono assai decisi anche se alla lunga potranno accusare l’assenza di Manchinu, Scanu e Brianda. Si spera molto a Berchidda nella definitiva affermazione del portiere Meloni, di Casula III e di Paolo Puggioni, il vero goleador della squadra.

Queste tre potrebbero, ad occhio e croce, essere le favorite del girone, ma non si possono dimenticare altre agguerrite formazioni come per esempio il Sennori che può contare tra le sue file gente come Calzaghe, Marcellino, Satta e Corda. Ed anche il Lauras che potrebbe in realtà essere la vera sorpresa del girone. L’allenatore Pirisino è gia riuscito a dare alla formazione una buona impronta di gioco, la difesa è assai forte con Manueddu. Cabras e Bagatti. Il centrocampo è abbastanza quadrato. Solo l’attacco per ora, dopo le prime amichevoli sembra balbettare un poco, nonostante la presenza dì Zaccagni e Depperu.

a parte queste formazioni, anche altre sembrano essere assai rinforzate, come il Castelsardo, il Fertilia, l’Oschierese, Wilier. Sarà un torneo ricco di sorprese.( Servizio d Paolo Figus)

A fine dicembre i risultati confortano le aspettative, siamo secondi nel nostro girone dietro il Sennori di Alì Fogli, come documenta l’articolo che segue, riepilogativo dell’andamento del torneo.

Il distacco con il Sennori non fu purtroppo colmato e rimase invariato in 3 punti. Ma il torneo ci vide comunque protagonisti di rilievo, sempre in lotta per il primo posto, al pari della squadra vincente, che alla fine chiuse con 48 punti contro i nostri 45.

Noi secondi ma finalmente con acquisito il diritto alla Promozione (o Eccellenza di allora).

Finalmente eravamo qualificati per la serie superiore a conclusione del terzo anno del programma concordato nell’estate del 74.

Dopo la prima scalata del 67/68 dalla 2° alla 1° categoria, ecco la seconda scalata dalla 1° categoria alla Promozione Regionale che avremmo affrontato la stagione successiva 1977/78.

Non male dopo i primi 10 anni di attività.

Il programma triennale nel suo obiettivo più appariscente e desiderato dai tifosi era stato raggiunto. Questa la migliore e concreta risposta ai tifosi che all’inizio del secondo anno ci contestarono duramente, supportati da certa stampa forestiera non certo imparziale.

Raggiungemmo anche importanti e benefici, per il futuro, risultati nel settore delle giovanili, allenate, prima come vice di “Casgittu” e poi direttamente da Giuseppe Pisanu., ammirevole per serietà e attaccamento ai colori sociali ed anche per bravura calcistica.

“Pisanello” dopo aver disputato con valore tornei juniores ed in prima squadra, si dedica ora alla cura tecnica dei giovani, in collaborazione con Vittorio Caria, ottenendo importanti risultati.

Cap. 13°

– Campionato 1977-78 – Promozione Regionale

Avevamo chiuso con soddisfazione il programmato triennio di impegni ed io avrei dovuto lasciare, come promesso a me stesso ed alla mia famiglia. Tra l’altro seguire la Polisportiva da Olbia, ove lavoravo ed abitavo, diventava sempre più stressante e faticoso. Le responsabilità professionali crescevano ed il mio progetto era quello di assecondare i piani operativi della Banca trasferendomi in Continente non appena possibile.

Il mio programma sportivo, concordato e condiviso con il Consiglio Direttivo, quello che era diventato il percorso della Polisportiva, era stato completato in tutti i suoi aspetti: la promozione di categoria, un parco giocatori di qualità, un settore giovanile ricco di promesse, un ambiente sportivo riappacificato, sereno e solidale, una struttura sportiva dotata di attrezzature adeguate ai tempi, un gruppo dirigenziale di amici validissimi e capaci con la necessaria esperienza di portare avanti nel tempo la “creatura” giovane di poco più di 10 anni.

Restava un po’ di rosso sul conto in Banca Popolare di Sassari, ma lo si poteva benissimo sanare ed eliminare attraverso assunzioni di responsabilità diretta da parte dei dirigenti garanti, come poi facemmo l’anno successivo per cifre anche maggiori. Pur di non lasciare pendenze!

Il mio punto di vista era e rimaneva quello della opportuna alternanza alla guida della Società e delle associazioni in genere, cercavo allora e cerco ancora di tener fede a questo principio. Dedicarsi con spirito di servizio a quella eventuale circostanza di responsabilità cui si è chiamati per un certo tempo, evitando di utilizzarla per vetrina e veicolo verso altri fini. Rinnovare nella continuità, guardare e andare oltre e mai innamorarsi per sempre della piccola o grande impresa realizzata o della posizione raggiunta.

