Angelo Dore

Angelo Dore nasce a Ittiri il 26-12-1875 da Giommaria e Giovanna Maria Pirinu, e ivi muore il 2-6-1936.

Nel 1897, l’anno dopo la disfatta di Adua, parte come volontario in Eritrea e al ritorno intraprende il mestiere di fabbro.

Nel novembre del 1900 sposa l’ittirese Maria Caterina Simula da cui ha due figli: Giommaria, destinato a una brillante carriera di medico pediatra a Sassari, e Giovanna Maria che, in seguito, avrebbe continuato le attività industriali del padre.

Nel 1907 emigra temporaneamente a Panama per lavorare come operaio nella costruzione del canale, e nello stesso anno ritorna a Ittiri, dove da vita a diverse attività imprenditoriali: in via Cavour, apre un frantoio per la produzione di olio di oliva e un mulino per la farina, che funziona con uno dei primi motori a gas povero; in seguito aprirà una panetteria che la figlia Giovanna Maria conduce fino agli anni ‘70.

Alla fine degli anni ’20 completa anche un cinematografo, la cui autorizzazione all’esercizio gli viene dapprima negata dal regime fascista, poi concessa nei primi anni ’30.

Fin da giovanissimo abbraccia l’ideale socialista, di cui divene convinto assertore ed efficace divulgatore tanto da imporsi come leader carismatico.

Nei ferventi anni del periodo Giolittiano ha continui rapporti con personaggi di spicco del socialismo sardo. E’ in contatto con Claudio Demartis, farmacista di Tempio, consigliere provinciale, che qui fonda la prima sezione socialista in Sardegna nel 1894; con Massimo Stara, direttore del settimanale socialista “La Via” pubblicato a Sassari dal 1907 al 1909, al quale propone di fondare di sana pianta” Il Partito Del Lavoro Sardo” sotto la protezione del Partito Socialista ufficiale; con l’avvocato Giovanni Antioco Mura, socialista intransigente di Sassari al quale propone “(…)la creazione di un giornale con direttive massimaliste dato che sono sempre più convinto dell’avvento di un sistema sovietico”. Ma i tempi non sono favorevoli per la realizzazione di questi ultimi progetti. Nel 1919 è tra i fondatori, a Ittiri, del primo "circolo operaio di lettura", nato con lo scopo di propagandare le idee socialiste e, nel contempo, di promuovere attività culturali in un tessuto sociale depresso ma desideroso di riscatto. Amato dai suoi concittadini ittiresi viene eletto sindaco nelle elezioni comunali del 31 ottobre 1920 in cui il Partito Socialista, da lui guidato, ottiene una schiacciante affermazione su quello che lui definisce “il partito dei ricchi”con 869 voti contro 189.

Ricopre tale carica con ammirevole passione dal 1-12-1920 al 30-01-1923, finchè viene costretto alle dimissioni per le tensioni politiche createsi con le istituzioni fasciste.

In una sua lettera ad un compagno scrive a tal proposito: “ (..) sono socialista ed ex sindaco del comune di Ittiri, ultimo dei comuni rossi d’Italia dimessosi, perché il comune si è dimostrato inespugnabile per la sua onesta e rettilinea organizzazione (..)”.

In questo periodo propugna un Socialismo su posizioni massimaliste, aspramente anticlericale, filosovietiche, tanto da indurlo a proporre in consiglio comunale un sussidio al popolo sovietico che versa in miseria. (1)

Nelle elezioni provinciali del 7-9 luglio 1922, in cui il candidato nazionalista, l’ittirese Antonio Leoni, viene eletto consigliere provinciale, a Ittiri, il candidato Socialista Massimo Stara ha la meglio con 836 voti contro 570. Ittiri si conferma una inespugnabile roccaforte Socialista. In quella occasione A. Dore scrive: “Hanno avuto luogo a Ittiri le elezioni del consigliere provinciale: erano candidati Stara Massimo per il nostro Partito Socialista e Leoni Antonio, sostituto procuratore del re, per il partito dei ricchi. La lotta fu iniziata dagli avversari da oltre 3 mesi prima; nessuna arma fu da loro trascurata contro di noi, fu lasciato a disposizione l’ex segretario comunale, il prototipo del sicario.(2)(…)la prefettura, la provincia, la magistratura, la caserma, l’arte medica, l’avvocatura, gli strozzini di tutte le tinte sono state tutte queste poderose forze scaraventate su di noi, ma tutto il popolo onesto e laborioso di Ittiri, uomini e donne, ha sostenuto il nostro partito con uno slancio di entusiasmo e di fede da destare impressione agli avversari ed ammirazione in tutta la provincia; nelle strade, nelle campagne, nei focolari, nei lavatoi, per le vie, nelle piazze per tutto il periodo della lotta di altro non si parlava che della grandiosa battaglia voluta dagli avversari con la fallace speranza di riconquistare il dominio del comune di Ittiri perso per sempre nella grande battaglia del 31 ottobre 1920 dagli avversari del popolo.(….)la vittoria fu strepitosamente nostra e con giusto orgoglio fu festeggiata da tutta Ittiri al canto di “Bandiera Rossa”, chiudendo la festa con un grandioso comizio mio e di Stara, parlando dal mio balcone”.

