Giovanni Angelo Tola

da " i duemila sardi più illustri"-(art. di Vittoria del Piano).

Giovanni Angelo Tola (1760 circa - 18...), avvocato, nato a Ittiri Cannedu intorno al 1760. Seguace di Angioy, gli si muovono le stessa accuse formulate contro il consigliere Giacomo Matteo Dies. Dopo la laurea in Leggi conseguita a Sassari nel 1782, fa pratica a Cagliari per cinque anni presso l’Ufficio dell’avvocato dei poveri ma per gravi motivi di famiglia deve tornare ad Ittiri.

Nel febbraio del 1800 è nominato per tre anni, senza retribuzione, assessore del regio Vegherio di Bosa e nel 1803 delegato consultore per il marchesato del Marghine. Nel 1807, “accertato che si travagliava il piano delle prefetture”, chiede di poter avere l’incarico di avvocato fiscale in una di esse. L’assessore della Reale Governazione don Antioco Corrias, che deve fornire informazioni su di lui, scrive che quando lavoravano insieme a Cagliari presso l’avvocato dei poveri era onesto; ha sentito dire che a Macomer lo hanno elogiato per la sua onestà. “Nei tempi de’ torbidi è stato arrestato per sospetto di anti Realista: ma sento” continua il Corrias “ che fu poi riconosciuto innocente come di fatto fu rilasciato e rimesso in libertà”.

E’ destinato alla prefettura di Bosa e il 16 settembre del 1809 la Segreteria di Stato, con protocollo segreto, gli scrive, mentre si meraviglia della sua riluttanza a lasciare Bosa durante la “ stagione intemperiosa”; gli chiarisce poi che lo stipendio degli avvocati fiscali presso le prefetture è maggiore di quello destinato agli impiegati in zone non malariche “per la maggior spesa cui soccombono per la doppia residenza”, perché sono costretti ad abbandonare “la patria e l’attendenza al proprio patrimonio”.

Nel 1810 è sospeso dal servizio perché è accusato di essere complice dell’avvocato Salvatore Pinna e del cugino di questi Giuseppe Pinna Sanna nel trafugamento del cadavere della moglie di don Gavino Sequi. Si vorrebbero affidare al prefetto di Bosa don Giò Falqui le indagini, ma poiché il Tola, avvocato fiscale in quella città, è “cugino in prossimo grado con l’avvocato Pinna”, la segreteria reputa conveniente di “prescinderne”.

Dopo nove mesi di “inquisizione”, il 18 febbraio 1811 è assolto dal “carico fattogli” ed è reintegrato nell’impiego; dovrà però pagare le spese per la causa di sindacatura.

Poiché gli è giunta la notizia che è trasferito alla prefettura di Tortolì, scrive nuovamente a Cagliari per farsi assegnare una sede più vicina ad Ittiri, dove risiede la famiglia di otto persone che “può aumentarsi”, e ha le proprietà. Per quanto sappia bene che un “sudditto fedele deve ubbidire alla cieca agli ordini del sovrano” tuttavia non crede che gli “sia vietato di far presenti gl’incomodi e danni che possa soffrire”; ha paura specialmente per la moglie “di salute debolissima” che non potrebbe seguirlo in una sede distante cinque giorni circa di viaggio e “l’abbandonarla sarebbe causa della sua morte”.

L’anno successivo, in aprile, chiede che gli sia assegnata una delle sedi vacanti a Bono o a Nuoro, sia per gli attentati fatti contro sua vita, che per l’insalubrità dell’aria.

Tore Masia