Volevo lasciare….. ma invece rimasi!

Cedetti per la seconda volta, l’avevo già fatto nel corso del primo mandato, caricandomi dell’onere “dell’anno in più” del previsto.

Ricordo che finito il torneo 67/68, che ci vide passare dalla 2° alla 1° categoria, anziché lasciare come avrei voluto, rimasi per una stagione, 68/69, non certamente serena ed anzi caratterizzata da risultati deludenti.

In questa occasione, dopo averci riflettuto a lungo, combattuto da varie indecisioni e preoccupazioni, decido alla fine di rimanere ancora per una stagione, la stagione 1977-78.

Rimango perché non trovo la forza per dire no alle pressanti ed affettuose richieste di dirigenti, giocatori e sportivi, ed un po’, è corretto dirlo, perché non ebbi ,allora, la forza di resistere alle lusinghe di una stagione in una serie superiore dove sentivo e speravo che, forti del successo appena centrato, si poteva fare bene. Lavoravo in una piazza, Olbia, dal passato e dal presente calcistico importante, che rappresentava una opportunità di notorietà e distinzione per l’Ittiri. Osservavo infatti che la stampa si interessava più di prima alle nostre vicende, e pensavo che la situazione ci desse l’occasione di cogliere sinergie e collaborazioni, attraverso i cordiali rapporti con il vertice dell’Olbia, del Calangianus del Tempio, dell’Ilva.

Sinergie che poi infatti tornarono utili.

Dall’Ilva prendemmo un ottimo attaccante acrobatico, ricordava il Leonardo Biosa di altri tempi, Antonello Giua (su ‘attu, il gatto), all’Olbia cedemmo due ragazzini della Juniores promettentissimi, il prolifico goleador Gianpiero Lupinu e il mediano, gran fisico e visione di gioco, Gianni Cadoni. La prima squadra dell’Olbia (serie C) in fase di preparazione del precedente torneo era venuta, in notturna e in amichevole, ad Ittiri con la sua formazione titolare ed il suo allenatore Giagnoni, consentendoci, ma non regalandoci, allora, una beneaugurante vittoria per 2-0 con reti di Marcellino e Sotgia.

Ma a ben rifletterci, e a prescindere dai risultati che furono come vedremo veramente deludenti, vale ancora di più il concetto che alle lusinghe vanitose bisognerebbe dire di no…anche se è umanamente difficile, a volte.

Con me rimasero al loro posto quasi tutti i dirigenti uscenti, con entusiasmo, passione e impegno immutati. Se qualcuno lasciò, non fu certo per dissenso, o polemica o altro di negativo.

Registrammo, anzi, il felice ingresso nel Direttivo di Simone Pisanu (sa mente) il cognato dei f.lli Caria (in futuro anche lui valido ed efficace Presidente, per diverse stagioni (92/93, allenatore Mario Pisani, si centrò la Promozione e il passaggio all’Eccellenza, da poco istituita, 93/94 un 4°posto, 94/95 un 8°posto) e poi di nuovo nel 2004/2005 in Promozione 7° posto e 2005/2006 9° posto). Nel Direttivo anche Totoi Mura e anche lui disponibilissimo e generoso.

Caricati a mille operammo subito per accrescere il numero dei soci, coinvolgendo sempre tutti coloro che avevano avuto, nel recente e meno recente passato, occasione di impegnarsi per la società. Insomma tutto sembrava predisposto per una stagione più che soddisfacente.

Partendo da una base disponibile di giocatori di valore, con le conferme dei vari Peppineddu Cossu, più continuo e più robusto di prima, il difensore di lungo corso il bravo e costante Gavinuccio Pinna da sempre con noi, Costanzo Dettori ancora fortissimo e prezioso elemento di coesione e riferimento nello spogliatoio, il portiere Tore Orani, rientrato da una positiva stagione in prestito alla Wilier, Antonio Usai che nonostante l’età continuava a correre con intelligenza e lucida visione di gioco sul campo, elegante come un ballerino in punta di piedi, Carmelo Calaresu che non perdeva il gusto del gol, il motorino inesauribile Carmelo Silanos, rientrava dal prestito all’Usinese, più malleabile e grintoso Totoi Ortu, ancora più maturo Bingiu Porcu. Passavano in prima fila il funambolico Pasqualino Manus, in predicato per passare al Civitavecchia in seri C, ma poi non se ne fece niente, degno erede del fratello Giovannino, e la promessa Gianni Senes ( poi Sindaco dal 94 al 98), che ebbero così diverse occasioni di giocare in 1° squadra. Per non parlare di atleti importanti e determinanti come Marcello Del Prete, Nicolino Spano il quale continuava con me il pellegrinaggio Olbia - Ittiri, il mediano dal rendimento sicuro Contini. Rimanevano anche il generoso Franco Achenza, e uno dei beniamini e simboli di sempre, Lello Pagliaro. Ritenemmo opportuno cogliere ancora alcune opportunità di rafforzamento della squadra: dal Sorso lo stopper-libero Garau, e dall’Alghero il mastino Sarritzu.