Ittiri conosce in quegli anni continui disordini e scontri di piazza spesso cruenti. Le cronache giornalistiche riportano, nell’ottobre del 1922, l’accoltellamento, da parte di un macellaio ittirese, dell’avvocato Salvatore Spina, allora segretario politico dei fascisti e in seguito podestà di Ittiri; nel marzo del 1923, il ferimento di un fascista che reagisce sparando in pieno viso ad un socialista di Putifigari conosciuto come “il bolscevico”; ancora nel marzo del 1923, l’orefice Mario Pinna, ittirese residente a Sassari, è costretto ad ingurgitare olio di ricino per aver proferito frasi offensive e di sfida contro i fascisti ittiresi nel caffè Carassino; nel marzo del 1924, gli avvocati Brescianino e Mario Berlinguer, venuti a Ittiri per un comizio, vengono circondati e minacciati dai fascisti e si salvano per l’intervento del reverendo Olia che li protegge ospitandoli nella sua casa; nel luglio del 1924, a Ittiri, la casa del dottor Ignazio Delogu, noto antifascista, viene data alle fiamme da ignoti facinorosi. (3)

Dopo l’istituzione del Tribunale speciale e le leggi speciali per la difesa dello stato, entrate in vigore il 25 novembre 1926, molti oppositori del regime vengono perseguitati; Angelo Dore viene condannato a 5 anni di confino; arrestato e portato in manette a Matera, sconta la pena solo in parte poiché la condanna viene, dopo qualche mese, tramutata in “ammonizione” con limitazione della libertà di movimento.(4)

Dal febbraio del 1928 e fino alla sua morte, è delegato corrispondente del periodico”I problemi del lavoro”pubblicato a Milano, di cui è direttore R.Rigola col quale stringe un saldo rapporto di amicizia personale.

I molti articoli inviati al giornale assumono grande interesse per rivelare il pensiero di Angelo Dore nel corso di questi anni; in essi viene confermata la sua pervicace convinzione socialista ma con una attenuazione dei toni massimalisti dell’età giovanile; tale moderazione arriva al punto di concedere qualche espressione di elogio al duce e di condivisione di alcuni aspetti della sua politica. (5)

Personaggio eccletico, coltiva anche la poesia dialettale (6); nel 1909 pubblica un “opuscolo”, come lui stesso lo definisce, intitolato “S’impostura clericale”, nel quale si mette in polemica col poeta usinese Giuanne Farris, che propugna idee religiose e politiche filo-clericali. In questo opuscolo, scritto in “ottave” con versi in endecasillabi, esprime con veemenza il suo sentimento anticlericale, scagliandosi contro le incoerenze, i soprusi e le iniquità di cui si è macchiata la “Chiesa” nel corso della storia.

Note:

(1) Riporto integralmente il suo discorso di presentazione contenuto nel verbale del Consiglio in sessione straordinaria del 4 settembre 1921 che ha all’ordine del giorno l’erogazione di un sussidio straordinario a favore della popolazione russa languente nella miseria.

“Egregi colleghi. Noi aiutiamo le popolazioni della Russia secondo quanto consentono le nostre deboli forze, e non già per speculazione politica, sola prerogativa del prete, ma per quel senso umanitario che domina nelle nostre coscienze e dirige le nostre azioni, nel porgere sollievo a chi si dibatte fra la miseria la più spiccata e le sofferenze le più inaudite, guidati da quel sentimento che, superbo, rifulge in tutta la sua magnificenza della solidarietà di classe.

Noi aiutiamo quei bambini affamati dalla guerra, dall’assedio capitalistico mondiale e dal flagello della siccità, che il buon Dio dei preti, impostori e malvagi, già da un settennio vi ha scatenato. Noi aiutiamo quel popolo, in cui, il terribile spettro della fame, miete vittime innocenti e ci adoperiamo per la sua salvezza con entusiasmo pari a quello addimostrato dall’esercito russo, quando anch’esso spinto da sentimento umanitario, si slanciò fra le rovine di Messina e di Reggio Calabria, per estrarre da sotto le macerie le vittime del terremoto, che come la siccità in Russia, il buon Dio del prete avea mandato.

Il comune dà ciò che può in proporzione delle sue finanze, sapendo di adempiere ad un’opera altamente umanitaria e civile.

