Peppino Alicò

Peppino Alicò era cugino di Juan Gandulfo; infatti era figlio di Giuseppe e di Maria Caterina Gandulfo, sorella di Salvatore, padre di Juan.

Sposato con Giovanna Maria Cosseddu, emigrò in Cile nel 1917, a Temuco, città a circa 600 Km a sud di Santiago.

A Temuco e in tutto il Cile, conseguì grande successo e fama come ceramista artistico.In questa attività collaborava con un altro ittirese emigrato in Cile, Giovanni Tavera. I giornali cileni del tempo diedero molto risalto alla loro figura e alle loro opere; ecco alcuni articoli:

“Il genio italico, che in tutte le parti del mondo ha sempre portato il suo contributo e la sua originalità, ha avuto in questi giorni nel Cile, una dimostrazione della sua gloriosa ascensione. (.. ) Intendiamo parlare delle ceramiche artistiche, costruite in quel di Temuco, dai connazionali Alicò e Tavera ed esposte in numerosissimi esemplari in Santiago.(..) Il nostro Ministro comm. Castoldi, sempre primo nel manifestare la sua affettuosa deferenza per tutto quello che è italiano, si è affrettato a visitare la splendida Mostra ed ha avuto parole di vivo compiacimento per i sigg. Alicò e Tavera- due forti fibre di sardi attivi e intelligenti- che colla loro costanza hanno saputo plasmare e trasfondere la materia prima rudimentale in opere d’arte.(..)” (1)

E ancora:

“..il distinto artista, don Josè Alicò, spirito forte, utilizzò la sua delicata arte di orefice, vincendo gloriosamente la idiosincrasia del nostro povero medio ambiente. Lottò coraggiosamente e grazie al suo robusto contesto morale, al suo slancio audace e perseverante, oggi la Ceramica in Cile è una magnifica industria, le sue opere d’arte adornano tutti i nostri salotti. (..)” 2)

La sua permanenza in Cile era spesso interrotta da lunghi viaggi in Italia (durante i quali non mancava di tornare a Ittiri), in Belgio, in Germania e in Francia, per visitare gli stabilimenti congeneri ed assimilare nuove tecniche.

In Cile lavorò anche a Valparaiso e a Vina del Mar.

Qui fece fortuna come imprenditore edile e raggiunse l’apice della notorietà per aver costruito i forni crematoi municipali, inaugurati nell’ottobre del 1948.

Questi forni servivano a bruciare i rifiuti della città e a rifornire contemporaneamente di acqua calda la Lavanderia Popolare, mentre le ceneri e i residui bruciati venivano riciclati come fertilizzanti in agricoltura.

Il forno aveva una superficie di 340 metri quadri, aveva la capacità di bruciare rifiuti per 270 metri cubi e aveva una ciminiera alta 35 metri; a quel tempo era l’unico forno del suo genere in Sud America.

1) “La gazzetta degli italiani”- Valparaiso, dicembre 1923, pag. 10

2) “La Manana”- Temuco, 4 maggio 1924

Tore Masia