A quest’ultima società cedemmo il portiere Melis, non per mancanza di fiducia nel ragazzo che si era sempre ben comportato nel suo ruolo, ma per porre fine ad una vecchia e logorante polemica, che ogni tanto riaffiorava, nata nel torneo 75/76 e alimentata dal più volte citato gruppo Velasquez. Il ragazzo in fondo aveva sofferto psicologicamente più del dovuto la preponderanza su di lui, ancora giovane e da maturare, dell’esperto e ancora forte Sandro Tedde. La fretta e l’impazienza sono spesso cattive consigliere, da allora Melis, nonostante il passaggio all’Alghero, non ottenne quel balzo di qualità che era comunque nelle sue corde.

A ricoprire il ruolo di portiere titolare chiamammo, acquisendolo dall’Olbia che ne deteneva il cartellino, un portiere ancora giovane ma già ricco di buona fama avendo militato nella Torres, nell’Olbia e nell’Alghero, Cesare Planetta.

Ancora una volta la stampa accreditata ci riconosce possibilità di successo.Ecco un articolo della Nuova del 7 luglio 1977 77: F. 59

Avevamo costruito una rosa ricca e di valore d’intesa con il nuovo tecnico, Giandomenico Fantoni, molto considerato e conosciuto, già “profeta” del Thiesi dei miracoli da lui promosso e condotto dalla 2° categoria in serie D..

Anche stavolta quindi avevamo predisposto le cose per bene e da sportivi, tecnici ed intenditori continuavamo ad essere indicati tra i sicuri protagonisti del torneo. Anche in virtu di un precampionato brillante e positivo.

Significativo il seguente articolo che trascriviamo, a parte il titolo:

Olbia – Sempre impeccabile, diplomatico per eccellenza, con il sorriso pronto per ogni circostanza, Estremamente cordiale con tutti giovanissimo, già direttore di Banca, Antonio Masia per gli amici “Totoi” continua ad avere il calcio nel sangue e il “suo” Ittiri nel cuore.

Da oltre un anno approdato ad Olbia per motivi di lavoro (da diversi mesi è diventato direttore della Banca Commerciale), il presidente Masia non ha voluto ugualmente abbandonare la sua squadra seguendola costantemente anche nelle trasferte più lontane, pur di arrivare sino in fondo nella realizzazione “del programma triennale con la promozione dell’Ittiri in eccellenza”.

“Non posso non essere soddisfatto della conclusione del ciclo triennale, che vede gli impegni del direttivo centrati in pieno”, ci dice il presidentissimo dell’Ittiri.

Masia ama quindi sottolineare che grazie all’intervento costante dei dirigenti, il paese ha potuto acquistare un nuovo volto sotto l’aspetto “sportivo” con attrezzature valide ed idonee. Ittiri è uno dei pochi centri in provincia di Sassari che ha l’impianto di illuminazione dello stadio, realizzato, con i soldi della società guidata da Masia.

Il Comune, proprietario degli impianti, in questi anni è stato un po’ con le mani in mano e poco o niente ha fatto per venire incontro alle esigenze della società. Il presidente Masia non lancia strali contro nessuno, ma osserva: “sono certo che il Comune vorrà venirci incontro nel prossimo campionato, che si presenta particolarmente impegnativo”. La compatezza del gruppo dirigenziale è stata, peraltro, la chiave di volta nella conduzione in termini nuovi ed efficientistici, della società calcistica e resta la migliore garanzia per il futuro.

“Fantoni non partirà da zero – ha ancora detto Masia – ma ha la fortuna di trovare una struttura societaria seria di prim’ordine (oltre a Masia vanno ricordati i vicepresidenti Canu, Fiori e Orani, il cassiere Tavera, il segretario Manca ed il vice Deriu e con loro altri 20 dirigenti che hanno collaborato strettamente con il presidente. N.d.G.) ed una rosa di giocatori che molte squadre ci invidiano. Sono molte le richieste per i biancoverdi Del Prete, Achenza, Sotgia, Melis, Manconi e Pinna, richiestissimo dalla squadre galluresi, fra queste il Tempio, l’ex giocatore dell’Olbia Nicolino Spano che è stato una colonna determinante della nostra squadra”.