Qualcuno dirà che si dovrebbero di preferenza soccorrere i nostri poveri; costoro, d’altra parte, dovrebbero pensatamente considerare che molti si sono generosamente immolati per il benessere altrui. Pietro Micca e molti cittadini degni di gloriosa memoria, hanno posto a repentaglio ed hanno distrutto la loro gloriosa esistenza, per il bene degli altri.

Se si dovesse poi partire unicamente dal suo punto di vista, eminentemente egoistico, nessuno dovrebbe venire in soccorso dell’umanità sofferente, rimanendo paralizzate le corde del sentimento umano e schiacciata la carità fraterna.

Il nostro contributo, quantunque modesto, unito all’obolo internazionale, sarà di sollievo a quel popolo sventurato; mentre i nostri poveri vivono in un ambiente ben diverso, lungi dalle rovine di un flagello, tra persone che detengono la ricchezza e non mancano di cure.

Aiutiamo dunque quella parte del popolo russo che vive di stenti e muore d’inedia.

Aiutiamo quei venti milioni di esseri umani che soffrono la fame e fra i quali vi sono delle tenere creature che accrescono il dolore ai loro poveri genitori; e ciò facendo, oltre a lenire in parte le sofferenze fisiche di quel popolo, il nostro atto generoso è per loro di conforto morale e di sollievo spirituale, in quanto non havvi conforto più grande della solidarietà fraterna, per chi, ricco o povero, sia colpito dalla sciagura.

Perciò, noi che comprendiamo tutta la grandezza della solidarietà, specie della solidarietà internazionale, che è il legame di tutti i popoli del mondo uniti in una sola famiglia.

Oggi, da questo modesto paese di lavoratori, mandiamo riverenti un saluto al popolo russo, inneggiando alla solidarietà internazionale ed al Socialismo.

Propongo che l’amministrazione comunale deliberi la concessione straordinaria di un sussidio di lire cinquecento”.

Il consiglio, plaudendo alla proposta del presidente, con voti unanimi ottenuti per appello nominale, deliberò di concedere alla popolazione russa, a titolo di sussidio straordinario, la somma di lire cinquecento.

Cfr: Archivio Comunale di Ittiri: Verbale di Consiglio in sessione straordinaria del 4 settembre 1921.

(2) Si riferisce all’avv. Salvatore Spina, fascista e suo acerrimo nemico.

(3 ) Giovanni Fiora: “ Il fascismo a Sassari e Provincia: fra storia e cronaca “: pagg.41-42-48-56-63-64-66-70; Edizioni Laino libri- Sassari-

(4) -L’ordinanza di assegnazione al confino di Angelo Dore , fu emessa dalla Commissione Provinciale Competente, in data 7/12/1926, con la seguente motivazione: “Perché svolge attività comunista”. Venne condannato a 5 anni di confino; la pena venne commutata in Ammonizione nel marzo 1927.

Nel ventennio fascista, altri due ittiresi vennero condannati al confino, “per essere combattenti antifranchisti in Spagna”.

Furono: Salvatore Lupinu, nato a Ittiri il 26-11-1902, pittore, comunista; il 2-3-1942 fu condannato a 2 anni, liberato il 22-8-1943.

Lorenzo Simula, nato a Ittiri il 11-02-1905, agricoltore, antifascista; il 3-4-1943 fu condannato a 5 anni, liberato il 25-7-1943.

Cfr: Adriano Dal Pont-Simonetta Carolini: L’Italia al confino 1926-1943; vol.IV; pagg.1749-1752-1753; Ed. La Pietra, Milano; 1983.

(5) Riporto alcuni passaggi fra i più significativi dei manoscritti indirizzati a R.Rigola:

luglio 1933. Scuola e lavoro:

“la scuola elementare è oggi obbligatoria per tutti e questo obbligo è un principio di eguaglianza di fronte alla legge; ma vi sono i contravventori a queste giuste disposizioni, moltissime famiglie non mandano i propri figli alla scuola perché si vergognano della povertà con cui si vestono e vivono i loro bambini. Ciò è doloroso ma vero; secondo lo scrivente si potrebbe eliminare questo stato desolante, allargando le basi della scuola e facendo funzionare lateralmente l’umano istituto per l’assistenza all’infanzia e maternità, dotato di sufficenti locali onde provvedere all’agio più umano delle luride e malsane tane dove tali tenere creature sono ingiustamente condannate a vivere. Detti locali devono arrivare progressivamente fino a unificarsi col “Convitto Nazionale” ove il fanciullo, uscito dalla scuola trova ristoro, educazione e cibo, Questo Convitto Nazionale deve ricevere tutti i figli d’Italia, ricchi e poveri, ove l’insegnamento non si limiti solo al leggere e scrivere ma soprattutto a inculcare sani principi morali e sociali, abituando fin da tenera età tutti i fanciulli che nulla li divide, non le ricchezze né le miserie, tutti al Convitto vivono dello stesso pane, dello stesso vestito e della stessa educazione. Il veleno della separazione delle classi scompare e si forma così la coscienza dell’uomo per un nuovo sistema di vita sociale: IL SOCIALISMO.

