Reperibilità dei "cappellani"-Asl 4 Chiavarese

Per la reperibilità (urgenze e non urgenze) dei "cappellani" ospedalieri

Per contattare gli assistenti religiosi della ASL 4 nei poli ospedalieri (Lavagna, Rapallo, Sestri Levante) e in RSA (Chiavari) ed in Hospice (Chiavari):

OCCORRE CHIEDERE (DI PERSONA O VIA TELEFONO)

AD UN OPERATORE SANITARIO DEL REPARTO DI RICOVERO DEL PAZIENTE

DI CHIAMARE IL "CAPPELLANO" REPERIBILE

ATTRAVERSO IL SISTEMA DI REPERIBILITÀ INTERNA (che è lo stesso delle altre figure di reperibili ASL)

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Da sapere:

- contattare il "cappellano" (assistente religioso cattolico) è un diritto del paziente e dei suoi congiunti ed un dovere dell'operatore sanitario

- solo gli operatori possono chiamare il reperibile con il sistema delle reperibilità interne

- è un servizio interno ospedaliero

- è un servizio della ASL e non della diocesi

- si può precisare se sia un'urgenza o meno

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Contatti per comunicazioni non urgenti: vedi pagina dedicata.

Telefoni personali degli assistenti religiosi: Link

Per non fare confusione i numeri dei cellulari personali sono in un'altra pagina

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La condizione per ricevere l'unzione degli infermi

Un motivo frequente della richiesta del cappellano è la richiesta di unzione degli infermi, sacramento a volte poco compreso. Ecco allora alcune considerazioni.

L'unzione degli infermi è un sacramento destinato in modo speciale a confortare coloro che sono provati dalla malattia; non è il sacramento da ricevere soltanto nell'imminenza della morte.

Il Sacramento dell'unzione degli infermi conferisce all'uomo una grazia particolare in una situazione di malattia e di sofferenza, rafforza la fede nella provvidenza di Dio e fa sentire al fedele la solidarietà della comunità dei credenti.

Per questo non è il sacramento da richiedere soltanto all'avvicinarsi al momento della morte, come ci ha ricordato papa Francesco: «Oggi vorrei parlarvi del Sacramento dell’Unzione degli infermi, che ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l'uomo. In passato veniva chiamato “Estrema unzione”, perché era inteso come conforto spirituale nell'imminenza della morte. Parlare invece di “Unzione degli infermi” ci aiuta ad allargare lo sguardo all'esperienza della malattia e della sofferenza, nell'orizzonte della misericordia di Dio» (Udienza Generale di Mercoledì, 26 febbraio 2014).

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Se il malato o l'anziano non è più cosciente, cosa si fa?

Il Canone 1006 del codice di diritto canonico recita: "Si conferisca il sacramento a quegli infermi che, mentre erano nel possesso delle proprie facoltà mentali, lo abbiano chiesto almeno implicitamente".

Spesso il sacerdote in cura d'anime non viene contattato dal malato, ma da un'altra persona (un congiunto, un amico, ecc.) che chiede l'unzione degli infermi per una persona ammalata la quale a volte non è "contattabile" ed altre volte non è informata circa la gravità della propria situazione di salute.

Nel caso che il paziente non sia contattabile (cioè non sia in grado di rispondere a domande con parole o gesti) o sia disorientato è quasi sempre difficile determinare se il paziente abbia realmente desiderato ricevere un segno sacramentale per "toccare con mano la compassione di Dio" (papa Francesco) prima dell'arrivo del sacerdote.

Nel caso di persone contattabili, parzialmente orientate od anche totalmente orientate, accade talvolta che il paziente non sia totalmente consapevole del suo reale stato di salute. In questo caso, se il conferimento del sacramento dell'unzione avviene su richiesta o forte sollecitazione di un congiunto, può accadere che la celebrazione non sia un conforto, ma diventi un momento di aumento dello stress e della paura.

Il codice ed anche il rituale pongono la condizione che si conferisca il sacramento ad un infermo che lo abbia chiesto.

Intuitivamente la prima situazione in cui tale condizione sia soddisfatta è quella in cui ci si rivolga ad un infermo che abbia chiesto esplicitamente l'unzione.

Se tale esplicita richiesta dell'infermo non sia possibile ottenerla, almeno occorre, come ricorda il canone 1006 del Codice di Diritto Canonico e tutta la tradizione dogmatica e giuridica, la cosiddetta "intenzione abituale implicita".

Tale espressione significa: la manifestazione almeno implicita di voler ricevere il sacramento; tale volontà deve emergere dal tenore di vita del fedele, che in qualche modo deve aver manifestato la volontà di ricevere, in una qualche situazione di malattia e di sofferenza, il sacramento dell'unzione degli infermi. Tale volontà implicitamente espressa, non deve essere stata ritrattata.

Il celebrante, di fronte alla richiesta da parte di un congiunto di conferire il sacramento, dovrebbe prima verificare se fosse esistita nell'infermo l'intenzione esplicita o almeno la "intenzione abituale implicita" di ricevere l'unzione.

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Il sacramento dell'unzione e le condizioni per celebrarlo ci fanno ricordare come sia sempre necessario, come credenti, curare la propria preparazione interiore e spirituale di fronte alla fragilità della vita, senza aspettare il tempo della malattia grave.