E per il futuro?

“Cercheremo di fare bella figura. Non dimentichiamo che il direttivo ha accettato di restare in carica per un altro anno soltanto, nella speranza che altri soci volenterosi si facciano avanti, per dare dal di dentro un contributo più concreto a favore della società e della squadra”.

Un altro anno ancora, quindi, di impegno per il presidente-direttore di banca, che dovrà continuare a viaggiare domenicalmente al seguito del “suo” Ittiri, nella segreta speranza di brindare, alla fine del campionato, alla serie D,.

E, poi presidente, vi sarà il passaggio dall’Ittiri all’Olbia in serie C?

“Per ora all’Olbia abbiamo ceduto volentieri i due giovanissimi Lupinu e Cadoni e sono certo che si faranno valere! E dopo…..si vedrà”

Speriamo sia questo un mezzo impegno nell’interesse dell’Olbia e degli sportivi olbiesi che sanno sempre apprezzare i dirigenti all’altezza del loro compito (antonio satta)

Ed anche gli articoli dove al posto di Promozione si parla di Eccellenza:

Ed invece niente di tutto quanto ci si aspettava, si realizzò.

Si ripeteva purtroppo la vicenda “infame” del torneo 68/69, la stessa “maledizione dell’anno in più”.!

Il nostro primo torneo di Promozione, tanto desiderato, non ebbe l’esito sperato e programmato, perché nel calcio diviene possibile quanto considerato impossibile e l’imprevisto è sempre in agguato.

Come in natura. Il solerte e capace contadino predispone con fatica e sudore la terra, vi depone con speranza e cura il semee ne segue con trepidezza e fiducia la crescita. Ma, per il risultato e la qualità del raccolto, decide inesorabilmente la stagione, la natura.

E così fu privo di soddisfazioni, ma anzi con continue ansie e preoccupazioni, il torneo 77/78, senza appello, dopo le illusorie partite di preparazione. Anche decisamente sfortunato per via di una serie di incidenti, di rigori decisivi sbagliati, e di cosiddette annate storte per qualche elemento, che ritenevamo invece di sicuro affidamento.

L’esordio in casa contro il Porto Torres fu addirittura una mazzata al morale ed all’entusiasmo. Anche in questo caso il segnale premonitore di una stagione tribolata. Si vinceva 1-0, si controllava bene la partita ed alla fine 2-1per il Porto Torres, con reti da attribuire ad errori abbastanza evidenti del portiere che consideravamo una “saracinesca”, anche per il fisico di riguardo. Lo ritenevamo il miglior ingaggio della stagione. Invece dopo 7 partite: penultimi con appena 4 punti e 10 gol subiti.

Niente da fare. Il buon Cesare Planetta era chiaramente vittima di perdita di fiducia e di autostima: la stagione negativa!. Lo riconobbe, perché ragazzo di carattere gentile ed onesto, e per diverso tempo accettò il ruolo di riserva del sempre valido e guizzante Tore Orani. Con lui la squadra per un certo periodo si riprese. Ma le cose poi continuarono a non girare per il verso dovuto. Non si riusciva mai a fare per due settimane di seguito la stessa formazione e soprattutto subentrava paura e scoramento.

A fine del girone d’andata solo 13 punti ed in piena zona retrocessione!

Così ci tocca leggerci sul giornale del 13.1.78, che trascriviamo, a parte il titolo:

Ittiri, - Ittiri, la grande delusa del campionato di promozione. La compagine di Fantoni, indicata all’inizio della stagione come una delle più serie candidate al salto di categoria è infatti incappata in una serie di risultati noche l’hanno relegata sin dall’avvio in una anonima posizione di classifica, proprio ai margini della zona di sicurezza. Adesso che è finito il girone di andata troviamo i biancoverdi a quota 13 in graduatoria in compagnia di Fertilia (che però ha una partita in meno) e Solarussa, una lunghezza in più dell’Arzachena con due punti vantaggio sul terzetto formato da Oristanese, Ozierese, e Montalbo e 4 sul fanalino di coda Attilia. Un traguardo davvero impensabile soltanto alla fine dell’estate, quando l’undici ittirese, anche grazie ai risultati conseguiti nelle gare amichevoli, era giustamente considerato, il bau-bau della promozione.