(….)La Quinta elementare dev’essere di selezione per passare poi all’avviamento professionale per le attività per la quale ogni alunno è più portato. L’avviamento professionale deve avere tante diramazioni quante sono le attività produttive”.

1/11/1934 –Assistenza pubblica-

“…il sottoscritto socialisticamente era, è e sarà sempre contrario al ricco perverso e di malanimo, come al povero dello stesso taglio; ammiro in tutti i ranghi sociali l’operoso e sinceramente galantuomo. Il nostro compito è stato quello di difendere le ingiustizie sociali, ma queste non è detto che siano lasciate inosservate quando sono presenti nei bassi strati sociali; anche elevare questi strati a dignità di uomini ragionevoli è Socialismo.(…) Il sussidio gratuito per la disoccupazione non deve esistere, stimola e accresce il vizio a poltrire.

Quando lo scrivente ha avuto responsabilità pubbliche in qualità di sindaco, aveva istituito un ufficio municipale per la disoccupazione, ma non aveva per scopo principale l’elemosina, ma bensì ed esclusivamente il compito di formare dei turni di tre o quattro giorni settimanali di uomini e farli lavorare in opere di pubblica utilità, per quel tanto che il comune poteva loro andare in aiuto. Il risultato fu quello che i veri poltroni e viziosi….si dileguavano proprio al momento di andare a lavorare.(…) Il mio esperimento è stato così morale ed efficace che in breve tempo è quasi automaticamente sparita la disoccupazione.”

-sul lavoro femminile- (non datato)-

“..La donna dev’essere tolta dai lavori del campo e dell’officina; col sussidio della meccanica bastano i soli uomini al disimpegno di detti lavori. Lasciando la donna all’allevamento sano della famiglia e a tutte le cure della comoda casa..”

-sul corporativismo- (non datato)-

“(…)il saggio tentativo della collaborazione delle classi, cioè capitale e lavoro, può essere un mezzo, ma mai e poi mai dev’essere un fine. Quando nello stato unitario vi è l’antagonismo di due classi che si combattono, è assurda la speranza di conciliazione; non può mai, lo Stato, raggiungere il suo supremo obiettivo dell’unità, di fatto, di tutti gli elementi della produzione unitaria, se non con l’intervento del medesimo, assumendone la gestione diretta, diventando esso Stato il legittimo e logico rappresentante del capitale e datore di lavoro (….).”

19-3-1935 – sull’intervento in Abissinia-

“(….)l’opera civilizzatrice dell’Europa non deve più attendere al varco in posizione di difesa il nemico della civiltà; oggi che meravigliosi uomini del popolo sono chiamati in assoluta maggioranza a reggerne le sorti, fra i quali uomini come Mussolini, Laval, Mc Donald e in parte Roosevelt ecc., deve concentrare lo sforzo unanime e con tutti i mezzi che la forza e la scienza hanno messo a sua disposizione, per invadere ogni angolo della terra rovesciando nel passato tutti i Ras che soggiogano intere popolazioni per barbari e personali interessi, ostacolando col muro di vergogna e di crudeltà l’avvenire della civiltà e dell’umano benessere.

La conquista dell’immenso territorio dell’impero Etiopico è molto più necessario delle conquiste polari (7) per la stessa civiltà.

È un fatto materiale, morale e spirituale che lo impone. (….)..Sono stato volontario in Eritrea nel 1897, so per scienza propria cosa siano quelle fertilissime contrade, conosco profondamente la natura degli abissini; sono esseri miti e buoni e di facilissima conquista italiana.

Fare una guerra contro questo popolo suscettibile al bene non la credo indispensabile.

La credo necessaria e indispensabile contro il Ras che indegnamente lo sfrutta e martoriandolo lo domina. Per far sparire questi miserabili dominatori ritengo sufficiente un’opera metodica e costante di penetrazione, con pane e ogni cortesia per il popolo, e ciò che meritano i Ras ignoranti, venali e malvagi, fino a completa liquidazione di questi e liberazione del popolo”.

(6) Angelo Dore: “S’impostura clericale”; - Sassari-Tipografia Alfredo Forni- 1909.

(7) Fa riferimento alle imprese di Umberto Nobile che esplorò il Polo Nord nel 1926 e nel 1928, rispettivamente sui dirigibili NORGE e ITALIA.

Tore Masia.

(messo online Venerdi 16 Maggio 2014)