Gian Gaetano Gutierrez

Gian Gaetano Guttierrez nacque a Ittiri, come risulta dal registro dei battesimi della parrocchia di San Pietro in Vincoli, il 15 novembre 1799 alle ore 5 antimeridiane dai coniugi nobili Antonio Michele e Anna Luigia Sussarello, fu battezzato in casa, per imminente pericolo di vita, dall’ostetrica Maria Ignazio Zinqueri. Padrini furono il nobile Giovanni Serra Salis e la signora Maria Antonia Mulas Sircana.(1)

Si laureò in Teologia nell’università di Sassari l’8 febbraio 1822; dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1826, fu nominato docente di teologia scolastico-dogmatica nella università di Sassari.

Dal 1832 fece parte dell’Accademia Filologica, un’associazione culturale sassarese intesa a promuovere la buona letteratura, di cui facevano parte molti uomini illustri fra cui Pasquale Tola, Padre Vittorio Angius, il canonico Don Emanuele Marongiu, l’intendente generale Don Gavino Delitala e altri. Il re Carlo Alberto ne sanzionò l’esistenza con viceregio biglietto del 22 giugno 1839. Ma l’Accademia si sciolse dopo pochi anni.(2)

Nel 1844 pubblicò una poderosa opera in quattro volumi di Teologia Dogmatica: “le Istitutiones theologicae”, molto apprezzate dagli studiosi.

Il 21 dicembre 1848 a Sassari, nelle prime elezioni per il consiglio comunale sotto il nuovo governo costituzionale, G.G Guttierrez fu fra i quaranta eletti, essendo stato nominato sindaco il Cav. Don Giacomo Deliperi. Il 28-7-1848 Carlo Alberto morì esule a Oporto e il 1 ottobre se ne celebrarono i funerali nella Cattedrale di Sassari, a cura del Municipio. G.G.Guttierrez pronunciò un elaborato e apprezzato discorso funebre, che si componeva di otto parti, di cui il Costa cita i seguenti periodi: “(..)Siasi pure, o vagheggiatori del passato, o amatori del presente, consoliamoci,confortanti tutti l’anima afflitta pel miserabile caso; sperando, quali Abrami fedeli, sulle nostre sorti future, e sperando perfino contro la speranza stessa.(…) Coronati del mondo, e voi pure veri cerberi di maldicenza infernale, affissate ora lo sguardo sulla polvere regale, che calda ancora ribolle di leali, generosi affetti; dite ora, se quel generoso Campione lo ambizioso ei fu; se il gran sagrificatore delle affascinatrici beatezze dei diademi e degli ostri, di due amati augusti figliuoli, se il gran tradito della fortuna e degli uomini, sia egli della patria e degli uomini il traditore assurdo!(…)Ascoltatori, è forse esaudita la prece. Tramontino pure gli astri benefici del firmamento italico; si converta, se così vuolsi, la benigna stella d’Italia in infausta cometa; ed ascondasi dietro ai gioghi Carpazi cruccioso il sole agli Ungheri; balenino anche di luce non ferma in loro cammino i nipoti di Camillo e di Germanico, e passino quasi abbaglianti meteore le improvvisate repubbliche;- colà frattanto, in riva alla Senna ( consoliamoci!) gli angeli convennero alla quiete del mondo nel congresso degli amici della pace; oh quanto diversi da quelli Anfizioni del congresso di Vienna!- Già l’Inghilterra col Belgio stringerà a Francia la mano- America stringeralla ad Europa: come in bel cosmorama ci vedremo, ci riconosceremo compatrioti di una patria sola. Il 24 Agosto, triste anniversario della sanguinosa notte di San Bartolomeo nella esterrefatta Parigi, si è ivi reso testè il giorno insieme di ben augurate paci a retta indipendenza e libertà universale. Una torre allora, con notturna sanguinolenta campana, suonò, per man degli Accabi, dei nostri traviati fratelli la strage: - suona or fra noi pacifica la campana di Torres; e i suoi funebri tocchi, pel gran defunto suonano fratellanza e pace- non tenzonamenti fatali, non disperanze e guerra, ma quietezza e progresso. Chi nega redimitore un progresso, la Provvidenza redentrice ei nega!”.

Il Municipio espresse al Cav. Gutierrez la sua riconoscenza inviandogli 150 lire, e, sapendo che il discorso sarebbe stato pubblicato, ne ordinò cento copie. (3)

Come consigliere comunale si adoperò per il miglioramento dell’istruzione pubblica. Nel maggio 1849 propose di ” ripartire fra le 200 famiglie cittadine più povere, una parte dei terreni del prato comunale, da concedersi ai bifolchi, che dessero segno d’avere qualche istruzione elementare; a quelli che avessero i figli applicati alle scuole; ed a quei capi di famiglia che tenessero lontani se stessi ed i propri cari dall’abbrutimento, nemico di civiltà, moralità e prosperità; di concedere inoltre una cinquantina di lotti del terreno riservato al municipio ad altrettanti padri di famiglia che in un decennio comprovassero la loro sollecitudine nell’arricchire se stessi od i suoi, non solo nelle elementari istituzioni nelle scuole primarie, ma comunque e dovunque dei diritti e doveri dell’uomo, or reso uomo mercè una santa libertà”.(4)

Liberale riformista, lo si trova fra i fautori della “cacciata dei Gesuiti” nel 1848.

