Sui metodi
con i quali
gli animali attuano scelte condivise

[Gli umani non sono più all'altezza - NdR ]

Le decisioni sono affidate all’iniziativa uno o di pochi, secondo uno schema che in maniera illuminante stato descritto da Larissa Conradt e T.J. Roper come «dispotico», o sono invece condivise dal maggior numero possibile di individui secondo un modello «democratico»? In passato, la maggior parte degli studiosi avrebbe risposto senza esitazioni: le decisioni nel mondo animale sono a carico esclusivo di uno o pochi membri. 

Il motivo, banale, su cui si basava la sicurezza della loro risposta dipendeva dal fatto che la possibilità di prendere decisioni democratiche è di norma legata a due abilità: votare e saper contare i voti; caratteristiche che non è così ovvio riscontrare in animali non umani. Tanto che, fino a non molto tempo fa, a causa di questo ostacolo insuperabile qualunque ragionamento su possibili meccanismi di decisioni di gruppo in specie diverse dall’uomo era considerato impossibile. Negli ultimi anni, invece, l’individuazione di particolari movimenti del corpo, emissioni di suoni, posizioni nello spazio, intensità dei segnali e un’altra miriade di mezzi di comunicazione non verbale ha aperto prospettive inimmaginabili in relazione alla capacità degli animali di prendere decisioni di gruppo. 

Nel 2003 i già citati Conradt e Roper pubblicarono uno studio sui metodi con i quali gli animali attuano scelte condivise. È un lavoro chiarificatore: i due autori ribadiscono che le decisioni di gruppo sono la norma per il mondo animale, e individuano nel meccanismo «democratico» della partecipazione il metodo di gran lunga più frequente per prenderle. A differenza della via «dispotica», infatti, esso assicura minori costi per i membri dell’intera comunità: anche quando il «despota» è l’individuo più esperto, se il gruppo è di dimensioni abbastanza grandi la prassi democratica assicura migliori risultati. In breve, la partecipazione alla produzione di decisioni è il sistema che l’evoluzione premia di più; le scelte di gruppo rispondono meglio ai bisogni della maggior parte dei membri della comunità anche rispetto a quelle di un «capo illuminato». Come scrivono Conradt e Roper, «le decisioni democratiche sono più benefiche per un gruppo poiché tendono a produrre decisioni meno estreme». 

Per meglio comprendere le dinamiche di comportamento in una compagine animale, prendiamo come esempio concreto le api. La loro predisposizione ad agire in maniera sociale è talmente pronunciata che fin dall’antichità — e ben prima che espressioni come «intelligenza di sciame» o «intelligenza collettiva» fossero immaginate — era chiaro a chiunque le studiasse come una loro colonia sia qualcosa di molto più complesso della semplice somma dei diversi individui che la compongono. Le api, infatti, mostrano un’organizzazione che nel suo meccanismo di base ricorda il funzionamento del cervello, con il singolo individuo a giocare il ruolo del neurone. Questa similitudine si manifesta ogniqualvolta lo sciame debba prendere decisioni, come nel caso della formazione di una colonia figlia. 

Quando un alveare supera una certa dimensione è necessario che la colonia madre si scinda per crearne una nuova. Così un’ape regina, accompagnata da circa diecimila operaie, parte alla ricerca di un luogo dove fondare il nuovo alveare. Le api migranti volano via, viaggiano tanto da essere abbastanza distanti dall’alveare madre, quindi si fermano per alcuni giorni su un albero e compiono qualcosa di sorprendente: alcune esploratrici perlustrano i dintorni e tornano con informazioni sulle diverse possibilità, quindi parte un vero e proprio dibattito democratico, nello stile dell’Atene classica. 

Come scegliere fra tanti il posto migliore dove insediare la nuova colonia? Usando il sistema che si è evoluto, più volte e nelle più diverse circostanze, per prendere le decisioni: utilizzare i gruppi. La natura esibisce migliaia e migliaia di esempi di comportamento collettivo; i sistemi senza un centro di controllo sono dappertutto. Anche se non ne siamo coscienti, persino le nostre decisioni individuali (quelle che appartengono a ciascuno di noi) sono prese in maniera collettiva: i neuroni del nostro cervello, che producono pensieri e sensazioni, funzionano allo stesso modo delle api che devono stabilire quale sia il posto migliore per la loro nuova casa. In tutti e due i sistemi, la modalità di scelta consiste essenzialmente in una competizione fra le diverse opzioni: prevale quella che riceve il più ampio consenso, sia esso determinato da neuroni che producono segnali elettrici o da insetti che danzano. Ma non perdiamo di vista le nostre api. Le abbiamo lasciate a penzolare da un albero mentre alcune esploratrici andavano in giro a valutare le diverse opzioni. Ed ecco che queste ritornano, per riferire allo sciame le caratteristiche dei siti visitati. Il resoconto è piuttosto teatrale, trattandosi di una vera e propria danza; un balletto tanto più complesso quanto più l’esploratrice trova piacevole il sito da cui è appena tornata. A questo punto altre api, attratte dalla qualità della danza, vanno a visitare il sito in questione e, al loro ritorno, si uniscono al balletto di propaganda. In breve, si formeranno gruppi di api danzanti sempre più grandi; i siti più pubblicizzati saranno anche i più visitati, e pian piano aumenterà il numero dei loro supporter. Una danza travolgente interesserà le diverse compagnie di ballo, in rappresentanza dei differenti siti; alla fine, quello che avrà convinto più api sarà scelto per l’alveare. La regina, con il suo sciame, si dirigerà quindi nella direzione stabilita dal gruppo più numeroso. 

Siano visite di api, attivazioni dei neuroni o decisioni dell’ecclesia ateniese, in tutti questi casi il vincitore della competizione è quello che ottiene il maggior numero di consensi da parte dei membri della propria comunità. D'altro canto, un crescente numero di studi sul comportamento dei gruppi, condotti in organismi viventi che spaziano dai batteri all'uomo (comprendendo ovviamente le piante), sembra convergere verso una conclusione che mi pare di grande rilevanza: esistono principi generali che reggono l’organizzazione dei gruppi così da rendere possibile l’emersione di un'intelligenza collettiva superiore a quella dei singoli individui che la compongono. Se doveste sentire ancora il banale luogo comune secondo cui in natura vige la legge del più forte, sappiate che si tratta di sciocchezze: in natura, prendere decisioni condivise è la migliore garanzia di risolvere correttamente problemi complessi. 

Stefano Mancuso, Plant Revolution. Giunti ed.