Beppe Porcheddu

Nato a Torino, dove il padre, di origine sarda, si era stabilito (G.A. Porcheddu, nato a Ittiri in provincia di Sassari, era un ingegnere la cui impresa divenne nota per aver introdotto in Italia le tecniche edilizie inventate da F. Hennebique, basate sull'impiego del cemento armato), compie studi classici; incoraggiato all'arte da Leonardo Bistolfi, resterà in questo campo un autodidatta. Dopo un precoce esordio sul "Corriere dei Piccoli" (1909) e sulla "Domenica dei fanciulli" (1910-1911), si presenta diciottenne alla Mostra in favore della Mobilitazione Civile tenuta a Sassari nel 1916, importante momento di raccolta degli artisti isolani. Vi espone due studi "che interessano moltissimo per la loro esecuzione" ("La Nuova Sardegna", 28-29 settembre 1916), intitolati ambedue "Beatus ille qui procul negotiis". È presente in seguito alla Fiera Internazionale del Libro di Firenze, nel 1922; quando nel 1923 espone alla I Biennale delle Arti Decorative di Monza, il suo nome è ancora associato dai commentatori a quello degli altri artisti isolani: R. Papini parla di un "gruppo dei sardi, Sinòpico, Biasi, De Murtas, Porcheddu..." Nel corso della sua carriera successiva, però, l'artista sembra aver mantenuto contatti assai sporadici con la terra d'origine.

Intensamente presente sulla scena artistica torinese, svolge una fitta attività di illustratore, con uno stile di ardua, arrovellata eleganza e nel contempo di forte tensione espressiva, carico di risonanze nordiche e di suggestioni attinte ai maestri del passato, da Durer a Goya. Collabora a diversi periodici: "Pasquino" (1919), "L'lllustrazione del Popolo" (1922- 1924), "Numero" (1922), "Cuor d'Oro", "La Lettura" (1923), "Novella" (1925), "Il Secolo XX" (1926), "Il Giornalino della Domenica" (1927). Nel 1928 viene pubblicata una ricca raccolta dei suoi disegni, con prefazione di Leonardo Bistolfi (Disegni di Giuseppe Porcheddu, Torino 1928). Nello stesso anno l'artista esegue una copertina per "Il Nuraghe", riannodando così rapporti con la Sardegna, dove pochi ormai lo conoscevano. Nel 1933 espone alla IV Mostra Sindacale Sarda a Cagliari. Dal 1934 al 1948 collabora a "Scena illustrata", e ancora a "Mondo fanciullo", "Topolino", "Il Balilla", "Marc'Aurelio". È anche un fecondo illustratore di libri (nel 1934 vince il secondo premio, con Giulio da Milano, nel Concorso per l'lllustrazione del libro svoltosi alla XXXV Esposizione degli "Amici dell'Arte") e cartellonista; per l'Ars Lenci realizza disegni per giocattoli, stoffe, ceramiche, decorazioni; si dedica alla scenografia (Ettore Fieramosca, di A. Blasetti, 1938). Nel 1947 sparisce misteriosamente: non darà più notizie di sè.

Da: Le matite di un popolo barbaro. G. Altea, M. Magnani

Tore Masia