Invece con l’inizio del campionato la squadra è incorsa subito in diverse disavventure, peraltro quasi tutte extra tecniche che hanno gioco forza condizionato il proprio rendimento, nel contesto di una stagione fra le più opache degli ultimi anni. Campionato-delusione, quindi, almeno per adesso per la squadra presieduta da Antonio Masia, ma campionato con altrettanto grosse attenuanti.

Ce lo conferma lo stesso Presidente della società Masia: il vero motivo del nostro non certo buon campionato deve essere addebitato ai molteplici infortuni che non ci hanno permesso di presentare la stessa formazione per due settimane di seguito. Via via si sono infatti infortunati importanti giocatori del calibro di Spano che è rimasto fuori per ben 10 domeniche e che rientrerà in squadra alla ripresa del campionato, del goleador Giua, dell’ex torresino Dettori, Calaresu, Silanos e Cossu.

Questo stato di cose indubbiamente assai negativo – prosegue Masia – non ha contribuito a dare una mano alla squadra verso quella più che auspicabile rincorsa a posizioni di classifica certamente più consone al reale valore dei singoli atleti. Presi ad uno ad uno, infatti, i giocatori dell’Ittiri vanno per la maggiore, ma per le cause appena accennate sono mancati i risultati che invece erano e sono ancora, ne sono convinto, largamente alla portata del complesso.

Il pubblico ha capito per intero il nostro dramma ed è rimasto vicino alla squadra non facendo mancare quasi mai il suo caldo incitamento. Ma è chiaro, e quì sono costretto a denunciare un’altra brutta abitudine dell’Ittiri, che non può di certo entrare in campo, per tirare …..i calci di rigore, che regolarmente vengono sbagliati dai nostri specialisti.

In casa abbiamo perso 4 partite ed in 3 abbiamo fallito altrettanti penalty rispettivamente con Spano (Ittiri-Thiesi 0-1) Giua (Ittiri-Sennori 1-2) e Usai (Ittiri-Tempio 0-1), rimediando grosse brutte figure che davvero non meritavamo. Bastava infatti pareggiare le stesse partite per avere tre quattro punti in più in classifica e per trovarci a ridosso delle grandi del campionato e non così in basso come siamo attualmente.

Adesso comunque – ha concluso Antonio Masia – penso che il peggio sia davvero passato. Alla ripresa del campionato, che vedrà l’Ittiri di scena a Porto Torres, verrà recuperato Spano, mentre sarà regolarmente al suo posto Planetta che già a Luras ha fatto un buon rientro dopo essere stato fra le riserve per diverse settimane, soltanto perché non poteva allenarsi con una certa regolarità. Io credo, che se la fortuna non ci volgerà nuovamente le spalle, che l’Ittiri possa risalire con facilità la classifica. La nostra squadra, infatti, potenzialmente non è di certo inferiore alle cosiddette “big” dell’Eccelenza, Macomer, Sorso, Tempio, Lauras e via discorrendo, ma ha dovuto segnare il passo per i motivi già esposti. In pachina abbiamo poi un signor allenatore che risponde al nome di Fantoni, tra l’altro con diverse esperienze in serie D, ed ecco perché sono sicuro che non tradiremo le attese dei tifosi disputando un girone di ritorno all’insegna di un rendimento elevato. (alfio restani)

Ed ecco, come solito, riemergere le polemiche sempre più forti e dure, ecco sparire lentamente il consenso intorno alla società. Con la carenza di risultati cresceva pure il peso di una situazione finanziaria fattasi ad un certo punto gravissima a causa della sempre più spietata concorrenza portataci, come anticipato, da un gruppo di giovani, peraltro in parte tifosi, che aprendo un altro locale dancing, iniziava a sottrarci la nostra abituale corrente di pubblico. La nostra fonte di approvvigionamento oltre gli incassi al campo sempre più modesti, andava così inesorabilmente inaridendosi.

Finito il girone di andata, praticamente finite le disponibilità! Se non quelle derivante dagli incassi partita e dai contributi di alcuni dirigenti.

Ci ritrovammo in una situazione veramente complicata. Dovevamo lottare per non retrocedere e non avevamo più i mezzi adeguati ad assolvere gli impegni presi con i giocatori. Rischiavamo di chiudere anzitempo.

Ma non lo potevamo consentire. Ed infatti all’enorme difficoltà replicammo con raddoppiato impegno e determinazione. Ad estrema necessità, estremo rimedio.

Decisi, sentito il Direttivo, di convocare in seduta straordinaria tutti i giocatori con l’allenatore, proprio in una sala riservata del Bar Velasque, e, presenti anche i collaboratori, dopo aver esposto con chiarezza e lealtà la situazione di estremo disagio in cui versavamo chiesi a quanti erano disponibili di continuare a giocare gratuitamente fino alla fine del campionato, sollevandoci dagli impegni contratti con ciascuno di loro.

