Opinione pubblica

In risposta all'articolo di Nevio Gambula:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/26989-nevio-gambula-la-narrativa-su-gaza-che-rende-accettabile-il-massacro.html 

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Nevio Gambula ha ragione.

Il Potere ha atrofizzato il senso critico dell’opinione pubblica.

Di fronte alla vittima e al suo carnefice, il “Terzo Attore”, noi, che assistiamo al sopruso, dobbiamo prendere posizione. Finché il Potere potrà contare sul nostro silenzio, saremo complici del carnefice, complici perlopiù inconsapevoli.

Il tutto viene complicato dalla manipolazione dell’informazione, che riesce nel suo intento di capovolgere vittima e carnefice; e qui sta il nostro compito di non addormentarci fra le braccia soporifere e assolutorie dell’informazione ufficiale, ma di andare oltre, nel faticoso lavoro di ricerca della verità e di smascheramento della menzogna.      

Sul ruolo del Terzo Attore e sulla manipolazione dell’informazione per ottenere il consenso, il coraggioso editore Zambon ha pubblicato un mio lavoro dal titolo “Anche se noi ci crediamo assolti...” col sottotitolo “La manipolazione del consenso (e persino del dissenso) che ci rende complici dell’oppressore. Il caso Palestina”. Lo scrissi a ridosso di quello che mi sembrava un crimine insuperabile in efferatezza: l’operazione Piombo Fuso. Anche per il mio libro Gunther Anders (e la sua corrispondenza con Claude Eatherly, l’aviatore USA che prese parte alla missione su Hiroshima) è stato una fonte di ispirazione importante.

Vista la forte attinenza con le riflessioni di Nevio Gambula, riporto qui di seguito la sintesi della “quarta” di copertina del suddetto libro.

    Di fronte ai conflitti sociali interni alla comunità e di fronte a quelli internazionali, secondo un’etica di umana solidarietà, noi, Attori Terzi, abbiamo il dovere di esprimere un giudizio e prendere una posizione.

             Ma com’è potuto accadere che tanta indifferenza, tanto silenzio, tanta volontaria o inconsapevole “ignoranza” abbiano pervaso la società da quando, negli anni ‘60 e ‘70, si radunavano folle di persone indignate per manifestare contro i crimini commessi in Vietnam, in Sud America, nei campi profughi palestinesi o contro il licenziamento di alcuni operai in Fiat? Di quali subdole armi ha potuto disporre il potere per stendere una spessa coltre sulla sensibilità e sulla capacità reattiva delle coscienze? 

                Privato della possibilità di immaginare il suo futuro prossimo e del senso di appartenenza al gruppo sociale, il comune cittadino, senza più riferimenti e impegnato in una lotta solitaria per una sopravvivenza dignitosa, si trasforma in facile preda del potere attraverso la manipolazione dell’informazione, la rappresentazione di una realtà spacciata per obiettiva, inconfutabile, tecnologica e la compensazione della frustrazione attraverso la chimera di un maggiore consumo. Impoverito nell’attitudine al pensiero critico e ricattato dal sistema economico globale, il cittadino non si sente più parte attiva della comunità e si riduce ad essere semplice “individuo”, ormai indifferente ai drammi e ai conflitti che lo circondano. Il nostro silenzio, però, è un tacito consenso. E anche  la storia può essere riscritta; i carnefici possono diventare le vittime.

                Il caso della Palestina è emblematico. La storia del dramma di quella terra è stata negata e stravolta. Da decenni, abdicando al suo ruolo, la cosiddetta “comunità internazionale” si è resa complice, se non parte attiva, dei crimini commessi. Chi ne ha riscritto la storia? E chi sono i complici?

Enrico Contenti

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Credo che uno dei testi più intensi e profondi su questo tema lo abbia scritto Antonio Gramsci (vedi sotto). Anche perché l'"indifferenza della maggioranza" l'ha pagata di persona e fino in fondo.

Quanto all'Ue, sono anni che pratica sul tema dei diritti umani una palese ipocrisia e una concreta e continua violazione. Basti pensare alla questione dei migranti.


Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Sandra Cangemi

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In risposta all'articolo di Ahmad M. Shakakini:
http://www.osservatoriosullalegalita.org/23/acom/12/16shakakinimo.htm 

Sono d'accordo con  Ahmad M. Shakakini. Purtroppo, come indicano i sondaggi, il problema non é Netanyahu o Ben Gvir, ma la grande maggioranza della popolazione ebraica israeliana ed anche la maggioranza delle Comunità ebraiche, particolarmente quelle italiane, che sostengono l'apartheid e la colonizzazione israeliana, senza alcuna considerazione per i diritti del Popolo palestinese, per il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Non si levano voci dalla maggioranza israeliana per fermare il massacro palestinese, per trattative di pace, per le dimissioni del governo Netanyahu che sarebbe il primo passo necessario. Perfino i parenti dei prigionieri e degli ostaggi, a parte eccezioni come Maoz,  continuano a chiedere al governo Netanyahu " Bring them Home" , con qualunque mezzo. Non chiedono l'arresto dei bombardamenti e trattative di pace o almeno trattative per la liberazione dei prigionieri che sarebbe la via più logica, umanitaria e sicura per la loro salvezza. . Da anni giornalisti come Gideon Levy e Amira Hass o intellettuali ebrei israeliani con Jeff Halper, Ilan Pappé, Michel Warschawsky, Avraham Burg ed altri denunciano uno scivolamento a destra della società ebraica israeliana, ma sono troppo pochi.

Senza un  intervento dall'esterno , senza l'imposizione ad Israele del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, anche con sanzioni, a mio parere, non ci sarà pace tra Palestinesi ed Ebrei israeliani.  

 

Ireo Bono