Nel 1849 pubblicò, con la tipografia di Andrea Moretti in Genova, un discorso “ sulla necessità di abolire tutte le fraterie in Sardegna”, già pronunziato in un’adunanza del consiglio divisionale di Sassari, in cui sosteneva”che era necessario limitare l’afflusso dei giovani nei conventi, proponeva sussidi per i frati che ne fossero usciti e perorava la divisione dei beni dei conventi in beneficenza ai cittadini meno abbienti ed in assegni ai sacerdoti.(….) Si legge della Sardegna “mangiata dai frati…congreghe di poltroni e viziosi….tarlo della società”. Rispose con un altro opuscolo un frate di Osilo, Pietro Fadda, e la situazione si aggravò tanto che l’arcivescovo Varesini comunicò al sacerdote che era incorso nella scomunica. Per niente scoraggiato, Gutierrez sostenne che in casi simili la scomunica era riservata al papa e, pur astenendosi dal celebrare funzioni religiose per non dare ulteriore scandalo, ricorse al Tribunale delle Appellazioni, ma il 12 gennaio 1850 il suo opuscolo fu messo all’indice.

La polemica, in seguito, si allargò ancora ed ebbe anche ripercussioni in parlamento. Egli allora ripudiò l’opera e, essendogli stata revocata la scomunica, nel 1851 gli fu conferita la Croce di Cavaliere di San Maurizio e Lazzaro”.(5) Nella adunanza del consiglio divisionale del 2 dicembre 1851, venne discussa e approvata la proposta del consigliere Guttierrez, riferita al passaggio della “valigia inglese delle Indie” attraverso la Sardegna.

Riporta il Satta-Branca: ”Era questo il collegamento diretto con la sua colonia istituito dall’Inghilterra nel 1835 e che faceva capo ai porti di Marsiglia o di Trieste per intraprendere quindi la via del mare. Il Gutierrez proponeva la nomina di una commissione per lo studio di una rete di strade in Sardegna: si sarebbe dovuto tener conto delle mirabili invenzioni della rotaia in ferro e della loco-motiva (sic) a vapore, applicando per intanto allo stradone reale fra Cagliari e Porto Torres il sistema della strada di ferro per cavalli già costruite, o in progetto nell’America settentrionale. Si faceva viva preghiera al governo di Torino perché, nelle vie a lui ben vise, facesse sì “ che il governo inglese ed i direttori della Gran Compagnia alle Indie Orientali e della Compagnia di navigazione a vapore peninsulare e insulare, si determinino al preferibile transito della Posta Lettere, da Londra al Lago Maggiore, a Genova per indi afferrare il porto di Torres e correre fino a Cagliari la nostra strada centrale nell’attuale sua condizione. Il proponente chiedeva anche l’attuazione di una linea elettro-telegrafica da Torres a Cagliari ad allettamento grande di quella inglese compagnia, nonché, a maggior allettamento della stessa, nominare una commissione per studiare il progetto di una prima rotaia di ferro fra Torres e Sassari.

Nella seduta dell’11 novembre 1853 il consiglio approvò lo stanziamento nel bilancio 1855 della somma di lire 1000 per spese di trasferta a Londra dell’ing. Giuseppe Bruschetti, che avrebbe dovuto perorare il progetto del canonico Gutierrez. Risulta che anche qualche consigliere si recò a Londra per lo stesso oggetto”.(6)

Riferisce ancora il Satta-Branca:

“Il fervore patriottico del sacerdote si rivolgeva però ad altri problemi, e cioè alla rigenerazione dell’isola natale che gli appariva realizzabile mediante il progresso dell’agricoltura: opinione molto accreditata in quel tempo.

Nel 1853 intraprese perciò la compilazione di un’opera di larga mole.

La intitolò “Intertenimenti teorici e pratici dell’agricoltura universale - ad allettamento specialmente ad uso della colta gioventù sarda- dopo le sentenze degli antichi e del Manca Sardo patrizio- ed altre più o meno novelle- Ragunati e in nuove forme disposte dal cav. E R. Professore di teologia Sac. Gaetano Gutierrez”.

Il lavoro restò incompiuto per la morte dell’Autore, avvenuta nel 1855. L’interessante manoscritto è posseduto dal notaro dott. Antonio Porqueddu.

L’opera, secondo il programma dell’Autore, doveva comprendere sette parti: la prima era intitolata: Prefazione e discorsi preliminari. Sono 120 pagine di formato protocollo, nelle quali, con grafia minutissima, si leggono: Prefazione; Discorso abbozzaticcio in laude dell’agricoltura (31 paragrafi);Parte Prima-preliminari; Art.I: Massime generali; Art.II. Dei concimi o letami; Art.III: Proverbi pe’ Contadini con altri vulgari; Art.IV: Prospetto delle operazioni annuali; Art.V : Spezzar macigni e rocce con mine.

Questo capitolo, che è l’ultimo della parte prima (la seconda parte intitolata Discipline elementari non fu scritta), il Gutierrez, che ha già discorso della necessità di liberar le terre dalle acque, dall’erbe dannose, dagli sterpi, le pietre o sassuoli, lo ha dedicato all’uso degli esplosivi nell’agricoltura. L’Autore avverte che non parlerassi delle mine militari: l’orrido Marte le insegni a’ suoi seguaci…A noi villici si affanno le dottrine poetiche delle pacifiche mine o “fogate” del pacifico Lorenzi, colla cui lingua breve ne darem la teoria. (7) Nell’agosto del 1855, il colera imperversava a Sassari mietendo migliaia di vittime. Il comune costitui una commisione mista di dodici persone per la gestione di tutte le gravi problematiche connesse. Ne faceva parte anche il Cav. Guttierrez che si adoperò in tutti i modi per arrecar sollievo alla città, ma il morbo lo prese fatalmente e in quel mese di agosto morì.Il suo nome è ricordato, in una lapide del Municipio di Sassari insieme ad altri uomini illustri deceduti durante quella terribile pestilenza.

Tore Masia