Fu, lo ricordo ancora bene, un incontro di importanza decisiva. Sentivo che forse si poteva ottenere l’impossibile, perché quando il prossimo si convince che gli parli con sincerità, serietà, passione e verità, insomma con il cuore, accetta e condivide.

Il messaggio appassionato colpì evidentemente giocatori (in fondo eravamo fra amici che si stimavano) sensibili e attenti, che capirono ed accettarono di andare avanti sino alla fine con immutato impegno. E così fecero tutti, giovanissimi e meno giovani, alle prime armi ed esperti, tirarono sino in fondo, senza più la certezza di rimborsi spese ( per alcuni meglio chiamarli piccoli emolumenti) immediati su cui fare affidamento. Anche i dirigenti ci stringemmo, a coorte come suol dirsi, ed anzi chi potè accordò più sostegno alla società.

Il gesto dei calciatori fu unanimemente apprezzato da noi e dagli sportivi che si riavvicinarono alla squadra, ne capirono il valore e le motivazioni.. La risposta dello spogliatoio fu insomma estremamente tonificante per il morale. Anche il tecnico partecipò al “sacrificio”. Un’operazione che ancora a pensarci appare incredibile.

Ai giorni d’oggi soprattutto di fronte a situazioni del genere spesso la risposta è mercantile: arrivederci e grazie!

Allora quel calcio nel cuore era ancora nel cuore dei nostri ragazzi.

Comunque alla fine, recuperammo risorse, anche attraverso la campagna acquisti e cessioni e si fece in modo che ognuno recuperasse quanto dovuto. All’incirca. Perché poi alcuni ci consentirono generosamente degli sconti e da qui nasce la simpatica postuma rivendicazione creditizia di Costanzo Dettori, che abbiamo visto prima da lui stesso raccontata.

Il rinnovato patto morale con la squadra ci valse un girone di ritorno un po’ meno ansioso e preoccupante rispetto alla prima parte, seppure con risultati alterni e mediamente non esaltanti.

Alla fine dignitosamente e stringendo i denti conquistammo i punti necessari per concludere in salvo un torneo che avremmo voluto giocare al vertice.

Con questo articolo del giungno 78, dal titolo “L’ittiri batte 3-0 il Lauras. e si salva”, si concludeva il torneo 77/78 F. 63

Rimanevamo in promozione artefici, noi, del risultato comunque positivo.

Pronti per le sfide successive.

Cap. 14°

– La conclusione del mio mandato – La preparazione al torneo di promozione 78/79

Era finalmente chiuso l’infelice torneo 77/78 e come avevo previsto ed anticipato sin dall’inizio, dovevo lasciare il mio ruolo di responsabilità e le redini della società. Ad altri. E nell’ambito del Direttivo c’erano naturalmente amici all’altezza del compito.

Da subito, d’accordo con i collaboratori lavorai per sistemare ogni pendenza in essere con i giocatori e con la Tesoreria.

Lo facemmo nel migliore dei modi riuscendo ad appianare e comporre la delicata situazione finanziaria in essere, grazie all’impagabile disponibilità e sacrifico dei dirigenti. Alcuni lasciarono il Direttivo per le stesse motivazioni mie, lo avevano previsto, desideravano dare opportunità di ricambio , o avevano impegni di lavoro tali da rendere difficile la continuazione. La maggioranza comunque rimase disponibile a stringersi intorno al nuovo Presidente. Che fu indicato in Totoi Canu, già vice, che accettò generosamente di condurre la società lungo la stagione 78/79.

Lui ed i dirigenti rimasti presero in carico una società in Promozione e ripulita da qualsiasi pendenza finanziaria. E con una valida compagine che venne affidata alle cure di Gavino Scala di Alghero.

I garanti dell’esposizione di conto corrente decidemmo inseieme di farci carico pro quota del “rosso” che fu pertanto coperto ed estinto, sollevando la società da qualsiasi onere anche futura in tal senso.

I miei impegni di lavoro ormai non mi consentivano più il tempo necessario per seguire adeguatamente la Società. La Banca mi aveva preannunciato il mio trasferimento in Continente, che si sarebbe concretizzato di lì a qualche mese.

Lasciavo assicurando, se richiesto, la mia collaborazione, con la mia innata convinzione che quando si esce è opportuno e corretto non interferire nell’attività di chi eredita l’onere e l’onore del seguito.

A questa regola mi sono sempre attenuto e continuerò ad attenermi.

