Caducità – Freud (1915)

Data pubblicazione: 23-lug-2011 12.16.03

Testo segnalato da Luca Ribolini.

Freud nel suo testo del 1915 ‘Caducità’ racconta di una passeggiata estiva con un amico poeta il quale, contemplando la natura nel periodo della sua massima fioritura, non riusciva a goderne, bensì se ne rattristava rilevando che era destinata a perire. Questa esperienza ha portato Freud a riflettere sulla questione della caducità, ovvero se effettivamente l’oggetto destinato alla transitorietà, non può che produrre tristezza, cosa che peraltro lui in quella situazione non sentiva, ammirando e gioendo della bellezza e della perfezione della natura che lo circondava.

L’amico poeta riteneva che l’oggetto fosse buono per lui solo qualora potesse rimanere fisso, ovvero sempre uguale a sè stesso, immobile, insomma morto.

Il tempo tuttavia, quando è a servizio dell’oggetto immobile, è melanconico, come ben sentiva il poeta.

Se invece, come ha colto Giacomo Contri, il tempo è a servizio della materia, che proprio in quanto tale può essere trasformata, allora è amico.

Le trasformazioni cui va incontro l’oggetto per effetto del tempo, come anche il fiore nella sua transitorietà, possono essere produttori di gioia, come ben sentiva Freud.