Padre Mariano

Franciscan Father of Sardinia (Italy) – Frate Francescano di Sardegna (Italia). Era la scritta bilingue riportata nel cartello appeso al collo del religioso, cui seguiva una generica richiesta di aiuti per i poveri.

La scena si svolgeva nelle vie di New York, a Manhattan, nella Little Italy, dove era capitato quasi per caso, qualche mese dopo la fine della guerra. Aveva approfittato di un “passaggio” offertogli da due amici ufficiali italo americaniin un quadrimotore che in poche ore l’aveva sbarcato nell’altra sponda dell’Atlantico e tale eccezionale avvenimento lo aveva indotto a tentare di realizzare il suo sogno, a lungo vagheggiato, di organizzare una moderna scuola per fratini.

L’impresa era molto impegnativa e richiedeva uno sforzo economico non comune, ma l’occasione occorsagli era fra le più stimolanti.

Così sollecitava, in tal modo singolare, offerte in denaro ed elargizioni di vario genere da destinare a detta lodevole iniziativa.

In quel mondo così diverso si era sentito quasi di casa fra tanti connazionali, di cui molti sardi, che lo avevano accolto affettuosamente e colmato di gentilezze e, soprattutto, di doni generosi in denaro ed indumenti.

Si era visto, per alcuni giorni, circolare per le strade della metropoli americana, sempre in compagnia di alcuni sostenitori, questo strano personaggio di modesta statura, vestito col saio marrone di lana e con i sandali ai piedi, che ne denunciavano l’appartenenza all’ordine dei frati minori francescani – (O.F.M. – Ordo Fratum Minorum).

Dovunque veniva ospitato con viva simpatia ed era presto diventato molto popolare anche per la giovialità del carattere, tanto da essere contesa, la sua presenza, ai festini che si organizzavano in suo onore.

Al suo rientro in patria, effettuato con gli stessi mezzi dell’andata, aveva portato in convento, oltre ad una rilevante somma di denaro, anche una considerevole quantità di vestiario e cibi conservati che tanto preziosi dovevano rivelarsi in quei difficili anni del dopoguerra.

Ci riferiamo a Padre Mariano Fiori dei Minori Conventuali, protagonista di questa vicenda e nativo di Ittiri, ma cittadino del mondo. Trattasi di persona innegabilmente particolare, una spanna al di sopra dei fratelli di confessione. Si ispirava alla povertà ed umiltà evangeliche, in perfetta sintonia con quanto dettato dal fondatore dell’ordine. Dotato di molto spirito d’iniziativa e di grande determinazione, non potendo, ovviamente, disporre di qualsivoglia possesso, doveva sollecitare beneficienze un po’ dovunque. A tal fine, seppur avversato dai confratelli, partiva continuamente alla ricerca di aiuti in Sardegna, nella penisola e all’estero, soprattutto in Medio Oriente spaziando dalla Terra Santa al Libano, alla Siria ed alla Giordania. Era, pertanto, impegnato in lunghi viaggi che effettuava spesso a piedi o con mezzi di fortuna e veniva considerato un globe trotter, senza una sede fissa, dal momento che ignorava di proposito le disposizioni dei superiori intese a limitarne l’intraprendenza e a ricondurlo a un incarico permanente. Solo una volta si era fermato per qualche tempo, allorquando non aveva potuto esimersi dall’accettare il disbrigo di un’incombenza particolare imposta dall’autorità episcopale: esercitare la missione di parroco in Rebeccu, minuscolo centro agro-pastorale poco distante da Bonorva, sulla strada per Foresta Burgos, ormai da anni senza guida spirituale, a causa del suo spopolamento.

Dai grandi centri a quelli più sperduti lo si vedeva comparire, spesso con la stessa cavalcatura di cui si era servito il fondatore dell’ordine e con la bisaccia a tracolla, preceduto a distanza con voce stentorea dal tradizionale saluto: Pax et bonum (Pace e bene).

E la gente lo rispettava e riveriva, offrendogli volentieri ciò di cui disponeva.

Con le risorse racimolate durante le sue peregrinazioni, era riuscito a far fronte alle ingenti spese per dare l’avvio alla scuola dei fratini, meritandosi l’appellativo di “ su babbu de sos padrigheddos “ (papà dei fratini) e a promuovere attività ricreative sussidiarie, quali il locale cinematografico nel convento di Ittiri ed i circoli religiosi di ritrovo per i giovani in Bonorva, Fonni, Luogosanto e a Sassari, sedi di altrettanti monasteri.

La sua febbrile attività non si limitava, comunque, alla sola richiesta di risorse. Egli era un dotto uomo di lettere, profondo conoscitore della storia e delle tradizioni della Sardegna, oltre che un esperto agiografo ed oratore, motivi per cui spesso veniva invitato, anche in sedi religiose importanti, ad illustrare l’apologia dei santi celebrati.

Aveva una bella, melodica e potente voce tenorile, che si distingueva nettamente da quelle degli altri confratelli, sovrastandole decisamente nella celebrazione delle funzioni religiose e nel canto degli inni. Era, inoltre, un bravo e scrupoloso insegnante di materie letterarie. Proverbiale la sua padronanza dell’etimologia di tantissimi vocaboli e della conoscenza di numerosi toponimi. Parlava degli antichi insediamenti fenici in Sardegna, Sulky, Karalys, Bithia, Nora nel meridione, Neapolis, Othoca, Tharros lungo la costa occidentale, Olbia e gli altri numerosi stanziamenti nell’est dell’isola, della maggior parte dei quali si conservava solo impercettibile memoria. Era anche esperto di civiltà nuragica e della plurisecolare dominazione romana.

Le lezioni erano sempre ricche di citazioni di classici e di curiosi aneddoti e suscitava l’interesse degli interlocutori.

Ricordava tanti proverbi sardi e citava, all’occorrenza, ampi brani dei componimenti dei migliori poeti dialettali.

Conosceva, infine, l’esatta ubicazione degli oltre novanta nuraghi siti nel territorio di Ittiri, molti dei quali ormai ridotti a ruderi ed indicava sulla carta il presunto tracciato dell’antica strada romana che collegava Karaly (Cagliari) con Turris Lybissonis (Porto Torres) e che, a suo avviso, passava non distante da Ither (Ittiri – da Iter, itineris). Congedandosi solitamente recitava l’aforisma: “ Santu Franziscu non cheret imbroglios “ (San Francesco non tollera imbrogli).

Salvatore Carboni