Ciò non significa peraltro un invito a calare nella terra di nessuno della dimenticanza il non ancora “de cuius”, come spesso purtroppo si verifica.

Chiudo questo racconto ringraziando ancora Giommaria Fiori, Totoi Canu, Andrea Deriu, Salvatore Lupinu, Totoi Cossu, Michele Sogos, Giovanni Antonio Sanna, Giovanni Dore, Antonio Mura, Giovanni Scanu, Cicciu Scanu, i due Simone Pisanu, Antonio Pischedda, Simone Tavera, Totoi Manca, Andrea Tavera, Andreuccio Lonis, Andrea Deriu,.. …..

Grazie per tutti i sacrifici morali e materiali fatti a favore della Società, per il servizio che avete reso allo sport, per le opportunità che avete regalato a molti giovani ed alla passione di tanti sportivi di Ittiri.

Non dovete essere dimenticati ma ricordati con riconoscenza (con e senza trattino tra la “i” e la “c”).

Grazie anche a coloro che negli anni successivi e fino ad oggi si sono alternati e si alternano con impegno e spirito di servizio alla guida della Polisportiva. In particolare voglio ricordare e annoverare fra i Presidenti Andrea Orani, Andrea Boscani, Tore Sanna e Angelino Manconi.

Perché hanno portato e portano, attraverso la disputa di tornei esaltanti o modesti, superando difficoltà di ogni genere, la nostra creatura “concepita” alla fine del 65 e “battezzata durante il 66” ad una maturità solida, riconosciuta ed apprezzata nell’ambito dello sport regionale. Meritano considerazione ed attenzione perché continuano ad offrire ad un mondo di giovani opportunità ed occasioni di pratica sportiva.

In un mondo sociale e sportivo che lascia oggigiorno molto a desiderare.

Troppo mercato, troppo calciomercato, troppo denaro, troppi scandali, troppo egoismo, troppi furbi, poco senso della bandiera (la nostra biancoverde al tempo si identificava in Peppe Saba, Pino Delogu, Anghelu Cossu, Lello Pagliaro, Peppineddu Cossu, Tore Masia, angelo Puggioni…. non vorrei ricominciare), poca educazione.

Occorrerebbe un calcio, ed una attività sportiva in genere più sobria, più attenta e meno venale, più con lo spirito d’Olimpia, e meno egoismo e meno utilizzo strumentale di certe situazioni.

In definitiva più cuore. Quel calcio nel cuore……

Agli amici atleti e collaboratori che non ci sono più il ricordo più affettuoso e incancellabile, il ringraziamento più duraturo: Pino Delogu, Doddore Sechi, Giulio Cesare Mura, Nanni Moretti, Vittorio e Michele Caria, Giommaria Orani, Marcello Del Prete e a tutti i bambini del mondo dedico questa fatica.

A tutti, presenti e assenti, devo moltissimo in termini di conoscenza e riconoscenza, di carattere e di maturazione.

Ricordare è stato bello, emozionate e coinvolgente perché l’esigenza intima alla quale ho cercato di dare una risposta era e rimane un’esigenza non personale o autobiografica ma collettiva. Perché riguarda una comunità che, nello specifico dell’attività sportiva e calcistica in particolare, si è ritrovata, un tempo, a condividere impegni, ideali, passioni e percorsi di vita che hanno lasciato tracce precise ed indelebili in amicizie, conoscenze, legami e famiglie.

Tracce di vita nate e modellate intorno a quel calcio…nel cuore… che ha sancito spesso, come abbiamo visto, l’unione di diversi cuori

Come un bel sogno: rivedere quelle circostanze, immaginarle di nuovo, ridisegnare i contorni di amici e conoscenti, richiamare alla memoria i loro nomi…..

Un desiderio, un auspicio: chi può e ne ha la conoscenza continui la storia.

Capitoli e fogli in bianco attendono di essere riempiti…

Antonio Maria Masia

(Antonio o Totoi ….fate Voi)

Postfazione

E’ per me un onore e un vero piacere contribuire alla presentazione di questo libro. Una pubblicazione che arriva non a caso dopo quella recente del libro “Ittiri la sua storia la sua gente” al quale Antonio Masia contribuisce con un saggio sulla poesia a Ittiri .

Un libro che si inserisce quindi in un filone, quello della memoria antica ma anche recente e della conoscenza-coscienza della nostra storia e del nostro essere ittiresi oggi, attraverso la lettura degli avvenimenti e la conoscenza dei personaggi che ci hanno preceduto, che penso troverà altri numerosi spunti per ulteriori e graditi contributi.

Più in particolare questo libro vuole si soddisfare, come dice l’autore stesso, un’esigenza personale di chiarezza e di illustrazione ragionata, non senza cedere a una punta di malinconia, di quelle vicende associative e sportive che a distanza di anni hanno sempre più il sapore della leggenda;ma, io penso, vuole anche soddisfare un’esigenza sentita da molti di far diventare “storia”, memoria comune, quei fatti che da 60 anni a questa parte segnarono la storia del calcio a Ittiri. Ma oltre ad assolvere al compito di rievocare in maniera ordinata e rigorosa quelle gesta sportive di cui molti sono stati se non protagonisti spettatori appassionati, questo libro allo stesso tempo ne consegna il racconto alle giovani generazioni che pur non avendole vissute ne possono trarre utili, e a volte curiose, informazioni ma soprattutto un grande insegnamento, una grande lezione di vera passione sportiva.

Il titolo e la parola cuore, che ricorre svariate volte nel testo, danno appieno l’idea dello spirito che animava i vari pionieri che, a partire dai primi timidi tentativi degli anni ’30 sino a quello definitivo degli anni ’60, hanno più volte affrontato l’impresa di costituire una società calcistica a Ittiri.

Attraverso la lettura appassionante e ricca di riferimenti a personaggi ed eventi coevi di quelle vicende, si ricostruisce perfettamente lo spirito e la passione che animava gli sportivi di allora e viene quasi spontaneo contrapporli al mondo attuale dello sport, dominato dalle Tv, dal divismo e dal dio denaro anche a livelli che si definiscono dilettantistici.

Viste queste considerazioni penso che questo libro troverà ampio favore fra tutti gli ittiresi e fra tutti quelli che sono in qualche modo legati alle vicende dello sport a Ittiri. La scelta di devolvere gli introiti in beneficenza a favore dell’AVIS, oltre a confermare l’indomito spirito volontaristico di Antonio Masia contribuirà sicuramente ad aumentarne il consenso e la diffusione.

Torino Orani, Sindaco di Ittiri

La pubblicazione di questo libro è una storia “sportiva” ma è soprattutto la storia di una comunità che attraverso lo sport racconta storie di persone, storie di un paese diventato città, storie di un tempo che ha segnato molte generazioni di atleti e di dirigenti ma non solo.

L’AVIS di Ittiri è parte di queste piccole storie con la sua discreta, venticinquennale e continua presenza a dare il piccolo contributo volontario al servizio della comunità dalla quale ha ricevuto tanta solidarietà e impegno. Sono molti gli atleti, i dirigenti, i simpatizzanti , “ i tifosi” della Cannedu che sono diventati donatori, volontari o sostenitori.

Antonio Maria Masia (Totoi) è uno di questi.

L’ AVIS grazie a lui ancora una volta diventa protagonista di un momento importante della nostra comunità. Un momento culturale, frutto come quelli precedenti, del suo impegno nel valorizzare la propria identità e le passioni di una vita, per divulgare il senso di appartenenza.

L’AVIS di Ittiri è riconoscente di questo contributo di Antonio Maria che ci aiuta a diffondere i principi che sono la forza della nostra associazione: l’essere solidali con gli altri, il condividere le idee, i propositi e le responsabilità. In un senso più ampio, su un piano sociale, sono le basi per un reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento, appunto di questa loro appartenenza ad una società medesima e nella conoscenza dei loro comuni interessi e delle comuni finalità.

A nome di tutti i Volontari, i Soci, i Dirigenti, i sostenitori dell’AVIS : GRAZIE

Giovannino Manus, Presidente

(a): primi ex-aequo con il Seunis, sconfitti nello spareggio, ma promossi alla 1° Categoria.

(b): ottavi in classifica, penalizzati di 7 punti, retrocessi poi riammessi alla 1° Categoria.

(c): primi ex-aequo con il Lauras, sconfitti nello spareggio.

(d): partecipazione brillante alla Coppa Italia dilettanti.

(e): terz'ultimi con il Dolianova, sconfitti nello spareggio, retrocessi e poi riammessi alla 1° Categoria.

(f): secondi in classifica dietro il Sennori e promossi in Promozione Regionale.

(g) : terz'ultimi e retrocessi in 1° categoria.

(h): primi ex-aequo con il Malaspina, sconfitti nello spareggio ma promossi in Promozione Regionale.

(i):retrocessione volontaria per problemi finanziari e iscrizione nel campionato di Promozione concesso dalla Federazione per meriti sportivi.

(l):Promossa in ECCELLENZA dopo i vittoriosi spareggi con il Carbonia e il Porto Torres.

Antonio Maria Masia